luciano buggio ha scritto:
> Ho due domande.
> 1 - Qual'�, usando la terminologia del fotomoltiplicatore da te citato
> nel punto 2, l'efficienza di questo dispositivo, cio� la probabilit�
> che il grano si formi (e sia quindi osservabile)?: � del 100 per
> cento?
Tutt'altro! Per quello che posso ricordare siamo attorno all'1%.
> Se l'efficienza � assoluta, come ritengo, o comunque pi� alta di
> quella dei fotorilevatori ad elettroni, perch� non ricorrere a questo
> metodo di conteggio negli esperimenti a debole emissione, evitando gli
> imbarazzanti problemi che pone la bassissima efficienza dei rilevatori
> classicamente usati?
Non mi risulta che l'efficientza dei fotomoltiplicatori sia "bassissima".
Non ti saprei dire quant'e', ma e' certo molto superiore a quella
delle emulsioni fotografiche.
Il grande vantaggio di quest'ultime non stava nell'efficienza, ma
nella risoluzione.
Oggi pero' la situazione si e' capovolta, e in pratica l'enulsione
fotografica si avvia a diventare un relitto storico.
In campo scientifico sopravvive forse per le foto a grande campo, dove
rivelatori CCD con equivalente numero di pixel hanno costi ancora
proibitivi.
Credo... Non sono molto aggiornato, pero'.
> 2 - Come avviene che l'impatto di un singolo fotone sul materiale
> della lastra fotografica produca un'alterazione (chimica, credo)
> dell'ordine di grandezza del grano visibile al microscopio, molto
> superiore, quindi, rispetto a quello atomico, al quale, mi risulta,
> avvenga, e l� sia limitata (ma forse mi sbaglio), l'interazione con la
> materia, nel senso che un fotone eccita un atomo, il quale poi si
> diseccita emettendo un altro fotone. Avviene anche qui una "cascata",
> fotonica anzich� elettronica, che coinvolge la regione circostante per
> un ampio raggio? Ed allora, se cos� fosse, per una specie di effetto
> domino in poco tempo tuta la lastra non resterebbe impressionata in
> seguito all'impatto di un unico fotone? Ma forse la lastra consiste
> preventivamente di "grani" in qualche modo isolati tra loro. Ciascuno
> dei quali subisce l'alterazione chimica in seguito all'impatto di un
> singolo fotone? E' cos�?
In sostanza, vorresti un breve corso sul processo fotografico :-)
Qualcosa ne so, perche ne n'ero occupato intorno a 30 anni fa, ma non
e' roba semplice...
Certamente l'emulsione fotografica e' una gelatina (trasparente) in cui
sono sospesi microcristalli di materiale fotosensibile (tipicamente,
AgBr). Questi microcristalli possono misurare qualche micron.
Un fotone che colpisca un microcristallo ne strappa un elettrone
(effetto fotoelettrico).
Per ragioni che non so, un singolo evento come questo non ha effetto:
l'elttrone perduto viene recuperato, Occorre l "cospirazione" dipiu'
fotoni, diciamo 4 o 5: allora si forma nel cristallo una
concentrazione stabile di ioni Ag+, la cosiddetta "immagine latente".
Questa puo' sopravvivere anche qualche anno, ma occorre comunque un
passo successivo di natura chomica per rendere visibile la vera
immagine.
Il passo chimico consiste nell'azione di un riducente (lo sviluppo)
che agisce solo sui cristalli sensibilizzati come sopra, e li
trasforma in "grumi" di Ag metallico. Sono questi i "granelli" che
vedi al microscopiose osservi un negativo sviluppato.
Il gioco chimico e' delicato, perche' anche i cristalli non
sensibilizzati possono essere attaccati dallo sviluppo, se gli si da'
tempo: per questa ragione lo sviluppo del negativo deve essere
accuratamente controllato in tempo e temperatura. (Queste cose le ho
fatte, quindi so di che cosa parlo :-) )
Il risultato finale e' comunque che ochi fotoni producono un granello
microscopico, che insieme a tanti altri produce l'immagine
macroscopicamente visibile.
--
Elio Fabri
Received on Sat Mar 24 2007 - 21:11:06 CET