Re: Le tre dimensioni.

From: Tetis <gianmarco100_at_inwind.it>
Date: Thu, 10 Nov 2005 16:57:05 GMT

                    Il 09 Nov 2005, 11:18, no_spam_at_no_spam.com (Aleph) ha scritto:
> Tetis ha scritto:
>
> ...
> > Spero di averlo scritto meglio dell'altra volta.
>
> > Se dici scientifico in senso popperiano il principio
> > antropico, insieme con un sistema di condizioni
> > di bordo, ed entro un quadro assiomatico e'
> > falsificabile.
> ...
>
> Scusa, ma non vedo proprio cosa ci sia da falsificare.
> Il Principio Antropico (immagino tu ti riferisca alla versione debole)
> non fa alcuna affermazione falsificabile sul mondo reale.

Nessun principio e' falsificabile in se e per se.
E' falsificabile un'interpretazione di un sistema
ipotetico deduttivo quando nelle deduzioni si
trovi una proposizione controfattuale o una
contraddizione. Per esempio, consideriamo una
situazione completamente fantastica:

I) l'uomo esiste, ed osserva...
II) l'elettromagnetismo e' un sistema di leggi completo
se solo si ammette l'esistenza di una distribuzione continua
e neutra con densita' di massa data.

Allora:

l'elettromagnetismo cosi' strutturato prevede l'esistenza di
stelle di massa distribuita come segue con questo legame
fra masse e potenza spettrale di emissione.
Ma non di stelle come il sole.

La conseguenza logica e' che ho e' sbagliata la descrizione
delle osservazioni che include la presenza del sole o e'
sbagliato che l'elettromagnetismo cosi' completato e' una
teoria completa, o e' sbagliata la logica con cui e' stato dedotta
la non esistenza del sole.

> Il P.A. muove unicamente dalla constatazione ovvia, eretta a principio,
> che le leggi della fisica devono essere compatibili con lo sviluppo della
> vita, dal momento che la vita esiste.

E fin qui non posso che arrendermi all'evidenza e concludere
che nella storia della scienza il principio antropico e' sempre
stato utilizzato come ovvio principio regolativo. Dando un ruolo
centrale alle osservazioni dell'uomo. Faccio un'altro esempio
piu' realistico, e tratto dalla storia.

Newton formula la sua teoria di gravitazione universale.
Fra le altre cose prevede con grande accuratezza le orbite
dei planetesimi gioviani, le orbite di molti pianeti sono in
accordo con la sua teoria, i moti lunari invece sono terribilmente
difficili da accordare e spiegare con la sola teoria. Qualcuno
invoca il principio antropico mostrando che la luna ed il sistema
solare newtoniani sarebbero instabili. Persino Laplace tenta
a piu' riprese di dimostrare che la teoria newtoniana non e'
accordabile con l'evidenza. Alla fine dell'ottocento Poincare'
scopre che c'e' un problema nelle valutazioni di tutti coloro
che hanno applicato la teoria perturbativa. Si scopre che Newton
aveva escogitato un metodo non perturbativo per dare conto
dei moti lunari ma non era mai rimasto soddisfatto dall'accordo
con l'evidenza, aveva dovuto arrendersi di fronte alle soverchie
difficolta' computazionali e sospendere il giudizio.

> Personalmente ritengo che il P.A. da un lato sia un'espressione
> truffaldina e mistificante, con risvolti antropopsicologici, del nostro
> disagio rispetto alla mancata comprensione delle leggi fondamentali e
> profonde che danno corpo all'Universo e dall'altro che la struttura, la
> complessit� e l'informazione dipendono, pi� o meno criticamente, dai
> valori parametri(?) o grandezze caratteristiche, che li definiscono.

Questa invece e' una giusta considerazione contro costumi
condannabili ed usi distorti della scienza ed anche della ragione,
Nulla che dimostri una inconsistenza logica nell'uso del principio
antropico. Ripeto, ancora, il problema non e' tanto se il principio
antropico e' vero o falso, quanto semmai come formularlo e se e'
lecito distinguere fra oggetivo ed interpretativo, ... . Di
quali evidenze rendere conto, cosa e' un'evidenza, cosa e' una
dimostrazione... Problemi antichi quanto la filosofia e la scienza
naturale, ma non meno centrali nello sviluppo della scienza, ne'
tantomeno risolti.

