Re: Trasformate di Legendre

From: Tetis <Gianmarco100_at_inwind.it>
Date: Mon, 02 May 2005 13:11:53 GMT

 Il 02 Mag 2005, 01:14, Giorgio Pastore <pastgio_at_univ.trieste.it> ha scritto:
>
>
> Giovanna_owqyea wrote:

> La trasformazione ad un sistema del primo ordine (riduzione ??) non c'
> entra quasi niente con le TDL. Qualsiasi sistema di eq. differenziali di
> ordine qualsiasi, purche' in forma normale, puo' essere trasformato in
> un sistema equivalente del primo ordine. Basta introdurre come funzioni
> ausiliarie le derivate di ordine superiore al primo delle funzioni
> incognite. Questo e' ovviamente vero anche per le eq. di Lagrange.
> Il quasi dipende dal fatto che, essendo le TDL un modo per passare da
> una dipendenza del funzionale generatore dalle \dot q ad una dalle p,
> nell' approccio hamiltoniano il sistema del primo ordine viene
> introdotto in modo evidente.

In verit� l'approccio di
Hilbert e Courant � proprio volto ad evidenziare che la
trasformata di Legendre ha un ruolo specifico nel dare
un'espressione semplice alle equazioni differenziali.
Ma sono sempre stato convinto che apprezzare
questo passaggio richiedesse una buona intuizione di
alcune propriet� della geometria proiettiva. Cosa che al
tempo di Legendre, nella Parigi di Monge era senz'altro
pi� semplice che oggi nelle universit� italiane dove
nemmeno gli ingegneri studiano pi� la geometria
proiettiva. Apprezzare non � sinonimo di comprendere.
Per comprendere basta molto meno. Basta seguire i
passaggi di Hilbert e Courant e verificare che l'interpretazione
geometrica della trasformata � solo una ridescrizione fedele
dello stesso insieme di soluzioni e della variet� su cui vivono.
Descrizione ottenuta incollando l'insieme delle descrizioni
dei piani tangenti e riscrivendo le equazioni differenziali, ovvero
il campo e notando che diventano un vincolo lineare all'interno
di ogni piano tangente. A questo si arriva a mano seguendo la
strada di dedurre un sistema lineare dal sistema del secondo
ordine e cercando una struttura variazionale per il sistema ottenuto.

L'effetto collaterale della trasformata di Legendre
� proprio che il principio variazionale nello spazio delle funzioni
q(t) L(q,q',t) viene applicato in un principio variazionale
nello spazio delle funzioni q(t),p(t) anzi ad essere pi�
attenti in un principio variazionale nello spazio delle
funzioni f : R -> q, p, t. Ovvero ottieni un principio
variazionale nello spazio di Poincar�.

Per accorgersi che la sostituzione di q' con p non basta
a questo scopo � sufficiente rifarsi al funzionale
(q')^2-V(q) quello che scopri � che certamente
se sostituisci q' = p ottieni p^2-V(q). Ma in questo modo
non teniamo pi� conto del vincolo funzionale fra p e q.
E' questa la famigerata informazione che si perde, a meno
di non fare la trasformata di Legendre. Non di meno
ragionando sulle equazioni differenziali questo problema
non si pone. Il vincolo � una parte delle equazioni. Bene
allora per arrivare a dedurre un funzionale da cui
sortisca questo sistema differenziale cosa c'� da fare?
O indovinarlo e poi verificare che � quello corretto, come
suggerivo nella mail precedente oppure,
certamente, quello che si fa tutte le volte che si vuole
includere un vincolo in un problema variazionale. Si
aggiunge un moltiplicatore di Lagrange e si procede.
Alla maniera che insegna Dirac, ad esempio.

