"ReBim" ha scritto nel messaggio
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> Ogni volta che mi è capitato di leggere sugli stati intrecciati mi è stato
> presentato un sistema costituito da due oggetti quantistici A e B, ognuno
> dei quali può presentarsi in due stati S1 o S2.
> E' poi data una regola che collega S1 a S2, che è sempre del tipo "se A si
> presenta in S1 allora B si presenta in S2"
Provo a risponderti augurandomi che qualcuno con una preparazione teorica
migliore della mia possa controllare la correttezza di quanto vado dire.
Prima cosa, sopra parli di "oggetti quantistici" che possono "presentarsi" o
nello stato S1 o nello stato S2, come se i possibili stati dei due "oggetti
quantistici" siano gli stessi. Non e' cosi', non necessariamente, almeno.
Gli "oggetti quantistici", chiamiamoli particelle, potrebbero non essere
identici, quindi, lo stato intrecciato di un sistema formato da due
particelle non identiche (es. fotone+elettrone) potrebbe riguardare gli
stati |H1> e |V1> della prima particella e gli stati |H2> e |V2> della
seconda, non esistendo, in via di principio, alcun legame fra gli stati di
una particella con gli stati dell'altra, se non altro perche', fra
particelle non identiche, potrebbe proprio non aver senso d associare ad una
particella gli stati definiti per l'altra.
> Mi chiedo a che livello di complessità si può ipotizzare il sistema e la
> regola di correlazione, perchè si abbia un significato fisico (a parte le
> difficoltà sperimentali)
[...]
> In generale: come deve essere formulata una ipotesi di correlazione tra
> stati perchè la stessa possa rappresentare un gruppo di oggetti
> quantistici fisicamente possibili?
io direi che sia meglio partire dall'inizio.
E comincerei con un "sistema" costituito da una sola particella.
Lo "stato" della particella 1 e' descritto da un vettore dello spazio
vettoriale (sul corpo dei complessi!) H1. In realta' i vettori |v> e |w>
rappresentano lo stesso stato se esiste un numero complesso, a, tale che
|v>=a|w>, per questo non perdiamo in generalita' considerando sempre vettori
di norma 1. Questo pero' non ci permette di dire che esiste una
corrispondenza biunivoca fra stati e vettori normalizzati (cioe' di norma 1)
in quanto |v> e exp(i*fi)|v> hanno la stessa norma (per ogni fi).
Il caso piu' semplice, non banale, di "stato" di una particella e' quello
che si ha quando H1 e' bidimensionale. Se H1 e' bidimensionale sappiamo che
una sua qualsiasi base sara' costituita da due vettori che potremo sempre
prendere ortogonali fra loro (base ortogonale, in realta' ortonormale in
quanto, come detto, i vettori li prendiamo a norma unitaria).
Pero' questa e' matematica. Pensiamo alla fisica. Che cavolo vogliamo dire,
da punto di vista fisico, con queste "chiacchere" matematiche? Vediamolo
sull'esempio forse piu' semplice immaginabile di "stato" di una particella:
la polarizzazione di un fotone.
Prendiamo un polarizzatore a due uscite e mettiamo il suo asse in direzione
verticale (asse y). Spariamogli addosso un laser che si propaga in direzione
orizzontale (asse z). Sappiamo che alcuni fotoni usciranno dal polarizzatore
dall'uscita 1 (diremo che questi hanno polarizzazione verticale, asse y),
gli altri dall'uscita 2 (polarizzazione orizzontale, asse x). Diciamo che
abbiamo "preparato" un fotone nello stato |V> (|H>) se quel fotone ha
attraversato un polarizzatore messo con l'asse verticale uscendone
dall'uscita 1 (2).
Gli stati |V> e |H> sono "ortogonali" nel senso che e' certo che un fotone
preparato nello stato |V> non uscira' mai dall'uscita 2 (cioe' uscira'
sempre dalla 1) qualora incidesse nuovamente su un polarizzatore messo con
l'asse verticale. Stessa storia per un fotone preparato nello stato |H> che
uscira' sempre dall'uscita 2 a seguito di future incidenze su polarizzatori
messi con l'asse verticale. Dal punto di vista formale diciamo che la
probabilita' che un fotone preparato nello stato |V> esca dall'uscita 2 a
seguito di incidenza con un polarizzatore messo con l'asse verticale e' data
da |<H|V>|^2. Probabilita' che e' 0 perche', come detto, |V> e |H> sono
ortogonali, cioe' <H|V>=0.
