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From: Bruno Cocciaro <b.cocciaro_at_comeg.it>
Date: Tue, 14 Aug 2007 10:54:34 +0200

"argo" <brandobellazzini_at_supereva.it> ha scritto nel messaggio
news:1187025581.994294.83750_at_q75g2000hsh.googlegroups.com...
> On 13 Ago, 17:07, "Bruno Cocciaro" <b.cocci..._at_comeg.it> wrote:

> Ciao Bruno,
> mi sembra di capire che per te il tempo tra due eventi e' il tempo
> segnato
> da un orologio in quiete nel sistema di riferimento inerziale in cui i
> due eventi hanno
> la stessa posizione spaziale (che poi e' la stessa dell'orologio).

Esattamente. Il che e' anche come dire che il tempo e' solo cio' che viene
misurato da *un* orologio. Decidiamo di dare alle parole "intervallo di
tempo" quel significato operativo e a quello dobbiamo attenerci.
Quello che non e' misurato da *un* orologio non e' un intervallo di tempo.
Per le lunghezze avviene qualcosa di analogo. Decidiamo di dare alla parola
lunghezza il significato operativo di "cio' che si misura con il regolo". E
il regolo, per poter misurare la lunghezza di un certo corpo, deve esser in
quiete con il corpo da misurare (esattamente come l'orologio che, per
misurare l'intervallo di tempo fra due eventi, deve essere in quiete
rispetto ai due eventi, cioe' l'orologio non deve accelerare e i due eventi
devono verificarsi nel punto dove si trova l'orologio).
La "lunghezza di un corpo in moto" non e' una grandezza fisica, cioe' non e'
un ente misurabile. Quello che usualmente si intende con "lunghezza di un
corpo in moto" deriva da una misura+una convenzione (che e' la solita
sincronizzazione standard degli orologi).

> Nel tuo schema di ragionamento ha senso o meno misurare e/o definire
> un intervallo di tempo tra due eventi osservati in un sistema di
> riferimento inerziale
> In cui non avvengono nello stesso punto?
> Mi sembra di aver capito che la tua risposta e' no.
> A eventi spacelike separati non e' possibile assegnare un intervallo
> di tempo (sensato)?

Naturalmente si puo' definire tutto cio' che si vuole nella maniera che piu'
ci aggrada. Ma le misure sono un'altra cosa. Ci si accorda sul significato
operativo che si decide di dare ad una certa parola, poi cio' che chiamiamo
con quella parola e' cio' che si misura in quel modo. Non c'e' piu' spazio
per alcuna definizione. Nel caso specifico, l'intervallo di tempo e' cio'
che viene misurato da un orologio. Per eventi spacelike, non esistendo alcun
orologio "in quiete" con i due eventi, e' impossibile associare un
intervallo di tempo senza ricorrere a definizioni arbitrarie.

> Come definisci e misuri la velocita' (istantanea) di un corpo?

La velocita' one-way (media o anche il suo limite che da' il valore
istantaneo) di un qualsiasi corpo si definisce come rapporto Dx/Dt.
Dx si misura con il regolo (si conviene di dare a Dx quel significato
operativo). Dt si definisce in modo arbitrario, cioe' non e' associato ad
alcuna procedura operativa specifica. Si possono dare alcune procedure
operative e scegliere quelle (ad esempio si da' la procedura standard di
sincronizzazione degli orologi e si sceglie quella per "misurare" Dt), ma e'
dimostrato che, ai fini descrittivi di una qualsiasi serie di eventi,
infinite altre procedure operative andrebbero altrettanto bene.

> Mi sembra di capire che dividi lo spazio infinitesimo percorso per il
> tempo
> registrato da un orologio in moto tangente al corpo, cioe' per il
> tempo misurato
> in un altro sistema di rif. in cui il corpo e' fermo.

