Il 31 Mar 2007, 20:58, Elio Fabri <elio.fabri_at_tiscali.it> ha scritto:
> Tetis ha scritto:
> > :-))) eccetto che Newton non aveva idea n� di quanto impulso,
> > n� di quale massa fossero dotate queste sue particelle,
> Questo e' irrilevante: la deflessione dipende solo dalla velocita'.
A patto di saperla misurare la velocit�.
Da impulso e massa conseguirebbe la velocit�.
> > Infatti la sua ipotesi iniziale, prima della critica di Hooke, era che
> > la luce blu essendo pi� deflessa � pi� lenta della rossa che � meno
> > deflessa.
> Dovro' decidermi a leggere la "Opticks"...
Dubito che ci troveresti scritto alcunch� dell'ipotesi, perch�
nel tempo il suo obiettivo � quello di presentare solo ci� che
pu� essere fondato sulle osservazioni. Ed infatti nell'arco di
vent'anni ripulisce sistematicamente il contenuto dei suoi
taccuini in cui si avventura in ipotesi, per considerare solamente
leggi certe.
> Ma spiegami: riteneva che avessero velocita' diverse nel vuoto?
Semplicemente non lo esclude. Tuttavia nei primi taccuini scrive:
nota che raggi lentamente mossi sono rifratti pi� di quelli veloci.
Si capisce che pensasse al moto nel vuoto (o comunque in aria)
dal fatto che dice: "Pertanto il rosso, il giallo, etc. sono prodotti nei
corpi fermando i raggi lentamente mossi senza impedire di molto
il moto dei raggi pi� veloci (quindi si capisce anche che pensa che
il rosso sia pi� velocemente mosso del giallo) e l'azzurro, il verde
ed il porpora diminuendo il moto dei raggi pi� veloci e non di quelli
pi� lenti".
Ed ancora:
"Se le particelle in un corpo non hanno un potere elastico tanto grande
da mandare indietro l'intero moto di un raggio, allora quel corpo
pu� essere di colore pi� chiaro o pi� scuro a secondo che le
virt� elastiche delle parti di quel corpo siano maggiori o minori".
Poi prende in considerazione l'eventualit� che abbiano uguale
velocit� ma differente impeto:
"anche se due raggi fossero ugualmente veloci, tuttavia se un
raggio fosse minore dell'altro, quel raggio avr� tanto minore
effetto sul sensorio di quanto ha un moto minore degli altri..."
Quando scrive queste cose ha appena finito di leggere
Descartes, la cui lettura aveva intrapreso dopo aver perso
la speranza che Aristotele potessero dire qualcosa sulle
propriet� della luce piuttosto che sulle propriet� sensibili dei
corpi illuminati. E' ancora
immerso nell'atmosfera dell'accademia inglese del tempo e
non ha completato gli studi, n� intrapreso lo studio osservativo
dell'astronomia, che � il suo obiettivo in quel momento.
Si interessa di ottica per lo scopo di studiare il moto dei pianeti.
Quando, qualche tempo pi� tardi tiene il suo corso di ottica
fa un elenco accurato di esperimenti, di ipotesi sul possibile
comportamento obiettivo della luce, di volta in volta queste
ipotesi, vengono convalidate o smentite a suon di fatti. Solo
in seguito torna ad interessarsi della natura ultima dei raggi
di luce e lo fa in una serie di confronti dialettici con Hooke,
Pardies e con lo stesso Huyghens, ben disposto a rivedere
del tutto le sue ipotesi iniziali. Pardies gli propone per la prima
volta il fenomeno della diffrazione, osservato da Grimaldi,
e la sua interpretazione in termini ondulatori, e Newton obietta
che secondo l'ipotesi cartesiana secondo cui la luce � composta
di globuli la diffrazione potrebbe essere spiegata come viene spiegata
la forma allargata della coda di una cometa, ovvero per effetto della
pressione dei globuli.
Poi fa una celeberrima dichiarazione costitutiva circa il
metodo del filosofare: " deve essere notato
che la dottrina che ho esposto sulla rifrazione e sui colori
consiste soltanto in certe propriet� della luce, trascurando le
ipotesi mediante cui si devono spiegare quelle propriet�.
Il modo migliore e pi� sicuro di filosofare, infatti, sembra
essere, in primo luogo, quello di ricercare con accuratezza le
propriet� delle cose e di stabilirle mediante esperimenti, e
quindi, in seguito, di rivolgersi alle ipotesi per la loro spiegazione.
Infatti le ipotesi si devono soltanto applicare alla spiegazione delle
propriet� delle cose, e non usarle per determinarle, se non in
quanto possano offrire a conferma degli esperimenti ".
In seguito, quando si volger� allo studio dell'Apocalisse
si appogger� esattamente, cambiando ci� che deve essere
cambiato, alla stessa indole metodologica, finendo
per elencare una serie di corrispondenze
fra gli eventi della storia e le metafore dell'Apocalisse, determinate
per via dell'applicazione di regole prestabilite, abolendo la
parola ipotesi, in quanto non si d� il caso che l'esistenza di
dio possa essere ritenuta come una mera ipotesi, e trattando
il testo sacro non alla stregua di una ipotesi, ma di un fatto storico,
quale deve essere una verit� rivelata. Si tratta di una distinzione di
ambiti che sembra gestire
senza imbattersi in conflitti, per quanto dopo l'indigestione di
mercurio avesse smesso di dedicarsi agli esperimenti, dichiarando
una certa stanchezza, per rivolgersi allo studio della matematica e
della teologia.
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> --
> Elio Fabri
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Received on Tue Apr 03 2007 - 22:47:09 CEST