"Enrico SMARGIASSI" <smargiassi_at_ts.infn.it> wrote in message
news:fclkeb$a3e$1_at_nnrp-beta.newsland.it...
> Bruno Cocciaro wrote:
>
> > Intendo la sincronizzazione che si usa normalmente sulla Terra. Ad ogni
> > modo, potremmo anche definirla come la sincronizzazione secondo la
quale,
> > quando il Sole sorge all'orizzonte, gli orologi si mettono alle ore 6.
>
> Semmai quella secondo cui si mettono alle 12 quando il Sole e' allo
> zenit (trascurando effetti di lontananza dal centro del fuso orario).
>
> Comunque sulla Terra nessuno usa questa sincronizzazione, se non per usi
> strettamente locali. Per usi non locali (es. trasporto aereo) si usa
> l'ora Zulu, che e' uguale su tutta la Terra, oppure si specifica il fuso
> orario, il che e' equivalente.
>
> E la ragione per cui non si usa la sincronizzazione che dici tu e' che
> e' *sbagliata*. Ed e' sbagliata proprio perche' (anche perche')
> utilizzandola si avrebbero antinomie causali, come l'aereo che arriva
> prima di partire.
Non ha importanza il fatto che quella sincronizzazione venga di fatto usata
o meno. Il punto e' che potremmo utilizzarla senza alcun problema. Il fatto
che si abbiano cause associate ad istanti maggiori rispetto agli istanti
associati agli effetti non e' un problema. E' un problema solo per chi
*assume* che debba esserci necessariamente una certa relazione fra ordine
temporale e ordinamento causale.
A me pare chiaramente circolare il discorso che, se ben capisco, stai
facendo (e che, sempre se ben capisco, proponeva Argo il mese scorso):
1) si *assume* una certa sincronizzazione;
2) si *definisce* causa l'evento associato all'istante minore, posta la
sincronizzazione di cui al punto 1);
3) si "dimostra" che sono impossibili segnali superluminali perche', se
esistessero, in opportuni riferimenti verrebbe violato il "principio" di
causalita', cioe' sarebbe violato quanto definito al punto 2): si avrebbero
cause associate a tA ed effetti associati a tB con tA>tB.
E' proprio perche' questo discorso e' circolare che il "principio di
causalita'" va espresso in altro modo, in un modo non circolare che faccia
intervenire la natura invece delle nostre assunzioni. La quantita' di moto
del "messaggero" che va dalla causa verso l'effetto (l'aereo che va dalla
Nuova Zelanda a Roma, nell'esempio che riportavo) non dipende dalle nostre
assunzioni, e' un ente che si puo' *misurare*, in particolare se ne puo'
misurare la direzione, e quella direzione *non dipende* dalle nostre
assunzioni, non dipende dagli istanti segnati sugli orologi.
Come dicevo, su quanto detto (a parte il fatto che la direzione
causa-effetto va "chiesta" alla quantita' di moto del "messaggero", ipotesi
di cui parlo nel preprint del 2005 e che non so se sia mai stata mai fatta
da altri), ho ben pochi dubbi che chiunque abbia capito e accettato le tesi
della convenzionalita' della simultaneita' concorderebbe. Cioe' mettere in
discussione quanto detto equivale a voler riaprire una partita che, secondo
tanta gente (anche se non secondo tutti) e' assolutamente chiusa. Come
esempio si puo' citare il seguente passo (Anderson e al. Phys. Rep. 295
(1998) pag 130):
"And, in defence of Giannoni, it should be pointed out that one should
distinguish "spatially coincident causality" fron "distant causality"; there
is no contradiction if an occurrence at point P at time t causes another
occurrence at point Q=/=P at time t'<t because the two different times are
measured at spatially different locations. Indeed, as mentioned in 1.5.1,
such apparent inconsistencies are familiar consequences of the Internationa
Date Line for airline travellers."
La "spatially coincident causality" possiamo chiederla all'orologio fisso
nel punto in cui avvengono causa ed effetto (secondo la mia ipotesi, in
questo caso, dobbiamo chiederla all'orologio, in quanto il vettore quantita'
di moto del "messaggero" e' nullo quindi non definisce alcuna direzione), la
"distant causality" *non possiamo* chiederla agli istanti t e t' segnati
dagli orologi fissi nei punti dove avvengono causa ed effetto (alcune volte
possiamo, cioe' per eventi time-like, ma non abbiamo motivi per ritenere che
si possa sempre. In generale comunque, secondo la mia ipotesi, la "distant
causality" va chiesta alla quantita' di moto del messaggero).
