Re: Quanti di spazio-tempo

From: Elio Fabri <mc8827_at_mclink.it>
Date: Mon, 19 Sep 2005 21:24:42 +0200

Fatemi dire innanzi tutto che la discussione e' molto interessante ma
anche molto difficile da condurre...
Una delle ragioni e' che a molte parole ed espressioni attribuiamo
significati diversi.
Questo deriva in parte da incompletezza di spiegazione, dal fatto che
non si possono fare in un NG delle dissertazioni sterminate; ma anche
dai differenti background, che ci portano a interpretare diversamente
concetti che pure esprimiamo con le stesse parole.

Cerco di spiegarmi meglio andando piu' sul concreto.
Giulio Severini ha scritto:
> Ciao Elio, ma se fin qui non si da alcuna intepretazione fisica di
> queste dimensioni allora...di cosa stiamo parlando? Il mondo lo
> abbiamo di fronte a noi. E' reale, e in qualche modo funziona. Ma,
> volenti o nolenti, � sempre un mondo fisico quello con il quale
> dobbiamo avere a che fare.
> Perci� quando in una teoria si ha bisogno di n coordinate per
> individuare un punto, di quale sistema di riferimento si sta parlando?
> Come � fatto? Dove � situato? In quale realt� multidimensionale? E
> di quali coordinate stiamo parlando?
> E' normale voler dare una intepretazione fisica delle cose.
> Altrimenti, ancora una volta, di cosa stiamo parlando?
Non e' solo normale, e' obbligatorio.
Ma e' anche noto da tempo che _non tutto_ cio' di cui si parla in una
teoria fisica puo' avere una diretta interpr. fisica.
Questo fu costretto ad ammetterlo perfino Bridgman, noto come padre
dell'operazionismo: in soldoni, la visione filosofica secondo cui in
fisica ha senso solo cio' di cui si puo' dare una definizione
operativa.
A parole piu' o meno tutti i fisici sono operazionisti, e spesso
indottrinano cosi' i loro studenti fin dal primo anno (anche perche'
di solito i corsi dei primi anni sono tenuti da sperimntali ;-) ).

Pero' come dicevo lo stesso Bridgman dovette attenuare la sua
posizione e riconoscere l'esistenza di entita', che chiamo'
"costrutti", prive di correlato operativo.
Nel suo classico libro "La logica della fisica moderna" che penso sia
ancora in catalogo da Bollati Boringhieri, B. fa almeno due esempi di
costrutto: "campo elettrico" e "atomo".

E' anche questo che avevo in mente quando ho scritto la frase che e'
stata ricordata da Federico:
> Al massimo, una volta che la teoria abbia fornito rapporti fra i suoi
> enti e grandezze osservabili, potrai (forse) recuperare un qualche
> significato intuitivo dei detti enti. Ma in partenza hai solo a che fare
> con strutture matematiche astratte.
Ma c'e' di piu', e su questo di piu' dovremmo cercare d'intenderci.
"Significato intuitivo" e "significato operativo" non sono affatto
sinonimi.
"Intuitivo" vuol dire all'incirca "riconducibile ai concetti costruiti
in base all'esperienza comune".
"Operativo" e' molto piu' vasto, e puo' essere assai piu' indiretto.

Qualunque fisico sperimentale sa che quello che lui "vede" coi suoi
strumenti in realta' e' molto molto lontano dai suoi sensi.
Per fare un esempio estremo ma connesso alle discussioni di un altro
thread: quando Rubbia e compagni hanno "visto" W e Z, che cosa hanno
fatto realmente?
Ora qui accade un altro fatto: che Federico e io abbiamo un'idea
abbastanza adeguata (lui molto piu' di me senz'altro) di come abbia
realmente funzionato quell'esperimento.
Invece temo che tu (Giulio) e tu (Filiberto) ne abbiate un'idea molto
piu' vaga, o nessun'idea.
Vi prego di credere che non lo dico per montare in cattedra, ma solo
per farvi riflettere su uno degli elementi che costituiscono la
visione "intuitiva" di una teoria.

Voglio dire che chi ha percorso una serie di passi di studio e di
lavoro matura anche una diversa intuizione, che non e' piu' quella
dell'esperienza comune.
Quindi anche la richiesta che i concetti teorici abbiano
un'intepretazione "fisica", acquista un significato ben diverso.

Questo mi porta a un altro aspetto del problema.
Filiberto ha scritto:
> Io penso che Giulio abbia ragione. L'interpretazione fisica delle
> leggi della matematica dovrebbe essere il compito del fisico anche
> quando queste leggi sono talmente astratte e lontane dalla realt� di
> tutti i giorni. Potrebbero essere utili dei modelli per rappresentare,
> per semplificare e rendere accessibili anche a persone che non abbiano
> una formazione matematica molto solida teorie belle e importanti come
> quelle di cui state parlando. Questo dovrebbe essere uno dei compiti
> della divulgazione scientifica altrimenti si rischia l'isolamento pi�
> completo.
Qui entra in gioco una richiesta piuttosto comune, che comprendo
benissimo dal punto di vista psicologico, ma che debbo (come mia
opinione) deludere.
Mi sono gia' espresso in passato su questo punto, ma no fa male
ripetersi.

