Galileo, metodo controinduttivo e Feyerabend

From: Paolo Brini <paolo.brini_at_iridiumpg.cancellacom>
Date: Mon, 02 Apr 2007 10:44:54 +0200

Elio Fabri ha scritto:

> 1. Che Galileo non conoscesse la teria del cannocchiale e' pacifico,
> ed e' anche pacifico che quando dice il contrario bara. Ma questa
> secondo me e' una vanteria che gli serve soprattutto per acquistare
> meriti rispetto al Senato veneziano, che infatti gli aumento'
> sostanziosamente lo stipendio.

Ciao Elio,

e fin qui io, te e Feyerabend siamo tutti d'accordo (PKF quantifica
anche l'aumento di stipendio che citi).

> Invece per le applicazioni serie che nefa, la conoscenza o
> non conoscenza della teoria e' irrilevante, e sul'attendibilita' delle
> sue osservazioni non ho dubbi: in parte l'ho gia' scritto ieri.
>
> 2. F. si sofferma parecchio sull'obiezione derivante dal divario tra
> le variazioni di grandenzza di Marte e Venere come si dovrebbero
> vedere se Copernico avesse ragione, e quello che "realmente" si vede.
> Riporta citazioni di G., il quale sembra confessare che i dati di
> osservazione mostra che il sistema copernicano e' falso.
>
> Stranamente pero' dimentica di ricordare che nelle stesse pagine del
> "Dialogo", G. dopo avere (a scopo retorico, ovviamente) dichiarato
> falso il sistema copernicano, aggiunge:
>
> "dico che le due prime non solmanete non contrariano al sistema
> Copernicano, ma grandemente ed assolutamente lo favoriscono; perche'e
> amrte e Venere si mostrano diseguali a se stessi, secondo le
> propozioni asegnate, e Venere sotto il Sole si mostra falcata, e va
> puntualmente mutando sue figure nello stesso modo che fa la Luna."
> (pag. 363 ed. naz.)

Vorrei ora portare ulteriori argomenti a favore della descrizione di
Feyerabend concernente il metodo controinduttivo e le motivazioni per
cui razionalmente non si poteva propendere a favore del sistema
copernicano sulla sola base delle osservazioni effettuate con il
cannocchiale, e quindi di come Galileo avesse bisogno di far passare
evidenze falsificanti come evidenze a favore, ed evidenze non conclusive
come evidenze decisive. Porter� anche esempi su come alcune osservazioni
cruciali di Galileo, contrariamente a quanto dici, non risultano
attendibili. Il messaggio � necessariamente lungo anche perch� concentra
risposte a molti altri messaggi.

Analizziamo il caso delle osservazioni di Marte e Venere, come proponi.
Alcune premesse e citazioni sono riportate per comodit� di altri
lettori, e mi rendo conto che sono del tutto superflue per te.

Il personaggio Salviati, nel "Dialogo sopra i due massimi sistemi del
mondo tolemaico e copernicano" (1632), alla domanda di Simplicio "Ma da
che argumentate voi che non la Terra, ma il Sole, sia nel centro delle
conversioni de' pianeti?"

risponde (a meno di errori di battitura di cui eventualmente mi scuso):

"Concludesi da evidentissime, e perci� necessariamente concludenti,
osservazioni: delle quali le pi� palpabili, per escluder la Terra da
cotal centro e collocarvi il Sole, sono il ritrovarsi tutti i pianeti
ora pi� vicini ed ora pi� lontani dalla Terra, con differenze tanto
grandi, che, verbigrazia, Venere lontanissima si trova sei volte pi�
remota da noi che quando ell'� vicinissima, e Marte si inalza quasi otto
volte pi� in uno che nell'altro stato [...] questo avvicinamento ed
allontanamento importa tanto, che Marte vicino si vede ben 60 volte
maggiore che quando � lontanissimo [...] e ella [Venere] si mostri in
un tempo quasi 40 volte maggiore che in altro tempo, cio� grandissima
quando, sendo retrograda, va alla congiunzion vespertina del Sole, e
piccolissima quando con movimento diretto va alla congiunzion mattutina".

Innanzi tutto la valutazione qualitativa nelle primissime frasi citate
di Galileo/Salviati mostra un trucco di distorsione della teoria rivale:
assumere che la teoria tolemaica non preveda variazioni di distanza
della Terra da Marte e da Venere paragonabili a quelle previste dal
sistema copernicano. Tolomeo, invece, nella sua "Sintassi Matematica",
nota come "Almagesto" nel Medio Evo, allora testo fondamentale per
qualsiasi studioso di astronomia, fornisce due parametri per ogni
pianeta (raggio del deferente e raggio degli epicicli), lasciando
l'attribuzione dei valori numerici corretti ai posteri, in quanto al suo
tempo (II secolo d.C.) non esistevano strumenti per poterli calcolare.
L'astronomo evita di lanciarsi in speculazioni, lasciando il sistema
indeterminato a meno di un fattore di proporzionalit� (volendo anche
diverso per ogni pianeta).