Ora viene il punto forte:
gli stati |V> e |H> costituiscono una base (ortonormale) per il nostro
spazio. Questo significa che lo stato di un *qualunque* fotone si potra'
sempre esprimere nella forma a|H>+b|V> con a e b opportuni numeri complessi.
Per quanto detto sopra, il generico stato di polarizzazione di un fotone si
potra' sempre esprimere nella forma
cos[alpha] |H> + exp(i*fi) sin[alpha] |V>
con -Pi/2<=alpha<=Pi/2 e 0<=fi<=2*Pi.
Qui devo fare una piccola digressione memore delle domande che mi hanno
bloccato per anni, tipo
ma che cavolo significa, fisicamente, tutto cio'?
Cosa sia un fotone "preparato" nello "stato" |V>, l'ho capito. E' solo un
modo pomposo per dire che il fotone ha attraversato un polarizzatore, messo
con l'asse verticale, uscendone dall'uscita 1. Ma cosa "e'" un fotone
preparato nello stato cos[alpha] |H> + exp(i*fi) sin[alpha] |V>? E quando
anche uno che lo sa come si fa la preparzione, mi dicesse che mi sta
mandando un fotone preparato nello stato stato cos[alpha] |H> + exp(i*fi)
sin[alpha] |V>, come potrei io controllare che non mi ha detto una bugia?
Poi le risposte le ho trovate ma non la faccio lunga. Se qualcuno in ascolto
si ponesse le domande che mi bloccavano, posso rispondere brevemente dicendo
solo che un oculato uso di polarizzatore, lamina lambda mezzi e lamina
lambda quarti permette la preparazione dello stato suddetto. Stesso discorso
per il controllo.
Il punto importante qua e' che *e' sbagliato* dire che un fotone preparato
nello stato cos[alpha] |H> + exp(i*fi) sin[alpha] |V>, a seguito di una
misura di polarizzazione, puo' "presentarsi" o nello stato |H> (con
probabilita' cos[alpha]^2) o nello stato |V> (con probabilita'
sin[alpha]^2). E' sbagliato nel senso che *non esiste* la "misura di
polarizzazione" in quanto tale. Una misura della osservabile polarizzazione
e' sempre il collasso dello stato su uno dei due stati ortogonali (base
dello spazio) che sono associati alla *particolare* misura che si decide di
eseguire.
Posso decidere di far collassare lo stato o su |H> o su |V>, e allora dovro'
eseguire una certa misura fatta in un certo modo (cioe' devo semplicemente
far incidere il fotone su un polarizzatore a due uscite), ma posso anche
decidere di far collassare lo stato su uno dei due vettori di una qualsiasi
base ortonormale! Questo significa che (operando opportunamente con
polarizzatore, lamina lambda mezzi e lamina lambda quarti) potrei decidere
di far collassare lo stato o su
cos[alpha1] |H> + exp(i*fi1) sin[alpha1] |V>
o su
-sin[alpha1] |H> + exp(i*fi1) cos[alpha1] |V>
con -Pi/2<=alpha1<=Pi/2 e 0<=fi1<=2*Pi. Avro' anche in questo caso due
uscite. Se il fotone esce da una parte sara' nello stato cos[alpha1] |H> +
exp(i*fi1) sin[alpha1] |V>, se esce dall'altra sara' nello
stato -sin[alpha1] |H> + exp(i*fi1) cos[alpha1] |V>.
Passiamo ora ai sistemi a due particelle.
Pensiamo sempre a due fotoni e siamo interessati all'osservabile
polarizzazione per ciascuno dei due fotoni. I vettori che descrivono lo
stato del sistema sono ora elementi dello spazio vettoriale H1XH2, dove H1
(H2) e' lo spazio che contiene i vettori che descrivono lo stato del primo
(secondo) fotone. Se decidiamo di descrivere lo stato del primo (secondo)
fotone nella base |H1>, |V1> (|H2>, |V2>), abbiamo che il generico stato
della prima particella e'
a1 |H1> + b1 |V1>
mentre il generico stato della seconda particella e'
a2 |H2> + b2 |V2>
con a1, b1, a2, b2 numeri complessi tali che |a1|^2+|b1|^2=|a2|^2+|b2|^2=1.