Io, Enrico, non pretendo di convincerti su una questione che e' stata
dibattuta per un secolo e che, secondo alcuni, e' ancora aperta. Pero'
vorrei sottolineare che mettere in discussione quanto dico *equivale* a
mettere in discussione la convenzionalita' della simultaneita', quindi e'
li' che dovremmo spostare il discorso qualora volessimo mettere in
discussione il *non legame* fra ordinamento causa-effetto ed ordinamento
temporale. Il fatto che tale legame non sussista e' una cosa ovvia per chi
accetti le tesi della convenzionalita' della simultaneita'.
> > Potrebbe darsi che alle volte ci
> > capitino sotto gli occhi pero', non avendo ancora sviluppato strumenti
> > concettuali e/o tecnologici adatti, non riusciamo ancora ad accorgerci
della
> > loro presenza.
>
> Potrebbe essere che mio nonno sia una carriola, solo che in mancanza di
> strumenti adatti non siamo in grado di trovare le ruote.
Enrico, mi avevi chiesto di indicare casi in cui si hanno segnali
superluminali. Io ho spiegato chiaramente quali potrebbero essere gli
strumenti per accorgerci di segnali superluminali qualora esistessero (e
stessa cosa ha fatto prima di me Eberhard), poi ho detto che la tecnologia
attuale potrebbe precluderci la verifica sperimentale (anche qua, stessa
cosa ha detto Eberhard prima di me). A me pare che questo possa essere
sufficiente intanto per fornirci almeno degli strumenti concettuali che
possono permetterci di accorgerci della eventuale presenza dei segnali
superluminali. Poi se tali segnali esistono o meno lo decide la natura, ma
certo che se noi ci autoconvinciamo che non possono esistere allora non li
vedremo mai.
> > Per quanto mi riguarda, il "segnale" e' qualcosa di molto simile ad
un'onda
> [...]
>
> In effetti avevo chiesto un'altra cosa. Come definisci "trasmissione di
> segnale" in generale? Non certo come onda, visto che ci sono tanti
> segnali che non si trasmettono come onde (es. l'arrivo di una particella
> classica).
Bene, allora se e' questo che intendevi, mi va benissimo la definizione che
sotto, a memoria, attribuisci a Ghirardi.
> Il punto e' importante perche' se definisci la trasmissione di segnale
> p.es. alla Ghirardi (vado a memoria: "si ha trasmissione di segnale da A
> a B se il risultato di una misura fatta in B dipende dal fatto che sia
> stata presa una misura in A") allora si puo' *dimostrare* che la MQ non
> permette trasmissione di segnale tramite collasso di funzione d'onda.
> Quindi a meno di modificare opportunamente la MQ non abbiamo - non
> possiamo avere - trasmissione di segnale superluminale nemmeno tramite
> collasso.
Questo e' un punto di centrale importanza.
La dimostrazione di cui parli sopra e' "sulla carta", ma non e' "nei fatti".
Non solo, e' dimotrato che, in generale, "nei fatti" non potra' mai esserci,
almeno non ne potremo mai essere certi.
Eberhard ha dimostrato in generale (e io ho dimostrato nel caso particolare
di due particelle entangled, con un discorso che, una volta accettate le
tesi della convenzionalita' della simultaneita', risulta pressoche' banale)
che una teoria locale, che ammette segnali superluminali, puo' riprodurre
*tutte* le previsioni della MQ ortodossa in "quasi tutte" le situazioni
sperimentali.
Quel "quasi tutte" significa questo:
se V (la velocita' dei segnali superluminali relativamente al riferimento
privilegiato) e' molto maggiore di c, allora le situazioni sperimentali
nelle quali si dovrebbero ottenere risultati in disaccordo con la MQ
ortodossa sono "molto poche".