A questo punto per� uno studente dotato di spirito critico
si pu� chiedere cosa cappero c'entra tutto questo con la
termodinamica. Che principio variazionale abbiamo in
termodinamica? Al tempo in cui ero studente sapevo che
l'entropia pu� essere visto come un "funzionale" che associa
ad una collezione di fasi un valore pari alla somma delle
entropie di ciascuna fase. E che questo funzionale tende
ad un massimo nelle trasformazioni spontanee che portano
il sistema, se isolato, in equilibrio. Sapevo anche che allontanando,
in modo antinaturale, il sistema dall'equilibrio si ottiene
una diminuzione di questo funzionale. Poi imparai con Landau
che questo comportava delle disuguaglianza circa le derivate
seconde dell'entropia. E finch� non lessi Courant Hilbert
non capivo come mai c'entrassero le trasformate di
Legendre. Poi quando vidi il Callen rimasi molto impressionato
dallo scoprire come tutto questo poteva essere riassunto in un
quadro assiomatico molto coerente.

Per� ancora oggi vado cercando se mai non esista una
interpretazione variazionale della termodinamica e come
mai non sia presentato un parallelo netto fra dinamica e
termodinamica di equilibrio. E se non esiste questo parallelo
dove ne sia la ragione. Allora ieri, leggendo l'indicazione
bibliografica dell'articolo in cui si parla della struttura simplettica
della termodinamica mi � rinata una speranza.

Se ho inteso allora l'idea � che le equazioni di Hamilton per la
termodinamica
prendono la forma:

[dT^dS+dV^dP](X) = -dH

dove X � un campo vettoriale nello spazio delle fasi teorico P,V,T,S nel
quale solo una sottovariet� � fisica. Ovvero quella per la quale la
due forma canonica restituisce una forma differenziale esatta: quella
dell'energia cambiata di segno: T dS-pdV. In effetti da questa identit�
che � un vincolo differenziale dovrebbero seguire le relazioni di Gibbs
Duhem e quelle di Maxwell. Purch� conosciamo l'espressione per
l'energia. Immagino poi che basti aggiungere d_mu^dN per trattare
i casi a particelle variabili.

Per�, se cos� stanno le cose, questo dovrebbe condurre, da una parte
al principio variazionale TdS + VdP -Hdl dove l � il parametro libero
che parametrizza le trasformazioni, e dall'altra, mediante
la trasformata di Legendre inversa, ad un principio variazionale di tipo
lagrangiano. Quale? E quale ne � l'interpretazione fisica? Per
rispondere alla prima domanda ricordo che in meccanica
classica: pdq - H(q,p) dt conduce a L(q,q')=H+p(q',q)q'.
Il che si ha presupponendo la relazione p(q,q') come discende
dall'equazione q' = dH/dp. Allora noi dovremmo avere: (S', P')=dH/d(T,V)
da cui T(S',P') V(S',P') e quindi procedendo per analogia:
L(S,P,S',P')=U(S,P,T(S',T'),V(S',P'))+T(S',P')S'+V(S',P')P'. Cos'�?
Quello che non mi convince � il fatto che in questo schema ho
adottato un parametro l che � completamente riparametrizzabile,
quindi c'� qualcosa di differente rispetto alla meccanica classica.
Sospetto che la struttura in ballo qui sia presimplettica a causa
della particolare forma che hanno le H, cio� prescinde dal parametro,
se � cos� il pericolo � che procedendo per questa via si giunga ad una
lagrangiana perfettamente nulla, per evitare questo si procede al solito
modo: si aggiunge un parametro ausiliario che vincoli "l" ma questo
conduce ad una formulazione equivalente ma dove compare un parametro
artificioso, a meno di non trovare una interpretazione naturale,
se ne esiste una di questo parametro? E' come se mancasse una
struttura metrica nello spazio che parametrizza le trasformazioni
termodinamiche,
cosa che invece in meccanica classica non si verifica perch� il tempo ha un
ruolo. Ed allora mi viene da pensare che la struttura della termodinamica
sia
naturalmente conforme cio� definita a meno di riscalamenti, ma non � forse
questo quello che dice l'assioma di estensivit�? Cio� mi sembra che
questo problema si verifica perch� abbiamo usato una hamiltoniana che
� funzione omogenea in un insieme di parametri che coinvolgono gli impulsi.

Basta. Mi fermo e mi scuso anche perch� pensavo
di avere le idee pi� chiare ed invece potrei avere
aggiunto confusione.


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Received on Mon May 02 2005 - 15:11:53 CEST

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