Il generico stato del "sistema" sarà il "prodotto"
(a1 |H1> + b1 |V1>)(a2 |H2> + b2 |V2>)=
a1 a2 |H1, H2> + a1 b2 |H1, V2> + b1 a2 |V1, H2> + b1 b2 |V1, V2>
oppure, posti a1 a2=a, a1 b2=b, b1 a2=c, b1 b2=d, possiamo dire che il
generico stato sara'
(1) a |H1, H2> + b |H1, V2> + c |V1, H2> + d |V1, V2>
(si noti che da |a1|^2+|b1|^2=|a2|^2+|b2|^2=1 segue
|a|^2+|b|^2+|c|^2+|d|^2=1).
In sostanza, lo spazio H1XH2 e' quadrimensionale, e un suo generico stato,
espresso nella base |H1,H2>, |H1,V1>, |V1,H2>, |V1,V2> e' dato dalla (1).
Pero', nuovamente, potremmo porci una serie di domande:
cosa cavolo significa tutto questo *fisicamente*?
Come si fa (quali operazioni si devono compiere, con quali strumenti?) per
poter dire di aver preparato un sistema di due fotoni nello stato (1)?
Posto che uno che sa come si dovrebbe fare, mi dica che il sistema di due
fotoni che mi sta mandando e' nello stato (1), io come potrei controllarlo,
cioe', essere nello stato (1) significa rispondere in quale modo a quali
misure?
Sorvoliamo sul "come si fa" a preparare lo stato (1). Concentriamoci
sull'ultima domanda posta sopra per la quale potremmo immaginare che la
risposta sia semplicemente data da quanto segue.
Facciamo incidere il primo fotone su un polarizzatore orientato in maniera
tale che il suo asse sia verticale. Sappiamo che il primo fotone potra'
uscire o dall'uscita 1 o dalla uscita 2.
Stessa cosa per il fotone 2, lo facciamo incidere su un altro polarizzatore
messo con l'asse verticale e anche il fotone 2 uscira' dall'uscita 1 o dalla
uscita 2 di questo secondo polarizzatore.
Potremmo avere ovviamente 4 possibili esiti:
1,1: il fotone 1 esce dall'uscita 1 del polarizzatore 1 il fotone 2 esce
dall'uscita 1 del polarizzatore 2
1,2: il fotone 1 esce dall'uscita 1 del polarizzatore 1 il fotone 2 esce
dall'uscita 2 del polarizzatore 2
2,1: il fotone 1 esce dall'uscita 2 del polarizzatore 1 il fotone 2 esce
dall'uscita 1 del polarizzatore 2
2,2: il fotone 1 esce dall'uscita 2 del polarizzatore 1 il fotone 2 esce
dall'uscita 2 del polarizzatore 2
ognuno di questi esiti si avra' con una certa probabilita' che si potra'
testare avendo a disposizione non uno ma tanti sistemi di due fotoni
preparati nello stato (1).
La risposta banale che potremmo immaginare che si debba dare all'ultima
domanda posta sopra (essere nello stato (1) significa rispondere in quale
modo a quali misure?) e' la seguente:
dire che il sistema di due fotoni e' nello stato 1 significa semplicemente
che
l'esito 1,1 si ha con probabilita' |a|^2
l'esito 1,2 si ha con probabilita' |b|^2
l'esito 2,1 si ha con probabilita' |c|^2
l'esito 2,2 si ha con probabilita' |d|^2.
In realta', essere nello stato (1) significa ***molto*** di piu'.
Il molto di piu' sta nel fatto che io non sono costretto ad eseguire sul
fotone 1 la misura che fara' collassare il fotone 1 o su |H1> o su |V1>,
stessa cosa per il fotone 2.
In generale potro' eseguire sul fotone 1 una certa misura (tramite opportuno
apparato di misura, avente due uscite, costituito da polarizzatore, lamina
lambda mezzi e lamina lambda quarti) che fara' collassare il fotone 1 sul
generico stato
|S1> = cos[alpha1] |H1> + exp(i*fi1) sin[alpha1] |V1>
qualora il fotone 1 uscisse dall'uscita 1 dell'apparato di misura,
oppure lo fara' collassare sullo stato
|S1ort> = -sin[alpha1] |H1> + exp(i*fi1) cos[alpha1] |V1>
qualora il fotone 1 uscisse dall'uscita 2 dell'apparato di misura.
Stessa cosa per il fotone 2. Potro' decidere di effettuare sul fotone 2 una
certa misura che fara' collassare il fotone 2 sullo stato
|S2> = cos[alpha2] |H2> + exp(i*fi2) sin[alpha2] |V2>
qualora il fotone 2 uscisse dall'uscita 1 dell'apparato di misura,
oppure lo fara' collassare sullo stato
|S2ort> = -sin[alpha2] |H2> + exp(i*fi2) cos[alpha2] |V2>
qualora il fotone 2 uscisse dall'uscita 2 dell'apparato di misura.