Si potrebbe fare come dici sopra, in questo caso si avrebbe una grandezza
non convenzionale, Dx/Dtau, dove Dtau e' l'intervallo di tempo *misurato*
dall'orologio in quiete rispetto al corpo. Bridgman chiamava tale rapporto,
se ricordo bene, velocita' propria. Pero' direi che non sia il caso di
scomodare troppe parole. Quel rapporto si conosce gia' come p/m, dove p e'
la quantita' di moto e m e' la massa del corpo.
Ma l'uso della parola "velocita'" che usualmente si fa in relativita' *non
e'* quella dell'ente che moltiplicato per la massa da' la quantita' di moto.
Con velocita' si intende il rapporto di cui sopra, Dx/Dt, e quel rapporto e'
convenzionale perche' e' convenzionale Dt, cioe' non abbiamo un unico modo
di settare gli orologi, ne abbiamo infiniti, tutti ugualmente validi.

> Accetteresti un orologio definito nel seguente modo?
> Abbiamo una sostanza instabile che decade.
> Decidiamo di misurare i tempi usando il tempo di dimezzamento.
> Sei d'accordo con l'affermazione
> che resta cosi' definito un intervallo di tempo tra due eventi in
> ogni sistema di riferimento e non solo in quello in cui coincidono
> spazialmente?

E perche'? La sostanza che decade si trova in un certo punto e misra
l'intervallo di tempo fra due eventi che hanno luogo nel punto dove si trova
la sostanza.
Se immagini una sostanza diffusa in tutto lo spazio, in modo che, in
qualsiasi punto, si estragga un volumetto infinitesimo e si misuri
l'emissione
dovuta a quel volumetto in un certo intervallo di tempo infinitesimo,
avresti gli stessi identici problemi che si hanno avendo distribuito orologi
su tutto lo spazio: avresti il problema della sincronizzazione. Ci vorrebbe
un segnale per dare il via al decadimento, ma la velocita' one-way di quel
segnale puoi solo assumerla, non puoi misurarla.

>> No no. Le *misure* (di tempo come di qualsiasi altra grandezza fisica)
>> dipendono solo dalla grandezza che si sta misurando.
>
> In assoluto non direi, in genrale dipendono anche dallo
> strumento e dalle sue proprieta' ivi incluse il suo stato di moto.
> Ad esempio l'effetto doppler nelle misure delle frequenze influenza il
> risultato.

Probabilmente non mi sono espresso bene.
Sopra volevo dire che il fatto che un certo fenomeno sia periodico viene
misurato e quell'esito *non dipende* da alcuna correzione da fare agli
orologi.
L'orologio fisso in (R,0) misura 1 anno fra due passaggi successivi della
Terra. Nessuna correzione di alcun "ritardo".
Anche per l'efetto doppler, l'orologio in moto rispetto all'onda misura un
certo intervallo di tempo Dtau fra due massimi successivi. L'inverso di
quella misura da' la frequenza dell'onda nel riferimento di quiete
dell'orologio.
Se l'orologio avesse un moto diverso, la *stessa* procedura (cioe' la
misura, effettuata dall'orologio in moto, dell'intervallo di tempo Dtau fra
due massimi successivi) darebbe un risultato diverso. Queso significa
semplicemente che esistono grandezze fisiche (cioe' misurabili), associabili
ad un certo ente, che hanno un valore in un riferimento e ne hanno un altro
in altri riferimenti. La quantita' di moto e' un esempio.

> Ti ringrazio ancora per la dovizia degli esempi che riporti.
> Diamo pero' significati e definizioni diverse alle cose che misuriamo.
> E' inevitabile che divergiamo cosi' tanto sulle interpretazione dei
> risultati.

Grazie a te per gli apprezzamenti che fai per i miei esempi, ma non c'e'
solo questo. Io dico che tu chiami "misura" qualcosa che non ha diritto ad
avere quel nome.
Una misura viene definita operativamente in un certo modo. A seguito delle
operazioni di misura si ottiene un certo numero. Quel numero *non puo'* in
alcun modo dipendere da nostre scelte. E' chiaro che siamo noi a scegliere
di dare proprio a quelle operazioni un certo nome, possiamo chiamarle
"misura di X" o "misura di A", ma la nostra discrezionalita' finisce qua.
Non possiamo scegliere il numero che viene fuori a seguito delle operazioni
che abbiamo deciso di chiamare "misura di X" o "misura di A". Se quel numero
puo' cambiare a seconda di nostre scelte, allora la procedura definita non
puo' essere detta "misura".
E il tuo modo di procedere porta a veri e propri *errori* quando, basandoti
su quei numeri che chiami "misure", ma che sei stato tu a fissare, trai
delle conclusioni (l'impossibilita' dei segnali superluminali) lasciando
intendere che quelle conclusioni siano "scritte" nella natura.

