Infaticabile Tetis!
Non pensavo proprio di sollevare un simile vespaio!
La mia impressione � che l'argomento sia parecchio complesso, e che non
esista (ma forse mi sbaglio e basta cercare) un'organica trattazione di
questo tema, sul quale forse c'� ancora molto da chiarire.
Certo, la teoria, la ricerca e l'applicazione hanno fatto molti passi, dal
1909, nel campo dei fototubi, dei CCD, ecc, ma un'esplorazione pi�
approfondita, alla luce delle nuove conoscenze, sul pi� semplice tema
dell'impressione della lastra fotografica ad opera di singoli fotoni
emessi in successione mi pare non sia stata fatta, se non altro a livello
sperimentale. Voglio dire che noi qui ci stiamo rompendo la testa anche
per capire in quali condizioni operava Taylor, quando oggi si potrebbe
rifare il suo esperimento avendo sotto controllo tutti i dati, e potendo
rispondere cos� a tutte le domande che sono sorte nel corso di questo
dibattito.
Perch�, lo preciso, il mio non � un interesse storico, non mi interessa di
ricostruire il percorso di Taylor, ma capire veramente cosa succede quando
si manda un fotone alla volta su una lastra fotografica.
L'esperimento di Taylor � stato decisivo per contribuire agli sviiluppi
successivi della fisica, e non capisco perch� non si sia insistito
(perlomeno nella letteratura che si conosce non ve n'� traccia) con
esperimenti di quel tipo, concettualmente semplici, se vuoi, almeno
rispetto a quelli pi� recenti, che non so fino a che punto conglobino le
caratteristiche dell'approccio elementare, se � vero che ci � cos�
difficile enuclearlo.
Io credevo di avere alcune idee chiare, desunte soprattutto dalle
informazioni che ho avuto da Fabri, ma ora mi rendo conto che anche quel
poco � messo in discussione.
Questo dibattito mi pare fatto prevalentemente di domande a cui nessuno
sa rispondere: forse Fabri, se si degnasse...:-) visto che una volta se ne
occupava ad un certo livello.
L'ultima cosa che mi � stata messa in discussione l'ho trovata non in
questa tua risposta (che getta ulteriore carne al fuoco), ma in un'altra
risposta, che ho visto solo ieri in un thread che credevo abortito
("fotoni ed ottica", mi pare fosse il subject).
L�, rispndendo alla mia domanda:
> 3 - Infine si sono mai visti i famosi puntolini sulla lastra? Forse Taylor
> non li ha mai visti, ma in seguito sono stati fatti esperimenti (ribadisco
> quanto premesso: al livello elementare di quell'esperimento, no CCD, no
> fotorilevatori ecc) per distinguerli, magari al microscopio, uno ad uno,
> in una fase dell'esperimento in cui non si � ancora formata un'immagine
> "continua" (come quella vista da Taylor dopo mesi di esposizione) sulla
> lastra?
Indichi il link
http://wwwold.unict.it/dipchi/05Didattica/Corsionline/Coloranti/14_Fo...
Il quale riproduce una foto al microscopio elettronico di un grano di AgBr
(tra l'altro di una decina di micron di lato) ove si vedono le macchiette
scure dell'argento che ha subito l'azione dei fotoni arrivati.
La commenti cos�:
"In rete ho trovato immagini al microscopio elettronico di grani di
alogenuri
di argento che mostrano come il singolo grano pu� presentare pi� di un
"puntolino luminoso","
Ora, io ero convinto che i famosi "puntolini luminosi" (quelli che vengono
sempre citati, e spesso disegnati in figura, come per esempio anche nel
link di Taylor che a suo tempo ho indicato, ma che non so dire se qualcuno
ha mai visto) corrispondessero ai grani, fossero cio� null'altro gli
interi cristalli divenuti immagine latente prima dello sviluppo). Mi aveva
indotto a ritenerlo Fabri stesso, quando diceva che si pu� ingrandire il
dettaglio della lastra con un microscopio (avevo inteso "ottico") per
contare i "grani" impressionati e raffrontarli con i fotoni inviati per
determinare l'efficienza dell'apparato: quei singoli grani ciascuno dei
quali doveva ricevere non meno di 4 o 5 fotoni nell'arco di pochi minuti
per subire l'alterazione permanente.
Ora mi dici che i puntolini sono di un altro ordinedi grandezza, che in
pratica, se ho ben capito, corripondono ai siti reticolari, e che in un
grano ve ne possono essere decine di migliaia o pi�.
Io avevo capito (vedi il disegno illustrativo del mio link, cui sopra ho
accennato, con pochi, sei o sette, puntolini disegnati con grandi spazi
vuoti tra di essi) che, dopo un certo tempo di esposizione, prima che
tutta la lastra, dopo molto tempo risulti impressionata con continuit�, si
debbano distinguere le isolette impressionate circondate da spazi "vuoti"
in cui stanno i grani che non hanno subito ancora alcuna alterazione,
perch� non � stato innescato, per mezzo di una serie di fotoni arrivati in
successione in tempo utile, il processo che porta poi alla loro
alterazione chimico fisica, quale essa sia.
Tu mi fai immaginare ora i grani a contatto tra loro, ciascuno (cio� tutti
quelli della lastra, e fin da subito) quale pi�, quale meno, butterato di
puntini, senza che, apparentemente (a parte la polarizzazione dovuta al
campo elettrico che li sposta tutti da una parte, ed anche questo non l'ho
capito: ma sono liberi, nel cristallo, di muoversi?) vi sia soluzione di
continuit� dovuta al loro confine.
Che senso ha avuto, allora, fino ad ora, fare il calcolo di probabilit�,
dopo averne stabilito il numero, l'area ecc, che un singolo grano sia
investito da uno o pi� fotoni, se quel che conta sono, mi pare a questo
punto di capire, i siti reticolari, le lacune, le spigolosit�, i difetti
cristallini e chi pi� ne ha pi� ne metta?
In altre parole, dopo aver visto quella interessante foto, non riesco a
vedere quel cristallo (magari meno butterato di nero perch� ancora poco
esposto), confinare con cristalli ancora vergini, senza macchiette..
E tu?
Io spero che tu non ti ti scoraggi, se hai tempo, e continui la tua
ricerca.
Devo dire che faccio fatica a seguirti (sono completamente digiuno di
queste cose): sei proprio un "vulcano" come dicevi.
Spero sempre che le tue domnande siano trovate interessanti anche da
altri, pi� esperti di me, che possano aiutarti a trovare risposte...
Ciao e grazie
Luciano
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Received on Fri May 18 2007 - 14:33:44 CEST