Si avranno di nuovo, ovviamente, 4 possibili esiti
1,1: il fotone 1 esce dall'uscita 1 dell'apparato di misura 1 il fotone 2
esce dall'uscita 1 dell'apparato di misura 2
1,2: il fotone 1 esce dall'uscita 1 dell'apparato di misura 1 il fotone 2
esce dall'uscita 2 dell'apparato di misura 2
2,1: il fotone 1 esce dall'uscita 2 dell'apparato di misura 1 il fotone 2
esce dall'uscita 1 dell'apparato di misura 2
2,2: il fotone 1 esce dall'uscita 2 dell'apparato di misura 1 il fotone 2
esce dall'uscita 2 dell'apparato di misura 2.
La risposta non banale alla domanda posta sopra e' la seguente:
dire che il sistema di due fotoni e' nello stato (1) significa che
l'esito 1,1 si ha con probabilita' |<S1,S2|(a |H1, H2> + b |H1, V2> + c |V1,
H2> + d |V1, V2>)|^2
l'esito 1,2 si ha con probabilita' |<S1,S2ort|(a |H1, H2> + b |H1, V2> + c
|V1, H2> + d |V1, V2>)|^2
l'esito 2,1 si ha con probabilita' |<S1ort,S2|(a |H1, H2> + b |H1, V2> + c
|V1, H2> + d |V1, V2>)|^2
l'esito 2,2 si ha con probabilita' |<S1ort,S2ort|(a |H1, H2> + b |H1, V2> +
c |V1, H2> + d |V1, V2>)|^2
Tutto cio' per arrivare finalmente a dare una risposta a quanto avrei
immaginato di vedere nella tua domanda:
> In generale: come deve essere formulata una ipotesi di correlazione tra
> stati perchè la stessa possa rappresentare un gruppo di oggetti
> quantistici fisicamente possibili?
Tu, con il dire
> E' poi data una regola che collega S1 a S2, che è sempre del tipo "se A si
> presenta in S1 allora B si presenta in S2"
ti stai implicitamente riferendo al caso a=d=0, b=c=1/Sqrt(2), cioe' lo
stato del sistema a due fotoni (o, in generale, particelle) e'
1/Sqrt(2) (|H1, V2> + |V1, H2>) (per quanto la stessa "regola" si avrebbe
per infiniti stati diversi, es 1/Sqrt(2) (|H1, V2> - |V1, H2>))
pero', e' proprio totalmente banalizzante dire che, per uno stato del genere
la "regola" sia semplicemente "se A si presenta in S1 allora B si presenta
in S2".
Essere nello stato 1/Sqrt(2) (|H1, V2> + |V1, H2>) significa *molto di piu'*
che dire semplicemente che se il fotone 1 esce dall'uscita 1 del
polarizzatore 1 (con probabilita' 1/2) allora il fotone 2 uscira' certamente
dall'uscita 2 del polarizzatore 2.
La "ipotesi di correlazione fra stati" deve essere formulata esattamente
nella maniera prevista dal formalismo. Ed e' quella detta sopra. Se sulla
particella 1 eseguo una misura che ha come autostati |S1> e |S1ort> e sulla
particella 2 eseguo una misura che ha come autostati |S2> e |S2ort>, allora
i 4 possibili esiti, nell'ipotesi che il sistema sia nello stato 1/Sqrt(2)
(|H1, V2> + |V1, H2>), avranno le probabilita'
l'esito 1,1 si ha con probabilita' 1/2 |<S1,S2|(|H1, V2> + |V1, H2>)|^2
l'esito 1,2 si ha con probabilita' 1/2 |<S1,S2ort|(|H1, V2> + |V1, H2>)|^2
l'esito 2,1 si ha con probabilita' 1/2 |<S1ort,S2|(|H1, V2> + |V1, H2>)|^2
l'esito 2,2 si ha con probabilita' 1/2 |<S1ort,S2ort|(|H1, V2> + |V1,
H2>)|^2
> ReBim
Ciao,
--
Bruno Cocciaro
--- Li portammo sull'orlo del baratro e ordinammo loro di volare.
--- Resistevano. Volate, dicemmo. Continuavano a opporre resistenza.
--- Li spingemmo oltre il bordo. E volarono. (G. Apollinaire)
---
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Received on Wed Oct 02 2019 - 19:37:20 CEST