> Non trovo nulla di male ad assegnare una convenzione e misurare in
> base a quella.
> Poi e' interessante chiedersi come cambiano le cose cambiando
> convenzione, sist. di riferimento, ect...
> Mi sembra di capire che pero' tu rifiuti le interpretazioni che sono
> frutto
> delle convenzioni, di scelte arbitrarie,... Qui non siamo d'accordo.

Io rifiuto di dare significato fisico a proposizioni che si basano su cio'
che abbiamo deciso noi. I significati fisici li decide la natura, non noi.

Io rifiuto di dire quanto segue.
Sia C un evento che avviene in (-R,0) quando l'orologio fisso in (-R,0)
segna l'istante tin;
sia E un evento che avviene in (R,0) quando l'orologio fisso in (R,0) segna
l'istante tfin<tin;
E non puo' essere causato da C, perche' E e' "precedente" C.

Il "precedente" scritto sopra si basa *esclusivamente* sulla lettura degli
istanti segnati da due orologi lontani, ma quegli orologi li abbiamo settati
noi !!! Qualora non ci piacesse associare all'effetto un istante inferiore a
quello associato alla causa, basterebbe sincronizzare in maniera diversa.
Gli stessi eventi descritti sopra, cambiando sincronizzazione, potrebbero
diventare i seguenti:
C e' un evento che avviene in (-R,0) quando l'orologio fisso in (-R,0) segna
l'istante tin*;
E e' un evento che avviene in (R,0) quando l'orologio fisso in (R,0) segna
l'istante tfin*>tin*;
e ora, semplicemente cambiando sincronizzazione, non avremmo piu' il
"problema" dell'effetto che precede la causa.

Il fatto che C sia o meno causa di E lo decide la natura. E lo decide del
tutto indipendentemente dalle scelte che facciamo noi quando sincronizziamo
gli orologi. Il che e' come dire che osservare E "precedente" C (nel senso
visto sopra) non ci autorizza a trarre la conclusione che C non puo' essere
causa di E.

> Io non escludo un senso fisico a cio' che le interpretazioni e le
> convenzioni producono.
> Ad esempio la misura del colore di un fiore dipende dallo stato di
> moto dell'osservatore
> ma cio' non toglie che quello che vede e' reale e sensato.

Certamente. E' lo stesso discorso dell'effetto doppler visto sopra:
l'orologio in moto misura una certa frequenza. Si tratta di una misura, non
di una convenzione.

> Non e' pero' assoluto, cioe' le conclusioni dell'osservatore
> dipenderanno dal sit. di rif.

Certamente. Se l'orologio cambiasse moto misurerebbe un'altra frequenza.
Sempre di misure si tratta, non di convenzioni.

> Allo stesso modo secondo me eventi spacelike separati hanno
> delle coordinate temporali specifiche che dipendono pero' dal sist. di
> rif..
> In particolare l'ordinamento temporale di eventi spacelike non e'
> Lorentz
> invariante ma cio' non toglie che fissato un sistema di rif. specifico
> abbia senso
> dire questo evento e' avvenuto prima o dopo di un altro.
> Immagino che su questo non saremo d'accordo.

Infatti.
Come dicevo sopra, basterebbe cambiare sincronizzazione (rimanendo sempre
fermi nel riferimento in esame) e l'ordinamento temporale potremmo cambiarlo
a nostro piacimento. Come possiamo sperare di dare significato fisico a
qualcosa che decidiamo noi ?
Potremmo cambiarlo anche per eventi timelike, per i quali l'ordinamento
causa effetto non sta nell'ordinamento temporale (che e' convenzionale
sempre, anche per eventi timelike, quindi non ha mai significato fisico;
quando ce l'ha (il significato fisico) ce lo ha perche', per caso, la
sincronizzazone scelta permette di dargielo).

