Giorgio Pastore ha scritto:
> Credo che preliminamente ad ogni ulteriore discussione dovreste
> chiarire meglio il significato dei termini.
Su questo _molto astrattamente_ non si puo' che essere d'accordo...
Pero' vedi dopo.
> Se non sbaglio quella che Elio chiama trasf. canonica � un caso
> particolare di quella cui fa riferimento giovanna.velanti.
Ne dubito...
> Se non ricordo male in letteratura si distingue tra tr. canoniche
> (quelle di giovanna) e quelle completamente canoniche o "canoniche
> univalenti" (quelle di Elio).
Confesso di non aver mai visto l'accezione di tr. canoniche che dici.
Riprendo l'argomento piu' sotto.
Tetis ha scritto:
> A tal proposito Arnold segnala che questo modo di definire le
> trasformazioni canoniche � un errore molto comune nella letteratura
> sulla meccanica, al punto che persino Landau, nel suo bellissimo
> libro, incorre nel medesimo errore.
Appunto... Infatti Landau mi fece incazzare non poco, quando mi trovai
a studiarci la meccanica analitica
Ma se non vado errato l'errore risale piu' indietro nel tempo: forse a
Sommerfeld.
> Arnold propone l'esempio che proponi tu per mostrare la differenza fra
> la definizione in termini di invarianza della forma simplettica dp ^
> dq e la definizione in termini di equazioni di Hamilton.
Ho controllato: non e' proprio quella. Nella nota a pag. 238
dell'edizione italiana si da' come esempio P = 2p, Q = q.
Ora vi racconto una storia personale: mi accorsi di questo
errore quando mi trovai (ben 51 anni fa) a insegnare per la prima volta
meccanica analitica.
A me era stata insegnata al modo sbagliato che stiamo esaminando, e
scopersi da solo l'errore. Nelle mie dispense di allora c'e' scritto
che una trasf. si dice canonica se lascia invariata la forma delle eq.
di Hamilton *per qualsiasi hamiltoniana*.
Questo ha a che fare con l'obiezione che fai piu' sotto:
> C'� da dire anche che il fatto che l'Hamiltoniana non entra
> esplicitamente nella definizione delle trasformate canoniche pu�
> portare un poco in ombra la circostanza che all'origine di tutto
> questo sta la riformulazione Hamiltoniana delle equazioni di Lagrange.
In effetti una trasf. canonica non e' indip. dalla forma hamiltoniana
delle eq. del moto, ma deve valere per ogni hamiltoniana, e non solo
per qualche scelta particolare, come invece accade nei controesempi che
abbiamo visto.
> (nota di servizio: dire che (p,q) -> (P,Q) conserva dp ^ dq significa
> che dP ^ dQ = dp ^ dq il che equivale a dire che PdQ - pdq = df
> infatti da questo segue dP ^ dQ - dp ^dq = ddf =0 e viceversa se dP^dQ
> - dp^dq = 0 allora la primitiva: P^dQ -p^dq � un differenziale
> esatto).
Certo. Ho evitato di presentare la cosa in questo modo, come pure di
parlare di varieta' simplettica, perche' non ero sicuro che Giovanna mi
avrebbe seguito.
> direi dG = p dq + Q dP in questo secondo caso.
Giusto: mi e' scappata la maiuscola, e nient'altro :)
> Ovvero la funzione generatrice non sar� mai una funzione di p e q.
OK
> Non � per nulla una funzione nello spazio delle fasi perch� � un
> vincolo funzionale fra coordinate diverse in uno stesso spazio delle
> fasi, dove la struttura di spazio delle fasi � data dalla forma :
> sum_i dq_i ^ dp_i.
Su questo non sono d'accordo.
p, q, P, Q, sono _coordinate_ ovvero funzioni a valori reali definite
sullo spazio delle fasi. Quindi G(p,Q) (e tutte le altre) intesa come
funzione composta e' una funzione sullo spazio delle fasi anch'essa.
Del resto, se non fosse cosi', che senso avrebbe scrivere dG?
> Lo stesso Arnold considera poi una classe piu' generale di
> trasformazioni chiamando in causa anche l'hamiltoniana, sono quelle
> trasformazioni tali che esiste una funzione K ed una funzione S in
> modo che:
>
> pdq -Hdt = PdQ -KdT + dS
>
> anche in questo caso rimangono escluse trasformazioni come un fattore
> di scala non unitario su P e Q.
Anche questo ho evitato di farlo, rispondendo a Giovanna, dato che lei
parlava solo delle tr. can. "indip. dal tempo".
Indubbiamente, anche se non si vuole trasformare t in T, la possibile
dipendenza della trasf. da t e' necessaria, almeno per la teoria di
Hamilton-Jacobi.
> ...
> Ovvero chi adotta la definizione secondo cui risulta conservato il
> carattere Hamiltoniano della dinamica poi dovrebbe discutere
> ampiamente quale e' la forma piu' generale di queste trasformazioni ed
> invece spesso si tratta di una semplice confusione.
Concordo. Tornando a quanto dicevo sopra a Giorgio, non ho mai trovato
una definizione _consapevole_ di tr. can. piu' generale, ma solo la
confusione di cui parla Tetis.
> Devo dire che trovo la trattazione un eccellente esercizio di
> equilibrismo fra esigenza di semplicita' espositiva e la scelta
> intrinsecamente ad alto grado di astrazione che deriva dall'uso delle
> forme differenziali,
Anche qui concordo, e devo dire che sono debitore ad Arnol'd per una
comprensione piu' profonda della meccanica analitica.
Il mio sogno (ormai condannato a restare tale) era di scrivere una
versione piu' leggibile del libro di Arnol'd, che cosi' com'e' non
puo' essere proposto come testo iniziale, mentre resta insostituibile
per la chiarezza e la profondita', quanto ineguagliabile
nell'eccessiva concisione :-(
Giorgio Pastore ha scritto:
> Una discussione chiara e che non fa confusione la si trova in un
> libricino di Gamtmacher ("Lectures in analytical mechanics", l'
> originale e' russo ma io ne ho una traduzione inglese delle solite
> benemerite edizioni MIR. BTW, a parte questo punto, � un vera miniera
> di informazioni su aspetti della meccanica analitica che in genere
> vengono messi da parte o omessi. P. es il metodo di Appel per sistemi
> con vincoli anolonomi, la formulazione di Routh, etc...).
Gantmacher non lo conosco. Lo cerchero'.
Insomma tutti russi: il "magnifico" ma confusionario Landau, come
Arnol'd e Gantmacher che invece hanno idee chiare :-))
--
Elio Fabri
Received on Tue Oct 31 2006 - 20:51:04 CET