Ad esempio, nel preprint del 2005 mostro che, nel caso di due particelle
entangled che vengono prodotte nel punto x=x0, e che vanno l'una in
direzione positiva l'altra in direzione negativa, se i rivelatori sono posti
rispettivamente in x=-a e x=a, allora i risultati in disaccordo con la MQ
ortodossa si hanno solo se b<x0<b+delta con -a<b<a e delta dell'ordine di
c/V.
Ne segue che, se V>>c, come dice Eberhard, "experiments mentioned above
become impractical."
> > se vogliamo dare un qualche significato fisico alle categorie di causa
ed
> > effetto allora la loro definizione *non puo'* prevedere che "la causa
deve
> > precedere l'effetto" se con "precedere" si intende tA<tB.
> [...]
> > Io non cambio i concetti di causa ed effetto.
>
> Questa e' una vistosa contraddizione. Il fatto e' che causa ed effetto
> sono definiti - e lo sono da sempre - con riferimento all'ordinamento
> temporale degli eventi. Se togli questo, che ti piaccia o no, tu cambi
> il significato dei concetti di causa ed effetto. Si puo' fare, ma
> bisogna esserne ben coscienti, e tu non mi pare che lo sia.
No, non c'e' nessuna contraddizione. Il concetto di causa che uso io e'
quello "vero", cioe' e' quello che ha rilevanza fisica, quindi e' un
concetto che non ha nulla a che fare con la direzione temporale. E' questo
il punto di cui sono ben cosciente, cosi' come lo e' chiunque abbia chiare
le tesi della convenzionalita' della simultaneita'. Un concetto di causa
legato alla direzione temporale non avrebbe diritto di cittadinanza nei
libri di fisica.
> Io la questione la vedo diversamente. La definizione di
> simultaneita'/sincronizzazione e' certo in parte convenzionale, ma
> altrettanto certamente non e' del tutto convenzionale. Convenzionale non
> significa arbitrario.
Quando il segnale luminoso, partito dall'origine quando l'orologio fisso
nell'origine segna l'istante tin, arriva al punto (d,0,0) settiamo
l'orologio fisso in (d,0,0) all'istante tin+d/c.
Nel report ricordato sopra, che si puo' scaricare alla pagina
http://mio.discoremoto.alice.it/brunodisco/ , Anderson e al. mostrano che,
qualora decidessimo di settare l'orologio fisso in (d,0,0) all'istante
tin+d/c+Psi(x,y,z)
nel momento in cui arriva il segnale partito dall'origine, non incapperemmo
in alcuna contraddizione.
Una qualsiasi legge della fisica che, in sincronizzazione standard,
assumerebbe la forma covariante
A=M*B
con A, M e B tensori di ordine qualsiasi, diventerebbe, qualora scegliessimo
psi(x,y,z)=/=0,
A'=M'*B'.
Le trasformazioni di sincronizzazione che legano A ad A', M a M' e B a B',
dipenderanno ovviamente dalla psi.
Cioe' cambiare sincronizzazione e' come ruotare gli assi. La psi(x,y,z)
possiamo sceglierla come ci pare (almeno finche' rimaniamo in ambito della
RR); mi pare basti che sia definita in ogni punto, poi, ovviamente, piu' la
facciamo complicata piu' le trasformazioni di sincronizzazione diventeranno
complicate.
> Ci sono alcuni criteri che devono essere
> soddisfatti: una definizione di sincronizzazione che non sia transitiva
> o non sia simmetrica la scartiamo. Analogamente scartiamo anche
> definizioni che permettono in qualche caso quello che dici tu, cioe' che
> si possa invertire l'ordine temporale causa-effetto. Saremmo nei guai
> solo se queste restrizioni ci lasciassero con nessuna definizione
> disponibile; ma non mi pare sia questo il caso.
Anderson e al. mostrano che la fisica e' molto meno restrittiva di quanto
possa sembrare. Nei guai ci possiamo andare se queste proprieta' di
transitivita', simmetricita', causalita', non le associamo chiaramente a
qualcosa di rilevanza fisica.
Ciao.
--
Bruno Cocciaro
--- Li portammo sull'orlo del baratro e ordinammo loro di volare.
--- Resistevano. Volate, dicemmo. Continuavano a opporre resistenza.
--- Li spingemmo oltre il bordo. E volarono. (G. Apollinaire)
Received on Mon Sep 17 2007 - 15:34:42 CEST