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From: Bruno Cocciaro <b.cocciaro_at_comeg.it>
Date: Wed, 2 Aug 2006 23:43:48 +0200

"Stefano Gemma" <stefano_at_millesimo.com> ha scritto nel messaggio
news:ea5sf3$ig2$1_at_newsreader.mailgate.org...

> Io, che mi sto muovendo, che cosa potr�
> misurare? Supponiamo che io disti 1000 secondi-luce da dove � partito il
> buon fotone e stia viaggiando a 0.999c. Dopo quanto tempo vedr� il fotone?
> Tempo misurato dal mio orologio atomico, che ovviamente tutti qui abbiamo
> al polso ;) A gi�... 1000 secondi luce misurati da dove??? Diciamo che li
> ho misurati, in qualche modo, quando ero fermo ed ho accelerato
> istantaneamente a 0.999c, in barba a tutte le leggi fisiche e...
> fisiologiche ;)

Quando, nel precedente email, ti dicevo che, a mio modo di vedere, per non
entrare nei casini si dovrebbe riflettere sul significato operativo (nonche'
parzialmente definitorio) del concetto di contemporaneita' a distanza,
intendevo anche che proprio su domande come quelle che poni sopra si
dovrebbe riflettere.

Provo a darti le risposte nella maniera migliore compatibilmente alle mie
possibilita'.

La situazione e' allora che noi ci stiamo muovendo rispetto a un certo
riferimento R* (chiamiamo R il nostro riferimento). Ci muoviamo a 0.999c, o
anche a 0.000000001 c, non ha importanza l'entita' della nostra velocita',
ha importanza solo il fatto che sia uniforme. Comunque, in prima istanza,
lascerei stare queste "finezze", in quanto *operativamente* non siamo ancora
in grado di dare significato alla proposizione "ci stiamo muovendo, rispetto
a R*, alla velocita' v". Diciamo semplicemente che ci stiamo muovendo
rispetto a R* e ci accorgiamo operativamente di questo dal fatto che il
punto P del nostro riferimento e' a contatto con il punto P* del riferimento
R* solo per un istante. Negli istanti successivi, cosi' come nei precedenti,
P e' a contatto con punti di R* diversi da P* (come detto, il moto e' anche
uniforme, ma per ora sorvoliamo sul significato operativo di cio').
Diciamo che noi ci troviamo nel punto P. Avviene che un tizio che si trova
sul punto Q del nostro riferimento accende una lampadina. Eventualmente il
tizio potrebbe essere anche in movimento rispetto a R, l'importante e' che
accenda la lampadina proprio quando si trova sul punto Q. Noi conosciamo la
distanza PQ perche' l'abbiamo misurata con il metro (cioe' tramite una
sbarra rigida).
La domanda:
"A quale velocita' vedo arrivare i fotoni che partono da Q ?"
e' al momento una domanda alla quale non possiamo rispondere in quanto la
misura di una velocita' comporta la misura di due grandezze: la distanza PQ
e l'intervallo di tempo dt necessario al fotone per andare da Q a P.
Infatti tu sopra chiedi: "Dopo quanto tempo vedr� il fotone?"
Il punto e' che la tua domanda non ha risposta, o meglio, ha come risposta
quello che scegliamo di rispondere.
Normalmente scegliamo di rispondere cosi':
il tempo che ci mette il fotone per arrivare in P lo poniamo pari a PQ/c.
Cioe' quel tempo *non* lo misuriamo operativamente, ma lo fissiamo
convenzionalmente.
Rimane da dire cosa sarebbe c.
Anche c non si misura operativamente ma si fissa per definizione quando
scegliamo l'unita' di tempo:
l'unita' di tempo e' data dal tempo necessario affinche' la luce rimbalzi
avanti e indietro su un'asta rigida lunga 0.5 m per 300.000.000 volte.
Avendo cosi' scelto l'unita' di tempo (il secondo) fissiamo c=300.000.000
m/s (e questa costante la chiamiamo velocita' di andata e ritorno della
luce). Naturalmente se scegliessimo diversamente l'unita' di tempo anche il
valore numerico di c cambierebbe (infatti l'unita' di tempo e' scelta
diversamente e il valor numerico di c in uso e' diverso da quello scritto
sopra).
A questo punto sappiamo cosa e' c, possiamo eseguire la divisione PQ/c, e,
poiche' abbiamo scelto di fissare dt=PQ/c, possiamo finalmente calcolare la
velocita' cercata (cioe' la velocita' alla quale vediamo arrivare il
fotone): v=PQ/dt=PQ/(PQ/c)=c.
Certo, si potrebbe dire:
ma che grande scoperta!!! Se fisso dt=PQ/c poi certo che troviamo v=c!
Ma il punto e' che proprio cosi' si fa, cioe' usiamo i fotoni per
sincronizzare gli orologi, e se il fotone parte da Q quando l'orologio fisso
in Q segna l'istante tau, allora l'orologio fisso in P verra' settato
all'istante tau+PQ/c proprio nel momemnto in cui il fotone arriva in P (se
scegliamo di usare la sincronizzazione standard).
Il che e' come dire che alla domanda "A quale velocita' vedo arrivare i
fotoni che partono da Q ?" diamo in sostanza la risposta che *scegliamo* di
dare. La scelta avviene nella fase di sincronizzazione degli orologi.
Sincronizzare secondo la relazione standard equivale a porre la velocita' di
andata della luce, in tutte le direzioni, uguale alla velocita' di andata e
ritorno.

A questo punto consideriamo i due fulmini "contemporanei".
Finalmente possiamo dire cosa intendiamo, dal punto di vista operativo, con
quella contemporaneita'.
Poniamo che il tizio in Q abbia acceso la sua lampadina quando l'orologio
fisso in Q segnava l'istante 10 s. Poniamo inoltre che sia PQ=300.000.000 m.
La proposizione
"due fulmini cadono contemporaneamente, all'istante 20 s. Uno cade nel punto
Q, l'altro nel punto P"
ha il seguente significato operativo ("operativo" si potrebbe anche
togliere. Se qualcuno volesse dare a quella proposizione un qualche altro
significato dovrebbe spiegare cosa intende. E se la spiegazione non fosse
operativa io non saprei proprio dire che razza di spiegazione sarebbe):
dall'istante in cui in Q si accende la lampadina, all'istante in cui in Q
cade il fulmine, l'orologio fisso in Q misura 10 s,
e
dall'istante in cui in P arriva la luce della lampadina, all'istante in cui
in P cade il fulmine, l'orologio fisso in P misura 9 s.

Ti sarai accorto che non abbiamo mai parlato del riferimento R*.
Naturalmente i due fulmini sono visibili anche da R* (i fulmini si vedono
sia dal treno che dalla stazione) e per dire se in R* i due fulmini saranno
contemporanei o no dovremo vedere se in R* si potranno ripetere o meno
quelle proposizioni che, in R, permettono di dire che sono contemporanei.

Poi ci si potra' chiedere quale significato si deve attribuire a
proposizioni tipo:
"in R si "vede" il tempo di R* scorrere piu' lentamente",
"in R* si "vede" il tempo di R scorrere piu' lentamente",
"in R si "vedono" le lunghezze di R* contratte",
"in R* si "vedono" le lunghezze di R contratte".

> Stefano

Ciao.
-- 
Bruno Cocciaro
--- Li portammo sull'orlo del baratro e ordinammo loro di volare.
--- Resistevano. Volate, dicemmo. Continuavano a opporre resistenza.
--- Li spingemmo oltre il bordo. E volarono. (G. Apollinaire) 
Received on Wed Aug 02 2006 - 23:43:48 CEST

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