Il 18 Mar 2006, 09:53, Giorgio Pastore <pastgio_at_univ.trieste.it> ha scritto:
> Tetis wrote:
> > Il 16 Mar 2006, 00:47, Giorgio Pastore <pastgio_at_univ.trieste.it> ha
scritto:
Il punto e' che dal punto di vista meccanico statistico
> > questo procedimento e' viziato logicamente da un difetto che nello
schema
> > quantisico non si presenta. ....
>
> Appunto. Il problema e', come dici tu, dal punto di vista meccanico
> statistico. Che e' quello che dico io quando parlo di problemi nella
> identificazione del microstato a partire dal sistema meccanico.
>
> La cosa che secondo me va sottolineata a proposito del paradosso di
> Gibbs e' che la meccanica statistica NON e' uno sviluppo deduttivo della
> meccanica. Ci sono delle ipotesi in piu' che, in quanto ipotesi
> fisiche sul mondo, vengono validate solo dall' esperienza.
Storicamente in effetti, all'atto di nascita, la
meccanica statistica non e' uno sviluppo deduttivo
della meccanica. Ma va anche riconosciuto che la meccanica
statistica e' diventata, ed in un quadro molto
ampio, un sistema ipotetico deduttivo in cui
le ipotesi aggiuntive si sono rivelate valide nella
grandissima maggioranza dei casi concreti che ci
si trova a dover trattare. In questo ampliamento
promosso dal solco delle varie conferme il paradosso
di Gibbs ha una presenza comunque disagevole.
Per quanto lo si voglia ritenere un falso paradosso,
non ne esiste una soluzione.
D'altra parte, l'evidenza di
fenomeni statistici ha anche avuto un ruolo fondamentale
nello sviluppo della meccanica quantistica. Questo prova
che quanto meno la meccanica classica richiede un
estensione o una riformulazione, come anche la fisica
statistica. E quindi non e' questione che si risolve in due
discorsi.
> Nell' agganciare gli argomenti probabilistici alla meccanica, ci si
> trova di fronte al problema, apparentemente banale, di individuare lo
> spazio su cui e' definita la misura di probabilita'. La soluzione piu'
> semplice sembrerebbe quella di considerare gli eventi (gli insiemi
> misurabili) come insiemi i cui elementi sono gli stati dinamici del
> sistema (determinando uno stato mediante i valori di posizioni e
> velocita').
Sono d'accordo su tutto quello che dici qua, eccetto che si tratti di
un problema apparentemente banale. Alla base sta l'intera
produzione matematica che da Lagrange passa
per Hamilton, e lo sviluppo della meccanica razionale. Non si puo'
dire che fosse una lezione digerita alla fine dell'ottocento ne' che
dopo l'avvento dell'elettromagnetismo fosse piu' ritenuta
la sola lezione da digerire. Oggi per contro il problema di
contare gli stati di un sistema dinamico e' una problematica
molto aperta che richiede tutt'altri strumenti da quelli continui
con cui il problema fu approcciato, con tanto successo al
tempo di Boltzmann.
Essenzialmente quasi tutte le applicazioni della meccanica procedevano
ancora a prescindere dalla sua impostazione lagrangiana e s'era aggiunto il
problema della comprensione della meccanica dei campi elettromagnetici
e dell'allora in voga etere. Poi venne tutta la fenomenologia degli spettri
atomici e la sensazione di dovere ampliare la bussola divenne
cogente.
L'intera opera di Lagrange era basata poi su ipotesi di regolarita' delle
funzioni trattate, ipotesi la cui problematicita' occupo' l'attenzione di
Lagrange e dei suoi contemporanei per lungo tempo. Associato
con lo studio delle eccezioni di regolarita' c'e' ancora oggi un gran
lavorio.
