Consiglio queste interessanti slide di un corso di Storia della
scienza
http://www.scform.unipd.it:8080/conferences/FOV2-00019F45/
dedicato alla nascit� della scienza moderna e alle sue relazioni con
la filosofia del tempo e in particolare con la metafisica, posto solo
la seguente parte del corso:
Galilei afferma decisamente l'inutilit� della ricerca delle cause
prime dell'Universo e, facendosi guidare da questa tesi (dedotta
direttamente dalla distinzione tra propriet� soggettive e propriet�
oggettive degli enti naturali), opera per la prima volta nella storia
del pensiero una netta distinzione tra metafisica e scienza; mentre
Tolomeo, infatti, aveva considerato la correttezza del calcolo dei
moti planetari una via verso la scoperta dell'essenza ultima delle
cose, Galilei vede in qualunque ricerca sul senso dell'Universo e
sull'essenza degli enti naturali un'impresa inutile, se non
addirittura dannosa. Famose sono le parole della terza lettera a
Markus Welser Sulle macchie solari, pubblicata nel 1613: �Perch�, o
noi vogliamo specolando tentar di penetrar l'essenza vera ed
intrinseca delle sustanze naturali; o noi vogliamo contentarci di
venire in notizia d'alcune loro affezioni. Il tentar l'essenza, l'ho
per impresa non meno impossibile e per fatica non meno vana nelle
prossime sustanze elementari che nelle remotissime e celesti [...]. Ma
se vorremmo fermarci nell'apprensione di alcune affezioni, non mi par
che sia da desperar di poter conseguirla anco ne i
corpi lontanissimi da noi, non meno che nei prossimi�.
La posizione anti-metafisica di Galilei era stata gi� espressa, del
resto, nell'anonimo Dialogo de Cecco Ronchitti da Bruzene in
perpuosito de la Stella Nuova (1604, in realt� opera di un benedettino
ammiratore di Galilei), nel quale uno dei due protagonisti del dialogo
(un contadino) si spinge a dire
che ad un astronomo tanto poco importa dell'essenza di cui sarebbero
fatti i cieli, quanto del fatto che siano fatti di polenta.
Tale posizione arriva, tuttavia, fino al punto di negare qualsiasi
valore al concetto di "forza", persino quella che si era soliti
chiamare "gravit�" (vedi Dialogo sopra i massimi sistemi, giornata
seconda) e che Galilei considera semplicemente un nome dietro il quale
non � possibile scorgere alcuna realt� misurabile. Sar� Newton a
fornire una definizione matematica della forza di gravit� e a
renderla, cos�, sperimentabile.
Anche la conclusione del corso � interessante:
Conclusioni generali sul corso
Cosa rimane inalterato, cosa cambia nel concetto di "scienza", da
Aristotele a Galilei
a.
b.
1. Cosa rimane inalterato
Per `scienza' si intende sempre un sapere dimostrato, vale a dire un
sistema di conoscenza nel quale, date certe premesse riconosciute come
vere (in base a differenti criteri, non sempre in accordo tra loro) si
ricavano necessariamente determinate conclusioni, e solo quelle. La
scienza continua ad essere considerato un sapere potenzialmente
universale, in altre parole comprensibile con i soli strumenti della
ragione, che tutti possono acquisire e condividere (la separazione tra
scienza e fede � rigorosamente mantenuta anche dai teologi e dai
maestri medievali).
a.
b.
c.
2. Cosa cambia
Il contenuto della scienza (=ci� di cui, propriamente, si pu� avere
scienza) si restringe notevolmente: con Galilei si giunge
all'esclusione da quest'ambito di tutto ci� che concerne le cause
prime della natura, vale a dire di ci� che costituisce il contenuto
della metafisica. Lo scopo della ricerca scientifica, a sua volta, si
fa pi� limitato: non pi� un sapere dimostrato che perfeziona la natura
umana e la porta in prossimit� degli dei (vedi Aristotele e Tolomeo),
ma un sistema di conoscenze che corrispondono ai fatti, dei quali non
si cerca pi� il senso. Alla matematica � assegnato un ruolo centrale e
nuovo rispetto al passato: essa sola permette di descrivere le
propriet� fondamentali dei corpi fisici e le loro relazioni, essa sola
consente di uscire dall' ambito delle sensazioni soggettive per andare
verso quello delle percezioni condivise.
Volevo sapere da voi cosa ne pensate di questa esposizione della
nascita della scienza moderna, specie in relazione alle discussioni
che si fanno al giorno d'oggi se � possibile "ridurre" ogni
accadimento naturale a certe entit� fisiche, su come parlare in
scienza dei fenomeni della vita e della coscienza e su discussioni
simili: tutte queste discussioni, in effetti, dato che sembrano fare
domande come "qual � l'essenza, quali sono le entit� di base che
causano e spiegano tali eventi e fenomeni?" non potrebbero sorgere
dubbi sul fatto che le discipline scientifiche le discipline possano
dare risposte a tali domande? Non sarebbe pi� corretto ritenere che
tali domande siano di competenza di discipline filosofiche? Insomma,
non dovremmo dire che le scienze non si interessano di rispondere a
"qual'� la natura vera e fondamentale che causa i fenomeni che noi
percepiamo?" ma che invece le scienze ci danno solo modelli utili (e
non veri nel senso di reali, ma solo utili) a prevedere l'accadere dei
fenomeni a noi percepibili, modelli sempre correggibili se
sostituibili se gli esseri umani riescono a inventarne di nuovi e
relativamente semplici per prevedere un maggior numero di fenomeni di
quanto potevano prevederne i fenomeni precedenti.
Insomma, in base a ci� che esposto sopra sono del tutto scorrette
nella scienza affermazioni come "Ora vi dimostro che la teoria della
gravitazione di Newton � vera" oppure "Ora vi dimostro che la teoria
darwiniana dell'evoluzione � vera" oppure "Ora vi dimostro che la
teoria cinetica dei gas � vera" la scienza non ha a che fare con la
"verit�" (almeno in senso cos� diretto e senza precisare meglio), la
scienza ha a che fare con l' "utilit�", con modelli di realt� utili,
consistenti e testabili mediante l'esperienza, lasciando che il
problema della "verit�", di "cosa esiste realmente" sia occupazione
della filosofia (senza per questo intendere che ci sia necessariamente
una risposta definitiva in tale disciplina). Voi cosa ne pensate?
Ciao.
Received on Tue Mar 27 2012 - 15:19:27 CEST