Teoria generale dei sistemi e i processi direzionali tendenti a fini

From: Multivac85 <multivac85_at_gmail.com>
Date: Sun, 24 Jun 2012 08:26:18 -0700 (PDT)

Qui di seguito poster� alcuni brani tratti da "Teoria generale dei
sistemi" del 1968 di Ludwig von Bertalanffy. Si tratta di brani che
reputo interessanti perch� sono incentrati su un tema di recente di
cui abbiamo molto discusso da un bel po', quello della presenza nella
natura di processi teleologici, ovvero finalistici e progettuali (la
cui descrizione alternativa in termini meccanicistici perci� non
mostrerebbe gli stessi aspetti sul processo nella sua totalit�), che a
dire di vari utenti sarebbero da rifiutare in quanto secondo loro
implicano inevitabilmente ricorso ad antropomorfismo, cio� ad entit�
misteriose e non verificabili empiricamente che ovviamente esulano
dalle possibilit� che esse possano essere usate nella scienza
naturale. Io invece al contrario trovavo che i processi teleologici
siano una teoria legittima che non implicasse affatto affermazioni
come "questo vuol dire che ogni essere vivente � guidato dentro da un
fantasmino invisibile e non rilevabile da alcun nostro strumento
scientifico di rilevazione" e tuttavia tali processi teleologici hanno
caratteristiche descrivibili con parole analoghe a quelle con cui
descriviamo le attivit� intenzionali umane, ma tale analogia tale
"come se" resta solo nell'ambito del "come se" e dunque non ha nulla
di antiscientifico. Naturalmente pu� essere che qualcuno di tali
lettori dei miei interventi scritti possa aver frainteso queste mie
parole leggendo in esse cose come "c'� un fantasmino invisibile e in
nessun modo rilevabile che guida vari processi naturali" ma questo
non era mai stata una mia intenzione, se si legge bene quello che ho
scritto.

Pag. 83-85 "Causalit� e teleologia .Nell'ambito di quella concezione
del mondo che viene usualmente definita come meccanicista e che ebbe
origine dalla fisica classica del diciannovesimo secolo il gioco senza
fini degli atomi, retto dalle inesorabili leggi della causalit�,
produceva tutti i fenomeni del mondo inanimato, vivente e mentale. Non
si lasciava spazio per una qualche tendenza, per un ordine, per un
telos. il mondo degli organismi risultava essere un prodotto del caso,
formatosi grazie a un gioco insensato di mutazioni e di scelte
effettuatesi irregolarmente; [...] In modo analogo, nozioni quali
quelle di teleologia e di tendenza risultavano essere ai di fuori
dello scopo della scienza, per formare il terreno di gioco adatto ad
agenti misteriosi, soprannaturali o antropomorfici; oppure, tali
nozioni andavano a costituire un qualche pseudo-problema
intrinsecamente estraneo alla scienza, una mera ed errata proiezione
della mente dell'osservatore entro una natura governata da leggi senza
scopo. Ci� nondimeno, questi aspetti esistono, e non potete certo
pensare a un organismo vivente � per, non parlare del comportamento e
della societ� umana � senza tener conto di quanto, in modi e forme
diverse e piuttosto prive di rigore, viene indicato con termini quali
adattamento, finalit�, ricerca di obiettivi e simili. E' un fatto
caratteristico della concezione contemporanea il considerare
seriamente questi aspetti come problemi legittimamente scientifici;
non solo, ma possiamo anche indicare modelli che simulano un tale
comportamento".

 "Non voglio addentrarmi in una discussione vertente stii pregi e sui
limiti di questi modelli di comportamento teleologico o direzionale.
Ci� che dovrebbe tuttavia essere sottolineato � il fatto che il
comportamento teleologico diretto verso uno stato finale o un
obiettivo 'caratteristici non costituisce affatto un qualcosa che si
trova al di fuori dei limiti della scienza naturale, oppure una errata
concezione antropomorfica di processi che, di per se stessi, sarebbero
accidentali e privi di direzioni privilegiate. S� tratta piuttosto di
una forma di comportamento che pu� ben essere definita in termini
scientifici, e a proposito della quale riusciamo a indicare sia le
condizioni necessarie che i meccanismi possibili."

pag. 124-130 "Come abbiamo gi� visto, i sistemi di equazioni del tipo
qui preso in considerazione possono avere tre diversi generi di
soluzioni. Il sistema in questione pu� raggiungere asintoticamente uno
stato stabile stazionario al crescere del tempo; pu� anche non
raggiungere mai questo stato; oppure si possono avere oscillazioni
periodiche. Nel caso in cui il sistema si avvicina a uno stato
stazionario, la sua variazione pu� essere espressa non solo in termini
delle sue con-dizioni effettive ma anche in termini di distanza dallo
stato stazionario. Se indichiamo con Qi* le soluzioni per lo stato
stazionario, si possono introdurre delle nuove variabili:

Qi=Qi*-Qi'

in modo che si abbia:

(dQ1)/(dt)=f (Q1*-Q1')(Q2*-Q2')... (Qn*-Qn'). (equazione 3.27.)

