Figuriamoci quando la definizione operativa nemmeno c'e'

From: Bruno Cocciaro <b.cocciaro_at_comeg.it>
Date: Mon, 13 Aug 2007 17:07:45 +0200

In questo post rispondo ad Argo su un punto che mi pare abbia respiro piu'
ampio rispetto a quello che stavamo trattanto sul thread "causalita'". Ho
per questo ritenuto opportuno aprire un thread apposito.

La "scelta" di cui parla Argo sotto e' la relazione standard nella
sincronizzazione degli orologi.

> Quale e' questa scelta?
> Comunque anche se cosi' fosse, cioe' che c'e' una scelta che viene
> effettuata,
> credo che non ci sia nulla di male in questo, anzi direi che l'intera
> scienza si basa
> su assunzioni a priori. E trarre conclusioni dall'assunzione non e'
> sbagliato ma e' il modo di poredere deduttivo
> Se le conslusioni sono in ottimo accordo con i dati sperimentali
> l'assunzione e' giustificata a posteriori.

Gia' da un po' volevo aprire un thread apposito sulla questione che ho
soltanto accennato (parlando di "pecche") nel recente post che ho
mandato al thread "Filosofia della Fisica".

In breve la situazione sarebbe questa:
facciamo delle assunzioni, non ci preoccupiamo troppo di definire
operativamente le nostre assunzioni, tanto sappiamo che e' impossibile
basare la conoscenza interamente sull'esperienza, cioe' sappiamo che
qualcosa dobbiamo accettare di assumerlo. Allora assumiamo, facciamo un po'
di conti, viene fuori qualcosa che e' in parte legato all'esperienza
(secondo regole che esplicitiamo), poi facciamo gli esperimenti e finche' la
natura ci da' conferma sperimentale prendiamo per buona la nostra
descrizione (comprese le sue assunzioni) alla quale diamo il nome di teoria
fisica.
Poi usiamo la teoria anche per andare al di la' delle verifiche sperimentali
effettuate, cioe' la usiamo per fare delle previsioni. Una teoria ben
fondata (cioe' che ha avuto tante verifiche sperimentali) la consideriamo
buona anche laddove le previsioni non sono state ancora testate
dall'esperienza. Nei casi in cui la teoria prevede delle "impossibilita'" la
verifica sperimentale direi che sia impossibile per principio: si puo'
verificare qualcosa che si prevede accada sotto certe condizioni, ma non si
possono effettuare tutti gli infiniti possibili esperimenti per verificare
che non accade mai cio' che la teoria ritiene impossibile.

Per quanto riguarda la RR, gli oppositori alla convenzionalita' della
simultaneita' hanno giocato la carta suddetta:
la teoria assume la sincronizzazione standard, e, usando tale assunzione, fa
delle previsioni che sono verificate sperimentalmente. La verifica
sperimentale e' verifica della teoria "nel suo insieme", quindi prova, fra
l'altro, la bonta' della sincronizzazione standard. Non c'e' alcun motivo di
ritenere sbagliata la sincronizzazione standard finche' la RR si mostra
valida dal punto di vista sperimentale o finche' qualcuno non costruisce una
nuova teoria, che non faccia uso della sincronizzazone standard, e che sia
almeno equivalente alla RR dal punto di vista predittivo.

La pecca che io vedo in questo discorso e' che non possiamo fare ipotesi sul
futuro, o, meglio, sul futuribile, cioe' non possiamo sapere se "una nuova
teoria, che non faccia uso della sincronizzazone standard, e che sia almeno
equivalente alla RR dal punto di vista predittivo" sia possibile o meno.
Il futuro potrebbe riservare una teoria che mostri una certa assunzione come
non necessaria, o potrebbe anche riservare la comprensione di concetti che
permettano di sottoporre a verifica sperimentale quella certa assunzione
(nel caso della sincronizzazione standard, Anderson e Vetharaniam e Stedman
hanno mostrato che la RR si potrebbe costruire facendo uso di infinite
possibili altre sincronizzazioni diverse dalla standard che quindi si mostra
non necessaria).

Ma *riflettere su una assunzione*, sul suo significato, sulla sua eventuale
necessita' o meno, e', a mio modo di vedere, importantissimo. E' a seguito
di tali riflessioni che si fanno i passi piu' importanti.
Il discorso:
"Ma la teoria tanto funziona, che ce ne frega di stare troppo a discettare
su quale sia il vero significato di questa o quella assunzione?"
avrebbe avuto, nel caso della RR, la conseguenza di relegare ai margini il
discorso sulla convenzionalita' della simultaneita' (tanto la teoria che
abbiamo, assumendo la relazione standard, funziona), portando la RR al di
la' di quanto effettivamente dice, ad esempio portandola ad affermare che
una causa qua alle 3 che avesse un effetto la' alle 2 sarebbe un paradosso
causale (questo afferma Einstein nel 1907). Non riflettendo su quella
assunzione sarebbe stato difficile accorgerci che la teoria *non afferma*
che quello e' un paradosso causale.

> In tal senso definire gli orologi in un certo modo e dedurre da questo
> che non ci siano tachioni mi sembra giustificato
> a posteriori visto che di tachioni non c'e' nessuna evidenza.

Appunto. Riflettere su quella assunzione, aiuta a capire che quella
conclusione (la non esistenza dei tachioni) e' *non giustificata*
indipendentemente da eventuali evidenze sperimentali o meno dell'esistenza
dei tachioni. Se anche Anderson e al. non avessero ancora mostrato
l'equivalenza di tutte le possibili sincronizzazioni (chiudendo il discorso)
quella conclusione sarebbe stata comunque non giustificata perche' *basata
comunque su una assunzione* e non su fatti sperimentali. Il fatto che quella
assunzione permetta di costruire una teoria che ha tante verifiche
speimentali, non permette di dire che *tutte* le conclusioni che *ci pare*
possano essere dedotte da quella assunzione si possano considerare
giustificate "a posteriori".

E qua il concetto di cui stiamo parlando, l'intervallo di tempo, aveva una
definizione operativa: l'intervallo di tempo e' cio' che misura un orologio
(o, almeno, quel concetto rimandava ad un altro concetto ancora piu'
basilare: il concetto di regolo che permette la definizione di orologio a
luce). E' stato quindi possibile rispondere alla domanda che potrebbe porsi
anche nella forma:
possiamo costruire la RR attenendoci solamente alla definizione operativa di
intervallo di tempo oppure dobbiamo anche fare necessariamente qualche
assunzione riguardante la velocita' one-way della luce per sincronizzare gli
orologi (assunzione che poi potremo ritenere verificata a posteriori sulla
base degli esiti sperimentali della teoria)?
Figuriamoci se quella definizione operativa non ci fosse nemmeno stata, o ci
fosse stata ma noi non ne avessimo avuto ancora coscienza. Come avremmo
potuto difendere il fatto che quella assunzione non avrebbe potuto
rivendicare alcuna "verifica a posteriori"?

Ciao.
-- 
Bruno Cocciaro
--- Li portammo sull'orlo del baratro e ordinammo loro di volare.
--- Resistevano. Volate, dicemmo. Continuavano a opporre resistenza.
--- Li spingemmo oltre il bordo. E volarono. (G. Apollinaire) 
Received on Mon Aug 13 2007 - 17:07:45 CEST

This archive was generated by hypermail 2.3.0 : Mon Feb 10 2025 - 04:23:35 CET