L'obiettivo della cosiddetta divulgazione a mio parere e' destinato a
restare velleitario: "modelli", "semplificare"... Tutte belle parole,
che puo' dire solo chi non sa in realta' di che cosa sta parlando.
La scienza moderna ha raggiunto (e non da oggi) un altissimo grado di
astrattezza nei suoi concetti, e si distacca in modo essenziale
dall'esperienza comune.
Tentare di superare questo "gap" ricorrendo ad analogie, metafore,
ecc. spesso e volentieri e' soltanto una mistificazione.

Ho scritto "non da oggi", perche' il proceso e' in realta' molto
vecchio: guardate il grado di comprensione della fisica del 700 o
dell'800 che si manifesta in tante domande anche in questo NG...
E non dimentico che di regola chi pone domande qui e' gia' un po'
diverso dal "cittadino medio", se non altro perche' ha delle
curiosita' e degli interessi.
Ma come si fa a parlare del modello standard a persone che hanno idee
confuse sul magnetismo o sull'energia?
Naturalmente c'e' chi ci prova, e magari vende un sacco di copie; ma
secondo me inganna il cliente, che se ne renda conto o no.

Sempre Filiberto:
> Intuitivamente si pu� percepire il tempo come un'altra dimensione,
> quindi vederlo come una coordinata in pi� da aggiungere, un numero in
> pi� rispetto ai tre che definiscono il punto nello spazio euclideo.
Se per te questo e' gia' intuitivo, e' perche' hai fatto un po' di
strada nel percorso che dicevo sopra.
Non e' per niente un fatto intuitivo _in se'_: non lo e' associare
coordinate a punti dello spazio (c'e' voluto Cartesio) e non lo e'
vedere il tempo come una quarta dimensione (c'e' voluto Minkowski).
Dico questo per farti rflettere che i passi che vengono dopo sono
altrettanto necessari per accostarsi a teorie piu' avanzate.

> Io vi proporrei una cosa. Dato che sono argomenti di frontiera, con
> una matematica estremamente complicata, perch� non potremmo sceglierci
> un buon libro (non divulgativo) e studiarcelo o leggercelo insieme, a
> piccole dosi, sfruttando le innumerevoli competenze matematiche di
> alcuni membri di questo newsgroup (Elio Fabri, Walter Moretti mi
> vengono in mente loro ma di sicuro ce ne sono tanti altri...). In
> questo modo la discussione ci porterebbe a qualche conclusione e non
> rimarrebbe come una chiaccherata al bar (anche se una dotta
> chiaccherata).
La proposta ha il merito di aspirare alla concretezza, e in questo
l'apprezzo.
Tuttavia mi pare irrealizzabile, e non per difficolta' spicciole, come
quella di poter discutere a piu' voci con questo mezzo, purtroppo assai
lento.

Che genere di libro avresti in mente?
Dici "un buon libro (non divulgativo)"; ma che vuol dire?
A che argomenti pensi? Alle stringhe?, Al modello standard? Alla
cosmologia?
A parte che io sarei in grado di contribuire solo in piccolissima
parte (tranne forse per la cosmologia) c'e un'obiezione fondamentale:
tu sembri credere che le difficolta' stiano tutte e sole in una
matematica supercomplicata.
Ma le cose non stanno cosi': c'e' anche un sacco di fisica a monte
Teorica e sperimentale), che e' necessario conoscere.

Ora faccio a te e agli altri una confessione: in questi ultimi due
annim in cui ho tenuto un corso frequentato soprattutto da studenti
del terzo anno, mi capitava spesso di trovare sulla lavagna i residui
della lezione precedente, che era "Fisica nucleare e subnucleare", se
ricordo bene il titolo.
Anche quel corso era per gli stessi studenti, e infatti avevamo in
parte lo stesso pubblico.

Ora io restavo annichilito, specie verso la fine del corso, quando
sulla lavagna apparivano quark, gluoni, bosoni vettoriali, i relativi
diagrammi di Feynman...
Consideravo che quei poveri ragazzi avevano sentito parlare per la
prima volta di meccanica quantistica appena nel semestre precedente;
che a malapena vevano capito che cosa sono i potenziali e.m.; che le
loro nozioni di relativita' (ristretta) erano quelle che io poteveo
verificare nel mio corso; che nessuno credo gli avesse mai dato idea
di come si "vedono" tutte quelle cose di cui sentivano parlare...
(Questi sembrano essere i risultati della famosa riforma 3+2, ma
lasciamo correre...)

Spero di essermi spiegato, senza farla ancora piu' lunga.
Ma comunque la discussione prosegue...
                                                    

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Elio Fabri
Dip. di Fisica - Univ. di Pisa
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Received on Mon Sep 19 2005 - 21:24:42 CEST

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