Quanto alla sostanza della
proposta di considerare gli eventi come insiemi i cui elementi sono
gli stati dinamici del sistema si aprono due vie. Da un lato l'intuito
dice che partire da una configurazione di posizioni e velocita' o da
una sua permutazione non cambia l'evoluzione della dinamica e
quindi sarebbe lecito assumere il punto di vista di Gibbs di considerare
equivalenti le configurazioni che derivano da una permutazione.
Eccezion fatta per l'eventualita' che includere gradi di
liberta' aggiuntivi non renda distinguibili due configurazioni
apparentemente equivalenti. In tal caso occorrerebbe porre molta
piu' attenzione alla eventualita' di vincoli, legati ai gradi di liberta'
aggiuntivi e che potrebbero di fatto ridurre lo spazio delle fasi
accessibile al sottosistema "meccanico" e misurato con il
metodo del box counting.
Dall'altro lato, seguendo Boltzmann,
possiamo considerare lo spazio delle fasi del sistema meccanico, il
quale e' costruito mutatis mutandis dalla nozione valida in meccanica
celeste per i pianeti: i pianeti sono distinguibili e devono essere distinti
e seguiti
individualmente, ed i campi di interazione fra i pianeti possono essere
considerati
conservativi se trascuriamo la possibilita' di onde nel campo gravitazionale
(la nozione di onda gravitazione fu presa in seria considerazione nel
corso dell'ottocento, ma non si sapeva come descriverne l'energetica e
fu sempre prediletta l'ipotesi adiabatica, ovvero che la variazione delle
posizioni dei pianeti fosse lenta rispetto alla eccitazione dei campi)
d'altra
parte l'elettromagnetismo sarebbe stato sviluppato solo quasi dopo un
secolo dal completamento della meccanica celeste. Quindi con Boltzmann
si decise che lo schema per descrivere un gas era quello della meccanica
lagrangiana.
Allora, seguendo Boltzmann, in virtu' della meccanica lagrangiana, possiamo
costruire una partizione ed uno spazio degli eventi. In questo mondo, che
risulta da un'astrazione di concetti validi nell'astrofisica, si ha che, se
il sistema puo' esplorare tutto lo spazio delle fasi compatibile con i
vincoli sulle quantita' conservate, allora due configurazioni
che differiscono per una permutazione sono in regioni distinte dello spazio
delle fasi. Se al tempo di Boltzmann poteva esserci qualche dubbio sul
fatto che un sistema potesse accedere necessariamente da una configurazione
ad una sua permutazione, oggi possiamo dare esempi in cui il verificarsi di
questa eventualita' e' matematicamente accertata.
Aggiungere i
gradi di liberta' del campo elettromagnetico piuttosto che apparire come una
possibile soluzione era considerata una complicazione e si riteneva sulla
base di diversi tentativi che semmai peggiorasse la situazione, Jaynes
si cimento' fattivamente nell'impresa e giunse alla conclusione che lo
schema termodinamica per i campi elettromagnetici non poteva essere
adeguato.
>Tuttavia, per quanto ragionevole, questa e' un' ipotesi.
> Se la accettiamo e se vogliamo connettere l' entropia definita mediante
> il log del numero di stati accessibili al sistema con l' entropia
> termodinamica del secondo principio, siamo costretti (p. es. dal
> paradosso di Gibbs) a rivedere qualcosa se vogliamo ritrovare l'
> estensivita' dell' entropia.
In verita' se consideriamo con attenzione il procedimento di
astrazione esiste un'altra eventualita', che e' quella di riconsiderare
le ipotesi e di descrivere il sistema in termini di equilibrio
e con uno spazio delle fasi non conservativo. Ma come e'
fatto un tale spazio delle fasi?
> La soluzione di Gibbs equivale a dire che invece dello stato dinamico,
> l' elemento di un evento nel nostro spazio di probabilita' e' costituito
> dalla classe di equivalenza costituita da tutti gli stati dinamici che
> hanno lo stesso stato dinamico a meno di una permutazione degli indici.