Tuttavia Tolomeo � in grado di calcolare il rapporto fra i raggi per
tutti i pianeti e per la Luna. In particolare:

Marte 60.00, 39.50
Venere 60.00, 43.16

Considerando, con le conoscenze attuali, la distanza media dal Sole dei
suddetti pianeti (rispettivamente 1.52 UA e 0.72 UA) notiamo innanzi
tutto per curiosit� l'accuratezza dei calcoli di Tolomeo
(39.50/60.00=1.52 e 43.16/60.00=0.72 sempre con approssimazione alla
seconda cifra decimale). (Si tenga conto che questo discorso � valido
finch� relativizziamo l'Unit� Astronomica; se andiamo a considerarla nel
suo valore assoluto, Copernico era in errore (di sottostima) di circa un
fattore 20, cosi come era in errore Tolomeo dello stesso fattore).

Questo, ovviamente, � dovuto al fatto che il sistema copernicano �
compatibile con il sistema tolemaico quando si fissino uguali a 1 i
raggi degli epicicli dei pianeti esterni, e uguali a 1 i raggi dei
deferenti dei pianeti interni; inoltre, ipotizzando semplicemente che i
pianeti mantengano una distanza media costante dal Sole (ipotesi
legittima, in quanto la negazione di essa � incompatibile con gli
assunti del sistema tolemaico), il sistema copernicano, magari a
sorpresa per noi ma non certo per Copernico o per Galileo, risulta un
caso particolare di quello tolemaico.

Il calcolo del rapporto fra la distanza massima e minima, che
interessava Galileo, una volta noto, come era noto fin da Tolomeo, il
rapporto fra i raggi, risulta elementare (come rapporto fra distanza
massima D e distanza minima d) ed � 6.14 per Venere e 4.84 per Marte:

D/d=(rd+re)/(rd-re)=((1+(re/rd))/((1-(re/rd)),

dove con re si indica raggio dell'epiciclo, e rd raggio del deferente,

in ovvio accordo totale con la teoria copernicana e a meno di fattori
correttivi (introdotti sia da Copernico che da Tolomeo) per render conto
del fatto che le orbite sono eccentriche e che il Sole per Copernico (o
la Terra per Tolomeo) non ne occupano il centro.

Galileo si trova quindi di fronte, e ne � perfettamente consapevole,
alla difficile situazione per la quale la falsificazione del sistema
tolemaico implica la falsificazione di quello copernicano; inoltre le
previsioni delle variazioni di distanza dalla Terra di Marte e Venere
sono le stesse sia per Tolomeo che per Copernico... volendo, per le
motivazioni gi� discusse da Feyerabend, usare quelle evidenze
*simultaneamente* per falsificare Tolomeo e supportare Copernico,
Galileo distorce il sistema tolemaico contando sull'ignoranza del
proprio pubblico di lettori e allo stesso tempo bada bene a trattare con
superficialit� disarmante in ogni sua opera il sistema tolemaico.


Passiamo ora alle considerazioni nel resto delle affermazioni citate di
Salviati/Galileo. Dai calcoli di cui sopra, i due sistemi prevedono la
variazione fra massima e minima distanza dalla Terra della superficie
apparente di Marte e Venere di circa, rispettivamente, 44 e 38 volte.
Galileo dichiara il valore 60 per Marte e 40 per Venere. In primo luogo
l'errore su Marte � strumentale a Galileo per enfatizzare agli occhi dei
suoi lettori una variazione grande. Tale evidenza sperimentale
falsificherebbe sia il sistema tolemaico che quello copernicano, ma
Galileo la usa per falsificare, si, quello tolemaico, ma
(incredibilmente, se non si fosse letto Feyerabend) al contrario per
supportare quello copernicano. L'osservazione su Venere, che invece �
consistente con entrambi i sistemi, viene usata allo stesso modo. Quindi
Galileo sa benissimo di avere fra le mani evidenze non solo non
conclusive a favore, ma addirittura falsificanti il sistema copernicano
ANCORA NEL 1632. Pertanto Feyerabend � stato FIN TROPPO PRUDENTE nella
sua analisi del 1971, ed � giunto a queste conclusioni senza nemmeno
aver bisogno di arrivare al 1632. L'eventuale pecca di PKF � stata
quella di sovrastimare la preparazione dei suoi lettori, in particolare
la conoscenza del sistema tolemaico: oggigiorno non � infrequente
trovare diffusa la credenza errata, in diverse parti del mondo, quasi
fosse una "leggenda urbana", secondo la quale, per Tolomeo, i pianeti
variano la loro distanza dalla Terra in misura molto minore di quanto
previsto dalla teoria di Copernico (leggenda alimentata anche da analisi
storiche che prendono la stessa "cantonata").

