Re: La velocita' della luce

From: Bruno Cocciaro <b.cocciaro_at_comeg.it>
Date: Tue, 5 Dec 2006 13:59:25 +0100

"Magister P.N." <magisterpn_at_yahoo.it> wrote in message
news:1165269268.876882.117300_at_73g2000cwn.googlegroups.com...
> Bruno Cocciaro ha scritto:
> > Abbiamo due orologi, uno nell'origine (0,0,0) (chiamiamo O0 tale
orologio),
> > e uno nel punto nel punto (d,0,0) (chiamiamo Od tale orologio). I due
> > orologi sono stati sincronizzati nella maniera usuale. All'istante tin,
> > cioe' quando O0 segna tin, un segnale S parta dal punto (0,0,0). Tale
> > segnale arrivera' nel punto (d,0,0) all'istante tfin, cioe' quando Od
segna
> > tfin. Quello che chiamiamo v e', come sappiamo tutti, il rapporto
> > d/(tfin-tin).
>
> Mi sfugge il tuo ragionamento. Se gli orologi sono sincronizzati, e non
> sono in moto relativo l'uno rispetto all'altro, segnano sempre lo
> stesso orario.
> Cioe' quando il segnale parte da (0,0,0) entrambi segnano l'istante
> tin, e di nuovo entrambi segnano tfin all'arrivo del segnale in
> (d,0,0).

Quello che tu dici sopra e' un ottimo esempio di come veniva trattato il
tempo prima della relativita'.
Reichenbach sottolinea che il seme (la "base logica") che da' luogo alla
nascita della relativita' e' proprio la presa di coscienza da parte di
Einstein della fallacia di proposizioni come quelle appena esposte (a ben
vedere si dovrebbe forse dire "presa di coscienza da parte di Einstein e
Poincare'", con, a seconda dei gusti, uno dei due nomi messo prima
dell'altro). Reichenbach lo dice in diversi scritti, uno dei piu' famosi e'
il saggio che presenta per il volume curato da Schilpp "Albert Einstein:
Philosopher-Scientist" (1949), pubblicato in occasione del 70esimo
compleanno dello stesso Einstein. Il volume e' stato pubblicato in
traduzione italiana dalla einaudi nel 1958, volume che e' ormai fuori
commercio; una versione ridotta (che pero' contiene il saggio di
Reichenbach) e' stata pubblicata dalla Boringhieri nel 1979 con il titolo
"Autobiografia scientifica". Dice Reichenbach (tratto dal volume della
Boringhieri, pagg. 181-182):

"La base logica della teoria della relativita' e' la scoperta che molte
affermazioni, la cui verita' o falsita' si riteneva dimostrabile, non sono
che semplici definizioni convenzionali"
[...]
"Le definizioni convenzionali utilizzate per la costruzione dello spazio e
del tempo sono di tipo particolare: sono definizioni coordinative. In altre
parole, esse sono date dalla coordinazione di un oggetto o processo fisico a
qualche concetto fondamentale. Per esempio il concetto di "lunghezza uguale"
e' definito con riferimento a un oggetto fisico, un regolo rigido, il cui
trasporto stabilisce le distanza uguali. Il concetto di "simultaneita'" e'
definito mediante l'impiego di raggi luminosi che si muovono su distanze
uguali."

In altri termini, dicendo
"Quando parte il segnale da (0,0,0) *entrambi* gli orologi segnano lo stesso
istante"
si dice una cosa che, se non viene supportata dalla sottolineatura di quale
e' stato il processo di sincronizzazione, e' *priva di senso fisico*, cioe'
non ha alcun senso.
E, quando anche venisse ricordato il processo di sincronizzazione scelto,
permarrebbe comunque vero che il confronto fra gli istanti segnati da
orologi lontani non ha senso fisico in quanto dipendente dalla scelta fatta
nel processo di sincronizzazione.
Sta proprio qua il nocciolo della tesi sostenuta dai fautori della
convenzionalita' della simultaneita'. Ed e' proprio questo il punto che non
viene accettato dai non convenzionalisti. Mia opinione e' che le tesi degli
anticonvenzionalisti siano inevitabilmente destinate a scomparire, per
quanto non sia ancora universalmente riconosciuta la inattaccabilita' delle
tesi dei convenzionalisti.

> Anche supponendo che l'orario segnato sia diverso (come nel caso del
> volo Australia-Roma), quello che e' importante e' che Dt = (tfin - tin)
> sara' uguale per entrambi gli orologi.
>
> E fin qui non abbiamo toccato la relativita' speciale.

No, no, l'abbiamo toccata eccome!!! Abbiamo toccato la sua "base logica".
Tfin e' l'istante segnato dall'orologio fisso nell'aereoporto romano
nell'istante in cui arriva l'aereo; tin e' l'istante segnato dall'orologio
fisso nell'aereoporto australiano nel momento in cui l'aereo parte
dall'Australia. Tfin-tin *non e'* un intervallo di tempo avente un qualche
significato fisico. Ad esempio basterebbe che l'Italia assumesse l'ora
legale proprio mentre l'aereo e' in volo e l'intervallo tfin-tin
risulterebbe piu' lungo di un'ora rispetto a quanto sarebbe se in Italia
fosse rimasta l'ora solare. Cioe', basterebbe scegliere una sincronizzazione
diversa e l'intervallo tfin-tin cambierebbe. Secondo il mio punto di vista,
e' assolutamente ovvio che tfin-tin *non ha* alcun significato fisico, il
che e' come dire che e' assolutamente ovvio che le tesi degli
anticonvenzionalisti sono insostenibili.
Prendere coscienza di tale "ovvieta'" (che diventa tale solo dopo che
qualcuno ce la mostra; prima dell'attacco di Einstein-Poincare', e della
sottolineatura di Reichenbach, il concetto di tempo "classico" era talmente
radicato in noi che non riuscivamo a vedere quella cosa "ovvia") e', a detta
di Reichenbach, la "base logica" della relativita'. E' talmente vero che il
concetto di tempo "classico" e' radicato in noi, che gli stessi Einstein e
Reichenbach, pur avendo messo in luce il carattere convenzionale della
simultaneita', cadranno in errori dovuti proprio al fatto che il concetto di
tempo "classico" torna inevitabilmente a "fare capolino", se non facciamo
attenzione a trattarlo per quello che e'.