D'accordo ma perche' questa ipotesi dovrebbe essere piu' ragionevole
di quella di parlare solamente di variazioni di entropia per variazioni
continue, mantenendo invece la liberta' di rinormalizzare il valore per
sistemi ottenuti per fusione secondo l'ipotesi estensiva? In termini
pratici, se consideriamo un gas perfetto nello schema classico abbiamo:
N1 [ln(V1 eps) + s_o]
N2 [ln(V2 eps) + s_o]
L'entropia dell'unione di questi due sistemi senza l'apertura
del setto e' semplicemente la somma delle entropie. Infatti
metterli l'uno accanto all'altro entro uno spazio delle fasi
comune non cambia il volume di fase accessibile.
N [ln(V eps) + s_o]
poniamo semplicemente che il termine additivo sia una funzione
di stato che garantisce l'entropia. Nella fattispecie si trattera' di
un termine +ln(1/N1) Quale ne e' l'origine? Ad esempio un
procedimento di amalgamazione con il campo medio circostante
che tiene conto del fatto che ogni particella si fa carico di una
parte dei modi del campo. Un altro modo puo' essere di vedere
il termine -ln(N1) nell'entropia del gas come un termine entropico
da attribuire al campo.
Fu pensando a questi argomenti che Rayleigh e Jeans giunsero
ad occuparsi della statistica del campo elettromagnetico ottenendo
il celeberrimo quanto paradossale risultato della divergenza
ultravioletta.
> Quindi la soluzione di Gibbs puo' esser vista, in un' ottica
> completamente "interna" alla meccanica classica, come la soluzione al
> problema dell' assegnazione di regole per l' interpretazione
> probabilistica degli stati meccanici compatibile con l' estensivita'
> dell' entropia.
E' vero, sono d'accordo, ma e' un punto di vista riduttivo.
> In tutto questo la meccanica (classica o quantistica) in quanto teoria
> fisica dell' evoluzione temporale c' entra poco. La distinguibilita' o
> meno viene preservata dall' evoluzione indifferentemente se classica o
> quantistica.
Questa affermazione la comprendo, ma solo in riferimento ad una
riduzione del problema iniziale e come atteggiamento emipirico
che prescinde dalla effettiva complessita' della termodinamica.
Tuttavia pure se proviamo a ragionare in questo contesto emergono
delle difficolta'.
Se vogliamo associare l'entropia allo stato secondo il suo aspetto,
a prescindere dall'ubicazione della particella i, ma solo in base ai
numeri di occupazione possiamo fare
riferimento alla entropia distribuzionale. Si potrebbe dimostrare,
generalizzando l'esercizio che ho svolto nel caso di gas a
particelle indipendenti senza vincolo sull'energia, che se consideriamo
la probabilita' di ottenere una distribuzione di n_i particelle nella
celletta k_i di volume assegnato v_0 l'entropia definita dal logaritmo
di questa probabilita' risente pienamente del paradosso di Gibbs,
a meno di un modo di conteggio che descrivero' alla fine.
Questo dipende dal fatto che lo spazio degli eventi del sistema
senza barriera e' oggettivamente piu' grande dello spazio degli
eventi del sistema vincolato e questo a prescindere dal vincolo
sull'energia e sul numero, dunque la probabilita' della singola
distribuzione nel nuovo contesto, piu' ampio, risulta diminuita.
Malgrado cio' la probabilita' delle distribuzioni di equilibrio nel
limite termodinamico tende comunque ad 1 e quindi il logaritmo
della loro probabilita' tende a zero. Ok ma noi dobbiamo contare
i microstati. Quanti sono? C(N;n1,n2...,nk) tanti quanti i modi di
disporre N oggetti in n1...nk gruppetti. Il logaritmo di questo numero,
nel limite termodinamico non e' altro che la funzione H:
Sum rho(i) ln(rho(i)) dove rho(i) e' la densita' numerica della cella
i-esima. Ed abbiamo gia' visto che questa grandezza non e'
estensiva perche' si riduce a ln( k ). E k = V/v dove v e' il volume
di arrozzamento dello spazio delle fasi.