> > Almeno in linea di principio, si
> > intende: e' sempre possibile che posto che tu dica "con
> > queste condizioni la vita non puo' esistere" ed uno
> > ti osserva un sistema solare che viola questa tesi,
> > quello ha trovato un controesempio, e tu sei tenuto
> > a cercare quale punto del tuo quadro teorico ti conduce
> > in controfattualita'.
>
> Questa sarebbe una falsificazione di uno specifico modello teorico di vita
> non certo del Principio Antropico.

Non direi che si tratti dell'una ne' dell'altra cosa. Se rifletti
e' propriamente la situazione che si presentava a Newton
ed ai suoi detrattori. Il sistema solare esiste, ci appare in
una forma che conosciamo con un certo grado di evidenza,
Newton e' convinto che ogni moto planetario e satellitare
possa essere spiegato dalla sua teoria, i suoi detrattori
vogliono andare a parare nella direzione opposta: il sistema
newtoniano e' sbagliato ed usano una serie di considerazioni
che portano a dedurre moti lunari che non sono in accordo
con l'evidenza.

[...]

> A mio parere questi ragionamenti sono viziati alla base per almeno due
> buoni motivi:

sono d'accordo sull'esistenza di vizi intrinseci alla metodologia
scientifica, ma convinto della straordinaria superiorita' delle sue
virtu' vorrei comprendere quali sono esattamente questi vizi logici.
Dove si ha possibilita' di rimediare e di poggiare su una base
certa di argomentazione. Forse non e' possibile e bisogna rassegnarsi
alla dialettica storica, ma forse e' possibile che la stessa dialettica
storica illustri delle costanti che la scarsa esperienza del passato non
ha permesso di individuare. A me sembra che un punto davvero
centrale potrebbe essere formulare esplicitamente il principio di
verita' dell'esperienza. Chiamiamolo cosi' e non e' necessario ricorrere
a parole ad alto contenuto allergenico come antropico.

> 1) si sa gi� a priori dove si vuole andare a parare e questo generalmente
> determina un serio nocumento al senso critico e alla "oggettivit�" delle
> argomentazioni;

Questo e' appunto presente nella situazione di Newton, ma
come vedi il cimento non e' stato privo di importanti lezioni.
Entrambi i partiti sapevano dove andare a parare, Newton
proponeva una via, ma l'errore era dietro l'angolo. I detrattori
univano alla consapevolezza dell'obiettivo la sfiducia nella
via indicata da Newton.

> 2) si parte sempre dal considerare le costanti di natura (che dopotutto
> potrebbero anche non essere costanti) come *parametri* in un quadro in cui
> la struttura delle leggi fisiche rimane inalterata. Conducendo, per le
> obbiettive limitazioni delle nostre conoscenze del mondo e capacit� di
> comprensione e immaginazione, uno poverissimo gioco combinatorio cui si
> attribuisce (niente meno) la capacit� di rappresentare l'insieme infinito
> (concetto quest'ultimo indefinito, indefinibile, impensato e impensabile)
> delle possibilit� a priori.

Questo stesso quadro, pero', cambia colore psicologico
quando risulta associato ad una teoria di successo.
Estremizzato porterebbe a pensare, erroneamente,
che non e' possibile alcuna teoria di successo.

> ...
> > In sintesi il mio punto di vista e' che il
> > principio antropico non sia affatto un cattivo criterio scientifico,
> > tanto quanto non lo e' il criterio di Hoccam, anzi da un punto di
> > vista strettamente logico e' superiore a quello.
> ...
>
> Mah, a me il secondo sembra pi� che altro un criterio pratico-metodologici
> e il primo un affermazione del fatto piuttosto generale cui accennavo
> sopra, ovvero che le strutture molto complesse dipendono, generalmente in
> modo sensibile, dai *parametri* (e dalle leggi) che ne regolano
> l'esistenza.

