Re: Guida per la Fisica Moderna
Elio Fabri wrote:
....
> Giorgio Pastore ha scritto:
....
>> Sono convinto anch' io che ci sia la terza (e la quarta) via. Ma
>> proprio per questo eviterei di proporre qualcosa che e' clonato in
>> modo un po' acritico sulla tradizione didattica universitaria
>> (italiana) su cui avrei invece non poche osservazioni.
>
> Io invece vedo molto meno queste altre vie.
> Non perche' pensi che l'attuale istruzione universitaria sia il "non
> plus ultra"; pero' potrei parafrasare la famosa battuta di Churchill:
> "L'universita' e' un pessimo sistema d'istruzione, esclusi tutti gli
> altri" (lui la disse per la democrazia).
> Soprattutto perche' temo molto la mancanza di feedback, di verifiche:
> saper studiare da soli e' una capacita' ancora piu' rara della
> preparazione liceale ideale, di cui si diceva sopra.
....
Ero sicuro che qui ci sarebbe stata una divergenza di idee ;-)
Cerchero' di elaborare un po' di piu' il mio punto di vista a riguardo.
Cominciamo dall' universita'. La tua divertente parafrasi di Churchill
io la metterei in modo lievemente diverso : " Le universita' sono
pessimi sistemi di istruzione (quale piu' quale meno), esclusi ....".
Perche' ? Beh, non direi che l' approccio didattico alla fisica sia
esattamente lo stesso sotto tutti i cieli. D' accordo, c'e' una certa
standardizzazione ma non e' completa (come anche gli studenti
Erasmus/Socrates possono verificare).
E anche senza andare alle differenze geografico-culturali, c'e'
differenza anche tra la fisica per i fisici, quella per i chimici, gli
ingegneri etc. Per quanto possano sembrare piccole, secondo me le
differenze sono importanti come segnale di diversi approcci alla
formazione universitaria. E dissento alla possibile obiezione che la
fisica e' una. Lo e' culturalmente. Ma se si deve fare formazione in un
tempo definito ed ad un determinato livello, occorre fare scelte di cosa
e' piu' importante e cosa meno, cosa e' piu' o meno rilevante ed
assimilabile. Ma rispetto a che scala di valori ? Rispetto agli
obiettivi formativi ed all' analisi del livello di partenza che devono
precedere la scelta degli argomenti da utilizzare per la formazione.
E proprio in termini di obiettivi mi sento di salvare anche la
divulgazione come attivita' formativa ma con ambizioni ed obiettivi
diversi rispetto a quelli della didattica universitaria.
Penso di averlo scritto qualche altra volta. La divulgazione diventa
nociva se e' fatta in modo disonesto (senza cioe' definire chiaramente
gli scopi limitati) o se il destinatario equivoca e pensa che tutto
finisce li'.
Se invece c'e' uno sforzo onesto (e definito esplicitamente) di "dare
un' idea", sia pure in modo approssimativo, evocativo, incompleto della
scienza allo stato attuale delle conoscenze ad un destinatario che vuole
cominciare a capire se e' interessato o ha bisogno di approfondire
ulteriormente, non ci vedo niente di male, anzi, ritengo che si tratti
di un' attivita' socialmente meritoria. Esattamente come trovo
socialmente meritoria un' educazione all' ascolto della musica anche se
tecnicamente riduttiva, carente ed anche filologicamente scorretta. Si
tratta solo di aver chiari i diversi scopi. Sempre in termini di
metafora musicale, non mi sento di scagliare anatemi su approcci
"immaginifici" alle sinfonie di Beethoven se l' obiettivo e' quello di
presentare quell' universo sonoro a ragazzi assolutamente digiuni di
musica classica e non abituati all' ascolto.
Non pretenderei ovviamente che questo fosse l' approccio da usare in
una classe di Composizione o Storia della Musica in Conservatorio!
Allo stesso modo non utilizzerei (almeno non sistematicamente) certi
scritti divulgativi di Asimov o certi articoli di Scientific American
all' universita'. Ma non vedo niente di male a suggerirli all' amico con
curiosita' di tipo scientifico. Non servono a capire "veramente" e
tantomeno ad imparare a "fare". Ma hanno la funzione enormemente
importante di creare e mantenere vari livelli intermedi tra gli
"analfabeti scientifici" e gli "addetti ai lavori".