Veniamo infine alla raccolta di questi dati. Innanzi tutto varie analisi
storiche e scientifiche mostrano che Galileo doveva sicuramente avere un
cannocchiale capace di 20 ingrandimenti. E' inoltre probabile che
successivamente disponesse di esemplari capaci di 25 ingrandimenti,
forse anche 30 prima del 1630. Sappiamo anche per certo che il
micrometro a filo venne applicato (anche) agli strumenti ottici solo
dopo la morte di Galileo, e che Galileo al massimo disponeva di un
reticolo con precisione al millimetro.

Sappiamo anche che i cannocchiali dovevano avere dei difetti di
fabbricazione che portavano a problemi ottici (per es., cfr. le mappe
completamente irrealistiche della Luna disegnate da Galileo e le sue
strane affermazioni sul bordo e sulla superficie della Luna stessa, come
fa notare anche Feyerabend).

Orbene, considerando di osservare Marte (raggio reale circa 3370 km)
nella situazione pi� favorevole possibile, cio� al minimo delle distanze
minime dalla Terra negli ultimi secoli (5.5*10^7 km circa), esso appare
(a occhio nudo) sotto un angolo di 24" di arco, che diventano 8' di arco
con un cannocchiale da 20 ingrandimenti idealmente privo di qualsivoglia
difetto. Il che � equivalente a vedere un disco di (circa) un millimetro
di diametro a 0.5 m di distanza (un grado � l'angolo che viene compreso
da 1 cm posto a 50 cm di distanza). Quand'anche i cannocchiali di
Galileo, per assurdo, fossero stati del tutto esenti da difetti, �
umanamente impossibile poter discernere da mezzo metro di distanza
variazioni di 1/8 di millimetro (l'8 citato � per rendere conto della
variazione di Marte riportata da Galileo), sia con oculari graduati al
millimetro, sia con espedienti vari. Se poi ci aggiungiamo le normali
difficolt� di osservazione, la stima della qualit� costruttiva dei
cannocchiali del 600, e il caso sfavorevole (massima distanza di Marte
dalla Terra, per il confronto in questione) tale capacit� di
discernimento � del tutto inverosimile. L'inverosimiglianza rimane, nella
sostanza, anche andando a considerare (se davvero li aveva) cannocchiali
da 30 ingrandimenti.

Se Galileo per� operava con metodo controinduttivo, come dimostra anche
per altre vie Feyerabend, sapeva a priori almeno l'ordine di grandezza
che doveva dichiarare di aver visto; combinando le aspettative teoriche
con le osservazioni reali, poteva dichiarare risultati coerenti,
manipolando sia le osservazioni sia le teorie quel tanto che bastava per
poter far credere che le sue evidenze confutavano Tolomeo ma
supportavano Copernico. E in questo forse si sentiva legittimato per il
senso di grandiosit� derivante dalla orgogliosa consapevolezza di
essere, lui, per primo, quello capace di osservare e "ampliare" il cielo
pi� di quanto avessero potuto fare "i sapienti di tutti i secoli
passati" (lettera a Diodati, in un contesto molto pi� triste, gennaio 1638).

> Dopo di che passa a spiegare com possa accadere che all'occhio nudo le
> "grandezze" di un astro riescano cosi' grandemente falsate.
> In questa spiegazione non entra nessuna toeria ne' del cannochhiale
> nel delle "refrazioni" in generale, ma solo considerazioni
> ragionevoli, un _modello_, direi con linguagio moderno, delle
> imperfezioni dell'occhio.

Galileo fornisce dei dati influenzati dalle attese teoriche, e dove
invece non ha a disposizione attese teoriche talvolta prende cantonate
(di nuovo il caso della Luna). Quindi mi sembra che questo modello delle
imperfezioni dell'occhio fallisca sperimentalmente in almeno un paio di
casi (superficie Luna, bordo Luna) e non possa essere usato per dare la
giustificazione generalizzata di cui sopra. La risposta invece di PKF �
molto pi� articolata e completa e considera queste cantonate solo una
parte del problema (vedi sotto).

> Dunque G. non si limita a sostituire dei dati di osservazioni
> favorevoli a Copernico ad altri sfavorevoli, come sotiene F.: da'
> anche una spiegazione del perche' la sostituzione sia giustificata.
> Se F. avesse criticato l'argomentazione di G., lo si potrebbe prendere
> sul serio; ma visto come si comporta, e' evidente che e' lui che
> aggiusta i "dati di osservazione" (in questo caso gli scritti di G.)
> per farli tornare a vantaggio della sua tesi.

Lo fa, nell'Appendice 2, in risposta alle critiche di Machamer (che sono
in alcune parti sostanzialmente le tue), vedi in particolare pagg. 97,
98 e 99 ed. it. di "Contro il metodo". L'Appendice 2 ovviamente (essendo
una risposta a Machamer) non era presente nella prima edizione originale.

Ciao,

Paolo
Received on Mon Apr 02 2007 - 10:44:54 CEST

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