Ancora un tentativo, anziche' l'entropia distribuzionale consideriamo
solamente la funzione H(n1,...,nk). Ok la distribuzione piu' probabile
e' essenzialmente indipendente dalle caratteristiche di volume spaziale
e dipende solamente dalle energie delle diverse celle. Risolvendo il
problema del calcolo di questa distribuzione con il metodo di Lagrange
otteniamo una certa funzione di distribuzione che e' sperimentalmente
accessibile.
Allora, se poniamo il vincolo sul numero di
occupazione degli elementi nello spazio delle fasi cosa dobbiamo
intendere per microstati compatibili con questa configurazione?
Quanti sono? Sono tanti quanti i modi di ri-disporre le particelle?
Ma non avevamo detto che questi modi sono da considerare
indistinguibili? Non resta che tornare all'approccio di Boltzmann.
Il fatto di aver incontrato la difficolta' di un ampliamento significativo
dello spazio delle fasi nel processo di fusione dei due sottosistemi
potrebbe far pensare ad una soluzione per cui lo spazio delle fasi
guadagnato virtualmente nell'ampliamento dovuto alla fusione venga
comunque circoscritto alle sole configurazioni di equilibrio. Cioe'
tutto sommato, forse, il guadagno eccessivo di configurazioni sta nel fatto
di volere conteggiare configurazioni che in un approccio dissipativo
sono troppo lontane dall'equilibrio. Tuttavia anche con questo atteggiamento
ricadiamo nelle difficolta' che ho esposto, a meno di non intendere
una nozione di microstato differente da quella che intendeva Gibbs,
e diro' alla fine di questo articolo quale e' questa differente nozione.
Questo prova che la tentazione di confondere i microstati con le
distribuzioni porta solo a disagio e rivela l'effettiva genialita'
della proposta originaria di Boltzmann. Si tratta di andare a
misurare il numero di microstati compatibile con il vincolo sull'energia.
Un modo per ottenere l'estensivita' del logaritmo associato
con spazio delle fasi e' come dicevi tu. Occorre prendere il
volume di fase complessivo e ripiegarlo N! volte.
Il postulato
di Boltzmann che permette l'estensione della meccanica ad
includere la termodinamica avrebbe questa semplicita' se non fosse poi
emersa la grande tematica della non ergodicita', la meccanica
quantistica etc...
> Giorgio
Resta poi En passant una possibilita' naturale in meccanica quantistica,
ma che e' applicabile anche in meccanica classica: se consideriamo per
esempio la distribuzione piu' probabile in accordo alle regole di
esplorazione
dello spazio delle fasi dettate dalla meccanica classica
ed andiamo a considerare un raffinamento della partizione
in unita' piu' fini. Se ogni cella e' partizionata in un numero
di unita' molto maggiori del numero di occupazione risulta
che il logaritmo della probabilita' di una distribuzione puo'
essere ricondotta, nel limite termodinamico, alla espressione
elementare:
n_i ln(n_i) + N ln(j)
dove j = v / h^3, h^3 e' il volume di microstato, v il volume di
arrozzamento ed n_i il numero di occupazione della celletta i.
Ad esempio per il caso che proponevo di un volume di fase
V^N ovvero volume elementare V:
S(N) = N ln( v N / V) + N ln (v/ h^3). Dove V e' il
volume di fase di singola particella. Occorre solo,
come diceva Bruno considerare N >> V/v
e v/h^3 >> n_medio. Ovvero anche V/h^3 >> N >> V/v.
Ora questo modo di valutare l'entropia funziona nella
generalita' dei casi, eccetto che richiede di considerazioni
correttive nei casi di percolazione.
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http://arianna.libero.it/usenet/
Received on Sun Mar 19 2006 - 00:45:02 CET