>> - io penso che lo studio della fisica puo' trovare enorme
vantaggio da
>> un approccio "a spirale", ...
>
> Su questo concordo (a parte che direi "elica", non "spirale").
Perche' preferisci le curve 3D :-) Comunque intendevo proprio la spirale
perche' si tratta di una curva che, a seconda del verso di percorrenza,
permette di stringere o allargare la regione di spazio (concettuale)
visitata. Ovviamente si potrebbe pensare a curve frattali con
caratteristiche ergodiche invece ;-) ma questa metafora temo sarebbe
alquanto ostica...
> Direi anche che se un tale approccio era difficile ma non impossibile
> nell'insegnamento del passato, oggi mi sembra diventato del tutto
> proibitivo. Bisogna correre, saltare tutto cio' che non e'
> indispensabile (v. dopo)... Quindi figuriamoci se ci si puo' fermare a
> ripensare cose che debbono essere gia' "note"!
Proprio per questo, secondo me diviene piu' urgente ripensare la
didattica delle lauree specialistiche ( o magistrali). Ma anche una
buona volta (ri)mettere mano alla evoluzione schizofrenica che ha la
formazione (in fisica ma anche in altre materie) tra livelli scolastici
differenti.
>
>> - in un approccio autodidatta piu' ancora che nei curricula
>> istituzionali vedrei utile non mantenere piu' che tanto le barriere
>> tra vari campi. Perche' sciropparsi in modo sistematico un libro di
>> analisi se gli argomenti di analisi possono essere affrontati pian
>> piano man mano che si incontrano negli argomenti di fisica ?
>
> Qui invece ho dei dubbi. Temo si produrrebbe un apprendimento "a pezzi
> e bocconi", senza mai raggiungere una cultura organizzata.
Concordo sull' obiezione se parliamo di didattica universitaria. Ma non
per uno studio autodidattico. Ci sono diverse motivazioni e diversi
obiettivi.
....
>> P.es. perche' dovrebbe essere essenziale un corso di analisi
>> complessa per chi voglia capire i rudimenti della meccanica
>> ondulatoria ? Non e' necessario!
> Anche questo mi sembra pericoloso.
> Se non si guarda piu' in la' del proprio naso, puo' essere vero. Ma
> poi? che genere di cultura si produce?
Non c'e' un' unica cultura. L' equazione di Legendre per la parte
angolare delle autofunzioni in campo a simmetria sferica puo' essere
affrontata come problema di singolarita' fuchsiane in campo complesso o
con un approccio piu' "empirico" e particolare, costruendo per gradi la
parte della teoria rilevante e usando concetti non piu' complicati dello
sviluppo in serie di Taylor. Il primo approccio e' piu' "solido" e
completo. Anche piu' economico, in un certo senso. Ma il secondo
permette di arrivare ad un possibile obiettivo (capire la parte angolare
delle funzioni d' onda) piu' rapidamente.
.... qui si coglie la necessita' del feedback.
> Come faccio a capire se ho capito?
> Valuto quanti esercizi mi danno il risultato finale uguale a quello
> indicato?
> Puo' bastare?
> Quante volte un docente potrebbe far notare che sono arrivato al
> risultato giusto per una strada sbagliata?
> Quante volte mi potrebbe indicare che c'era una via molto piu'
> semplice, o piu' profonda, o altro?
Di nuovo, concordo nell' ottica di una formazione specialistica. Ma se
lo studio autodidattico serve per rispondere a curiosita' generica e
senza voler arrivare a certi livelli di autonomia, stiamo escludendo in
partenza la facilita' di accesso ad un docente.
Il vero nodo resta il fatto che tu sembri escludere qualsiasi approccio
che non sia quello di un insegnamento, mentre io sono convinto che per
scopi diversi ci siano soluzioni diverse.
Giorgio
Received on Mon May 02 2005 - 23:47:19 CEST
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