Re: Basi del calcolo delle probabilità

From: Valter Moretti <vmoretti2_at_hotmail.com>
Date: 17 Dec 2006 05:10:13 -0800

> Forse non riesco a spiegarmi bene, ma a mio parere insistere su questa
> idea di una "diversa" probabilita', specie con chi non e' addentro
> alle cose, mi sembra che rischi piu' che altro di confondere le idee.
> Trovo piu' utile mettere subito in chiaro che la struttura base in
> m.q. sono ampiezze, prodotti scalari, elementi di matrice, o come
> preferisci: le probabilita' non sono oggetti primari (stavo per
> scrivere "primitivi").
>
> Peccato che tu non abbia tempo, ma c'e' poco da fare...
>

Ciao, oggi � domenica � qualche minuto libero ce l'ho :-)
Capisco quello che vuoi dire.
Per� la persona che ha fatto la domanda ha intuito qualcosa di
interessante e, visto tutto quello che si � detto in letteratura,
sarebbe stato veramente "immorale" dirgli che tutto � OK e il probelma
posto � falso, ovvio o facilmente risolvibile, dato che ci sono vari
punti di vista proprio su quell'argomento a livello di fondazione della
MQ. *Certo se avessi saputo che era uno studente di scuola superiore,
e non uno studente di universit� che si facesse delle domande su
quello che aveva da poco appreso, avrei detto cose ben diverse*.
Dal punto di vista didattico mi pare di essere d'accordo con te: e'
vero che quando si impara la MQ, � meglio vederla come dici tu ed �
anche vero che l'uso di misure di probabilit� generalizzate non �
_obbligatorio_ per formulare la MQ.
Per�, andando avanti, specie se uno si occupa di fondamenti, ma anche
di teoria della misurazione quantistica oppure di sviluppi ulteriori
della MQ, fissarsi con gli strumenti che si usano nella una
formulazione elementare, invece di mirare alla struttura fondamentale
nel modo pi� sintetico possibile, mi pare un p� troppo riduttivo.
C'� un altro motivo, un p� pi� didattico, per cui l'approccio che ho
citato mi � piaciuto subito (in pratica l'ho riscoperto in gran parte
da solo cercando di sistemare, per uso personale, le idee fondamentali
della MQ).
Quando ero studente, lo scoglio maggiore che incontrai e che
incontrarono i miei colleghi, fu quello della nozione di osservabile
data da un operatore autoaggiunto: era troppo astratto e troppo "ad
hoc". Si tratta di una nozione apparentemente molto distante dalla
nozione di grandezza osservabile in fisica classica. Invece non �
cosi, se si guarda la cosa dal punto di vista delle misure di
probabilit�. Dal punto di vista classico le proposizioni elementari
sono una classe di insiemi (per esempio di Borel) sullo spazio delle
fasi: ogni proposizione caratterizza un insieme sul quale � verificata
(all'istante considerato). Se e solo se lo stato del sistema a
quell'istante � nell'insieme, allora la proposizione � verificata...
poi le proprosizioni si compongono con i connettivi che corrispondono
alle operazioni tra insiemi e tutto questo � naturale e converge verso
la nozione di sigma algebra.
Gli stati sono quindi misure di probabilit� di Dirac sullo spazio
delle fasi. Per fare la meccanica statistica basta sostituire queste
misure di Dirac con misure date da densit� di Liouville...
Le osservabili classiche sono funzioni (abbastanza regolari: continue
o, pi� debolmente misurabili) dallo spazio delle fasi F a R. Si vede
facilmente che ogni funzione f : F -> R del tipo detto � in
corrispondenza biunivoca con la classe degli insiemi di F

E_{[a,b)} = f^{-1}([a,b))

cio� alla classe di proposizioni

"la misura di X cade nell'intervallo [a,b)" al variare di tutti gli
intervalli.

Ognuna di queste classi ricostruisce biunivocamente la funzione f: F
-> R con una specie di integrazione... La stessa cosa accade il MQ,
solo che ora la funzione f risulta essere un operatore autoaggiunto e
la procedura per costruire f � ora il teorema spettrale... non entro
nei dettagli, ma sono relativamente semplici (si possono illustrare
banalmente agli studenti nel caso finitodimensionale)...

Ciao, Valter
Received on Sun Dec 17 2006 - 14:10:13 CET

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