L'unica possiilita' per dare senso fisico all'ordinamento temporale e' dire
che la sincronizzazione non la scegliamo ma ci e', in un qualche modo,
imposta dalla natura. Anderson e al hanno dimostrato che non e' cosi': la
natura non ci impone alcuna sincronizzazione cosi' come non ci impone di
dirigere l'asse z lungo alcuna direzione specifica.

> [...]
>> > di vista sperimentale. Dico mi sembra solamente perche' non conosco
>> > uno esperimento specifico.
>>
>> Ed e' proprio qua il punto!!!!
>> Non sei solo tu a non conoscere alcun "esperimento specifico" che provi
>> il
>> fatto che velocita' di andata e ritorno sono uguali
>
> Puoi spiegarmi meglio? Questa differenza del one-way endata-ritorno
> non la capisco (non capisco cosa tu voglia dire).

da xin, quando l'orologio fisso in xin segna tin, parte il fascio F verso
xfin>xin; all'arrivo di F decidiamo di settare l'orologio fisso in xfin
all'istante tfin=tin+d/c, essendo d=xfin-xin.
L'orologio fisso in xin *misura* un intervallo di tempo 2d/c dal momento in
cui F parte al momento in cui torna dopo riflessione su xfin.
Si hanno i seguenti eventi:
E1=(c*tin,xin): F parte da xin;
E2=(c*tfin,xfin): F arriva in xfin;
E3=(c*(tin+2d/c),xin): F torna in xin;
Per definizione di velocita' si ha:
Velocita' di andata: d/(tfin-tin)=d/(tin+d/c-tin)=c;
Velocita' di ritorno: d/(tin+2d/c-tfin)=d/(tin+2d/c-tin-d/c)=c;
Velocita' di andata e ritorno: 2d/(tin+2d/c-tin)=c.

Avremmo pero' anche potuto scegliere di sincronizzare diversamente,ad
esempio, all'arrivo di F decidiamo di settare l'orologio fisso in xfin
all'istante tfin=tin+(3/2)*d/c, essendo d=xfin-xin.
L'orologio fisso in xin *misura* un intervallo di tempo 2d/c dal momento in
cui F parte al momento in cui torna dopo riflessione su xfin.
Si hanno i seguenti eventi:
E1=(c*tin,xin): F parte da xin;
E2=(c*tfin,xfin): F arriva in xfin;
E3=(c*(tin+2d/c),xin): F torna in xin;
Per definizione di velocita' si ha:
Velocita' di andata: d/(tfin-tin)=d/(tin+(3/2)*d/c-tin)=(2/3)*c;
Velocita' di ritorno: d/(tin+2d/c-tfin)=d/(tin+2d/c-tin-(3/2)*d/c)=2*c;
Velocita' di andata e ritorno: 2d/(tin+2d/c-tin)=c.

>> E' questo che provano senza ombra di dubbio Anderson Vetharaniam e
>> Stedman
>> quando fanno vedere che qualsiasi esperimento potrebbe essere
>> interpretato
>> utilizzando una qualsiasi sincronizzazione (cioe' una qualsiasi velocita'
>> one-way).
>
> e allora? Scusami ma non capisco.

Anderson e al. mostrano che *nessun esperimento* potra' mostrare che e'
sbagliata la scelta mostrata sopra secondo la quale la luce viaggia in un
verso a velocita' (2/3)*c e nell'altro verso a 2*c.

> Questione di definizioni. E non credere che anche dei conteggi
> non siano affetti da assunzioni a priori, che siano piu ''fatti'', o
> piu' veri di altri
> Ad esempio in QFT il numero
> di particelle di un sistema dipende dal stato di moto
> dell'osservatore.