> Ora, se diamo per buone le trasformazioni di Lorentz, c e' una
> velocita' limite, nel senso che se esiste un riferimento inerziale (RI)
> in cui un oggetto X e' fermo, in tutti i RI l'oggetto X avra' velocita'
> inferiore a c. Se invece l'oggetto X si muove a velocita' c in un RI,
> allora si muove a velocita' c in tutti i RI.

Ok, diamo per buone le trasformazioni di Lorentz (nel senso che, assumendo
la sincronizzazione standard, le trasformazioni avranno quella forma) e c
sara' una velocita' limite per i corpi macroscopici rigidi, cioe', ad
esempio, per gli orologi. Come dicevo in altri post, particolarmente
nell'ultimo (che probabilmente e' apparso dopo che tu avevi spedito il tuo),
in cui commento alcuni passi di Penrose, c non e' una velocita' limite per
un qualsiasi tipo di segnale.

> Poi c'e' il discorso dei tachioni, su cui in realta' non mi sono mai
> soffermato; comunque, ipotizzando la loro esistenza, da un punto di
> vista puramente cinematico non potrebbero mai essere misurati a
> velocita' inferiori a c.

Ho gia' detto in un precedente post in risposta a marcofuics (anche questo
pubblicato probabilmente dopo che tu avevi spedito il tuo) come, secondo il
mio parere, si dovrebbe fare per rivelare i tachioni. O meglio, li' ho detto
dove ho spiegato la cosa (arxiv, autore cocciaro).

> > Se cio' avvenisse si avrebbe il seguente paradosso:
> > 1) quando O0 segna tin partono da (0,0,0) i due segnali;
>
> Per comodita', visto che i due orologi sono sincronizzati (come detto
> sopra), ne usiamo uno solo, poniamo tin=0. Inoltre, dato che stai
> supponendo che non esista una velocita' limite, ignoriamo per il
> momento la cornice relativistica.

Come detto sopra, secondo il mio punto di vista (che io non riesco proprio a
vedere dove potrebbe essere attaccato, comunque sarei ben felice di entrare
nel merito della questione con te o con chiunque altro fosse interessato) la
relativita' *non vieta* l'esistenza di segnali superluminali, quindi
ipotizzare la loro esistenza *non significa* porsi al di fuori della
"cornice relativistica".
Inoltre "usare un solo orologio" direi che sia pressoche' impossibile. Lo
"strumento" spazio-tempo ci sta a dire proprio che *non possiamo* utilizzare
un solo orologio: abbiamo bisogno di tanti orologi fissi ciascuno in un
diverso punto del nostro riferimento. Quando l'aereo arriva a Roma si guarda
l'orologio di Roma segnare l'istante tfin e *non si puo' dire*: "Proprio
adesso l'orologio australiano sta segnando l'istante tfin". Tale
proposizione e' priva di senso.

> Al tempo 0 partono un segnale L a velocita' c, un segnale S a velocita'
> v arbitraria
>
> > 2) L arriva quando Od segna tin+d/c, S arriva quando Od segna un istante
> > tfin<tin+d/c-2d/c=tin-d/c;
>
> A questo punto, il tempo di percorrenza di L e' d/c , il tempo di
> percorrenza di S e' T = d/v
> Per ipotesi, se S arriva prima di L, deve essere T < d/c.
> E la cosa finisce qui. Non riesco a capire da dove salta fuori
> quell'addendo -2d/c.

Il punto e' che quello che tu chiami "tempo di percorrenza" e' privo di
senso. La "base logica" della relativita' sta proprio nel prendere coscienza
di cio'. d/c e' semplicemente la differenza fra l'istante segnato da Od nel
momento in cui, in (d,0,0), si riceve L (tale istante vale tin+d/c), e
l'istante segnato da O0 nel momento in cui, in (0,0,0), si emette L (tale
istante vale tin). Tale differenza e' priva di senso fisico in quanto e'
quella che e' perche' noi *abbiamo deciso* di farla essere cosi' quando
abbiamo sincronizzato gli orologi.
L'addendo -2d/c salta fuori in quanto, se in (d,0,0) il segnale S venisse
ricevuto nel momento in cui Od segna l'istante tfin<tin-2d/c, allora si
avrebbe il paradosso causale che mostravo nel seguito del post al quale hai
risposto (questo nell'ipotesi che siano valide le assunzioni della
relativita', in particolare che sia valido il fatto che, una volta
sincronizzati gli orologi, la misura di velocita' one-way della luce dara'
sempre lo stesso risultato).

> Ciao
> R.

Ciao.
-- 
Bruno Cocciaro
--- Li portammo sull'orlo del baratro e ordinammo loro di volare.
--- Resistevano. Volate, dicemmo. Continuavano a opporre resistenza.
--- Li spingemmo oltre il bordo. E volarono. (G. Apollinaire)
Received on Tue Dec 05 2006 - 13:59:25 CET

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