Il punto e' che e' importante essere capaci di dire
qualcosa di quantitativo su questa "sensibilita'".
Diventa sempre piu' importante individuare quelle
strutture che contengono conoscenza rispetto a quelle
che costituiscono fronzoli o che nascondono possibilita'
di errore logico. Occorre conoscere i limiti naturali ed
oggettivi del gioco combinatorio, distinguerli da quelli
strutturali intrinseci alla logica, ed essere capaci di svelare
in modo obiettivo gli eventuali inganni e le direzioni non
esplorate per "tacita scelta". In modo da potere confrontare
fra loro diverse ipotesi teoretiche in modo sereno e senza
ricorrere a pregiudizi partigiani.

> In simboli dS/dpi =/= da zero , dove S rappresenta la struttura complessa
> (ad esempio la vita basata sul carbonio) e pi le varie costanti fisiche
> parametrizzate. In base a questa simbolizzazione-giocattolo in un Universo
> non-Antropico dovremmo avere invece dS/dpi = 0 , ovvero strutture del
> tutto *indifferenti* alle condizioni che ne regolano l'esistenza e questo
> mi pare assurdo sia da un punto di vista logico sia da un punto di vista
> fisico.

[...]

> E non vedo come sia possibile
> sviluppare a priori una *fisica complessiva* siffatta senza vivere in un
> universo a quattro dimensioni spaziali.

Questo e' appunto un problema connesso centralmente
con il tema della posizione dell'esperienza rispetto alla
schematizzazione teorica. E' possibile recuperare il
costrutto logico del dialogo sui massimi sistemi? Ricordi
la descrizione delle dimension spaziali? Se e' possibile
cosa ne e' delle dimensioni aggiuntive? E' un livello
completamente teoretico, oppure possiamo ipotizzare
che esistano come dato oggettivo? La fantasia va a Voltaire,
ed a micromega, ma il punto e' che spesso, quando, per
prudenza, un ente teorico di una buona teoria viene sospettato
di pura teoreticita', di avere un carattere ausiliario o di essere
un elemento spurio, poi si trova che ha delle conseguenze
empiriche nella nostra esperienza. Cioe' la teoria permette
di orientare l'esperienza verso orizzonti prima sconosciuti.
Dobbiamo pensare ad un semplice effetto combinatorio,
o possiamo liberamente sognare che queste strutture possano
col tempo diventare talmente affidabili da permetterci di dare uno
sguardo verso livelli di complessita' insospettabili sotto i nostri
occhi? E' gia' successo quando dalla fisica newtoniana e
maxwelliana ci si e' avventurati verso la fisica atomica e
molecolare, e poi la biochimica, ma e' corretto pensare che
questo processo abbia raggiunto un termine ultimo, oppure e'
lecito sperare che esistano mondi inesplorati nell'oceano di
scale che va dai quark alle galassie? Piu' umilmente dagli
atomi alle biomolecole, e dalle biomolecole alle bio-strutture
"auto-sufficienti".

> Mi pare chiaro quindi che le argomentazioni di Ehrenfest, e altre
> consimili, si situino nell'ambito delle congetture e delle teorizzazioni
> giocattolo o, come dice sinteticamente Smargiassi, dell'aria fritta.
> Inoltre mi sembra che il massimo cui possa giungere l'argomentazione di
> Ehrenfest sia "escludere" (tra virgolette) che una generalizzazione
> brutale della teoria di Maxwell a 4 dimensioni riproduca regolarit� e/o
> caratteristiche analoghe dell'elettromagnetismo tridimensionale, ma
> sicuramente non basta in alcun modo ad affermare la cogente necessit�
> fisica dello spazio fisico tridimensionale.

Il punto e' che Ehrenfest non si interessava solo di aria fritta,
e questi risultati stanno in un quadro di ricerca molto valido,
che da Boltzmann conduce alla fisica moderna. Parlare di
aria fritta puo' avere anche il significato di dire: "attenzione che
quando diamo per scontato questo e questo stiamo dimenticando
un'oceano di eventualita' possibili'' E questa non e' aria fritta.
Mi spiego?

> Saluti,
> Aleph
>
> --
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Received on Thu Nov 10 2005 - 17:57:05 CET

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