La QFT non la conosco, ad ogni modo, anche per la frequenza di un'onda, la
sua *misura* dipende dallo stato di moto dell'osservatore. Ritengo peraltro
che la fisica andrebbe poco lontano se, date queste due proposizioni

1) "ho fatto rimbalzare a terra la palla per 3 volte prima di riprenderla in
mano. E' un fatto che il numero di rimbalzi della pallina sia pari a 3";
2) "Ho detto a Giorgio e Giovanni di entrare nella stanza, prendere un
orologio, settarlo a proprio piacimento, scrivere il proprio nome su un
foglio e fare una foto che mostri sia il foglio che l'orologio. Ho poi
preso le foto e ho visto che quella dove c'era il foglio con su scritto
"Giorgio" mostrava l'orologio segnare le 3, quella con scritto Giovanni
mostrava l'orologio segnare le 5.
E' un fatto che Giovanni sia entrato nella stanza 2 ore dopo Giorgio"

la 1) non venisse considerata "fatto" piu' della 2). Direi che la 1) debba
essere considerata un fatto e la 2) no.
Il numero 3 del caso 1) non dipende dalla nostra discrezionalita'.
Il numero 2 del caso 2) dipende dalla discrezionalita' di Giorgio e
Giovanni.

>> > E' come se per misurare delle distanze usando un metro tu commettessi
>> > un errore sistematico ma ti rifiutassi di sottralo.
>>
>> Ma il contatore di rimbalzi non commette alcun errore. Li conta tutti
>> esattamente.
>
> Ma e' una scelta attribuire a tali conteggi il vero significato
> di tempo piuttosto che quello con la correzione. Non e' meglio a
> priori
> ne', come dicevo poco fa, e' scontato che sia sempre indipendente dal
> moto
> dell'osseravore.

Il numero di conteggi non e' il "vero" tempo. E' la definizione operativa
che conveniamo di dare alle parole "intervallo di tempo". Questa definizione
operativa la assumiamo e questa e' sufficiente per costruire la RR. La
definizione data da te, quella con la "correzione", oltre a far uso comunque
del misuratore di intervalli di tempo, fa uso anche di una scelta arbitraria
che non e' necessaria. Le conclusioni che traiamo basate fra l'altro sulla
scelta arbitraria *non sono* conseguenze della teoria (che si puo' costruire
senza fare uso di quella scelta arbitraria), sono conclusioni che ci
mettiamo noi senza alcun motivo a supporto.

>> Io non dico che c'e' differenza fra l'andata e il ritorno. Dico che la
>> velocita' one-way *non ha senso fisico*, come viene provato senza alcun
>> dubbio dalla esplicitazione delle trasformazioni di sincronizzazione che
>> permettono di interpetare qualsiasi esperimento assumendo un qualsiasi
>> valore per la velocita' one-way.
>
> Non siamo proprio d'accordo. Secondo me il senso fisico lo
> possono avere anche le grandezze che dipendono da scelte e
> covenzioni.

Ma il punto e' che Giorgio ha scelto di mettere l'orologio a quell'istante,
Giovanni a quell'altro. Quale senso fisico si potra' mai dare alla lettura
di quelle foto?
La scelta che operiamo nel momento in cui sincronizziamo e' esattamente
dello stesso tipo di quella operata da Giorgio e Giovanni che hanno deciso
di settare i propri orologi a loro piacimento. Gli orologi nel nostro
rifrimento li possiamo settare come ci pare (esattamente come Giorgio e
Giovanni), quale significato fisico potremo mai dare a tfin-tin se tfin e'
segnato da un orologio e tin da un altro (come nel caso delle foto con gli
orologi e i nomi di Giorgio e Giovanni)?

>> Il principio di relativita' rimane assolutamente inalterato.
>
> Ma non dici che esiste un sitema privilegiato in cui i tachioni si
> comportano
> in un modo specifico?

Si', ma questo non crea alcun problema al principio di relativita'. Esiste
un riferimento privilegiato in cui le onde sonore si comportano in modo
specifico, ma questo non crea alcun problema al principio di relativita'.

> Ciao.

Ciao.
-- 
Bruno Cocciaro
--- Li portammo sull'orlo del baratro e ordinammo loro di volare.
--- Resistevano. Volate, dicemmo. Continuavano a opporre resistenza.
--- Li spingemmo oltre il bordo. E volarono. (G. Apollinaire)
Received on Tue Aug 14 2007 - 10:54:34 CEST

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