Possiamo esprimere tutto ci� nel modo seguente. Qualora mi sistema
tenda a uno stato stazionario, le variazioni che si verificano in esso
possono venire espresse non solo in termini di condizioni effettive,
ma anche in termini di distanza dallo stato di equilibrio; il sistema
sembra che " voglia tendere " a un equilibrio che sar� raggiunto
soltanto in futuro. O, se si vuole, gli avvenimenti si possono
esprimere come se dipendessero da un futuro stato finale."

(Bertalanffy cita vari casi nelle scienze naturali di formule di
carattere finalistico: il principio di Maupertuis, le equazioni di
Eulero, il principio di Le Chatelier, la regola di Lenz
nell'elettricit� e anche la dinamica delle popolazioni di Volterra,
tutte derivanti da un principio di minimo).

"Si vede con facilit� l'errore concettuale di una interpretazione
antropomorfa. Il principio di azione minima e i principi a esso
correlati risultano semplicemente dal fatto che, se un sistema
raggiunge uno stato di equilibrio, le derivate diventano nulle; il che
implica che certe variabili raggiungono un estremo (massimo o minimo
che sia); solo quando queste variabili vengono denotate mediante
termini antropomorfi quali effetto, vincolo, lavoro ecc., una evidente
teleologia dei processi fisici emerge nell'azione di tipo fisico (cfr.
Bavink, 1944). Si pu� parlare di finalit� anche nel senso di
dipendenza dal futuro. Come si pu� vedere dall'equazione (3.27.),
gli,' eventi possono, infatti, essere considerati e descritti come
determinati non tanto da condizioni effettive, quanto uno stato finale
che deve essere raggiunto. In secondo luogo, questa formulazione � di
natura generale: non si applica solamente alla meccanica ma anche a
sistemi di tipo qualsiasi. In terzo luogo, questo � un problema che �
stato molto spesso mal interpretato in biologia e in filosofia,
cosicch� � importante giungere a un chiarimento. Prendiamo in esame
un'equazione per l'accrescimento cos� com'� stata formulata dal
presente autore (von Bertalanffy, 1934; si tratta di una questione
trattata dallo stesso autore in altri articoli). L'equazione � la
seguente: l=l*-(l*-l0 e^(-kt)) (cfr. pp. 265 e segg.), dove l
rappresenta la lunghezza dell'animale al tempo t, l* la lunghezza �
finale, l0 la lunghezza iniziale e k una costante. Sembra, in questo
caso, che la lunghezza l dell'animale al tempo t sia determinata dal
valore finale l*, il quale sar� raggiunto solamente dopo un tempo
infinito. Tuttavia lo stato finale (l*) � semplicemente una condizione
di estremo che si ottiene eguagliando a zero il quoziente
differenziale, cos� che scompaia il tempo. Per far questo dobbiamo
prima cono-scere l'equazione differenziale che effettivamente determi-
na il processo. Questa equazione differenziale � la seguente: dl/dt=E-
kl e stabilisce che l'accrescimento � determinato da azioni contrarie
connesse all'anabolismo e al catabolismo, con parametri
rispettivamente dati da E e da k. In questa equazione il processo al
tempo t � unicamente determinato dalle condizioni effettive, e non
appare alcuno stato futuro. Eguagliando a zero, I* � definito da E/k.
La formula "teleologica " per il valore finale �, quindi, solo una
trasformazione dell'equazione differenziale che indica le condizioni
effettive. In altre parole, le direzionalit� dei processo verso uno
stato finale non � un processo distinto dalla causalit�, ma � una
diversa espressione di quest'ultima."

(Bertalanffy poi elenca i vari tipi di finalit� che occorre
distinguere: 1) teleologia statica (una distribuzione � utile per un
certo "scopo", ad esempio le capacit� mimetiche di certi animali) 2)
teleologia dinamica (si ha una certa direzionalit� dei processi, che
occorre distinguere i casi a) verso uno stato finale o b) se � una
direzionalit� basata sulla struttura, tipica di organi come il cuore,
che lavora in funzione di pompare il sangue, e di processi come
l'omeostasi o c) se � un caso di equifinalit�, ovvero uno stesso stato
finale pu� essere raggiunto mediante condizioni iniziali diverse e
seguendo differenti vie o infine d) il comportamento determinato dalla
preveggenza dello scopo futuro nel pensiero, presente nell'uomo e in
altri animali aventi un evoluto simbolismo del linguaggio e dei
concetti).

Volevo sapere perci� da voi cosa qualche approfondimento di queste
affermazioni di questo biologo degli anni '60 e degli sviluppi al
riguardo (ricordando che la sua era una teoria *generale* dei sistemi,
dunque non circoscritta all'ambito biologico) mi piacerebbe anche un
confronto con Monod, spesso citato anche lui in tali dibattiti.

Ciao.
Received on Sun Jun 24 2012 - 17:26:18 CEST

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