Il 18 Nov 2004, 00:15, verysfx_at_tiscali.it (simone) ha scritto:
> Ciao a tutti, vi avevo scritto tempo fa,per il mio quesito a cui devo
> rispondere....AIUTATEMI !
> Siamo sempre nel '400 e ci sono 2 persone che si devono comunicare la
> loro altezza col pensiero, uno � in cina e l'altro nelle americhe, non
> hanno quindi sistemi di misura comuni ...
> Come possono farlo?
> E se fossero uno sulla terra e l'altro sulla luna?
> E se fossero su due galassie diverse?
>
> Io ho pensato di applicare l'esperimento di ERATOSTENE ma non riesco
> ad andare avanti....
> Grazie di nuovo
> simone
Avevo gia' risposto a Mino, ma avevo commesso un errore.
Ringrazio Mino che con la sua proposta
di stabilire un campione di lunghezza sulla base della conoscenza
comune di un elemento chimico, mi ha stimolato a pensare un
metodo che non dipendesse da cio'.
Mi sembrava di aver trovato un modo di misurazione basato
sulla seguente ipotesi: e' possibile far viaggiare il pensiero
su linee rette esterne al cono luce e parallele fra loro.
Questa condizione di parallelismo vale indipendente
dal riferimento.
Ne consegue la possibilita' da parte di ognuno di comunicare
per esempio ad un tempo t1 e ad un tempo t2 di tempo proprio,
questi segnali saranno ricevuti dall'altro protagonista di questa
vicenda ad un tempo k*(t2 - t1). Dove k e' una costante relativa
all'ordine di comunicazione ed ai riferimenti.
Nelle comunicazioni inverse il fattore di proporzionalita' e' 1/k.
Se escludiamo la possibilita' di misurare la velocita' del pensiero
in termini della velocita' della luce da parte di ciascuno dei due
dialoganti allora o troviamo un modo alternativo per misurare k o
non possiamo conoscere la statura per via puramente geometrica.
Il procedimento che avevo seguito lo ripropongo comunque
perche' mi sembra istruttivo su quello che non bisogna mai
fare: pensare bendati rispetto agli argomenti dimensionali.
Assumiamo irrealisticamente di parlare la stessa lingua,
pure se i riferimenti specifici alla divisione del tempo alle misure
dello spazio ed ai nomi delle cose saranno differenti. Quello che
assumiamo saldamente uguale e' il linguaggio relativo alla
costruzione di figure geometriche, ai numeri interi, all'esistenza
di misure di tempo, misure di lunghezza, all'azione di inviare impulsi
alla velocita' del pensiero in corrispondenza dell'inizio e della fine
di una
misurazione di tempo da parte di uno sperimentatore. I soggetti della
storia saranno diversi, ma chi invia i segnali assumiamo sia sempre
un solo soggetto per pianeta. Assumiamo infine l'identicita' delle leggi
di gravitazione
di propagazione della luce e l'essenziale identicita' delle costanti
fondamentali.
PRIMO PASSO. Inviatiamo a considerare un triangolo equilatero sulla
superfice del pianeta la cui somma degli angoli interni sia 270 gradi.
Sappiamo che i lati di questo triangolo sono uguali ad un quarto di
circonferenza equatoriale. Chiediamo allora la misura della statura
in termini del lato di questo triangolo.
SECONDO PASSO. Chiediamo al nostro interlocutore di lasciar cadere un
oggetto da una quota proporzionata alla propria statura e di inviare un
pensiero al momento del rilascio ed al momento del contatto con il
suolo.
Poiche' assumiamo valida la legge di Newton ed esprimendo l'altezza
iniziale in termini del raggio del loro pianeta otteniamo l'intervallo
di caduta in funzione della sola incognita densita' media. Ma siccome
l'intervallo misurato e' noto a meno del valore di k, ne risulta che
siccome la densita' risulta proporzionale ad 1/ t^2 quello che noi
abbiamo stimato sostituendo nelle formule il tempo misurato
e' rho/k^2.
TERZO PASSO. Chiediamo la misura del tempo di andata e ritorno di un
segnale di luce fra due punti distanti una certa porzione del raggio
del pianeta. Da questo siamo in grado di conoscere k R.
QUARTO PASSO. Calcoliamo il rallentamento degli orologi fra due punti a
quote diverse esprimeremo al solito la differenza di quota in termini di
R. La differenza di ritmo risulta inversamente proporzionale
all'accelerazione per la differenza di quota. Infatti se poniamo che h
e' la costante di Planck e che ni e' la frequenza di un quanto di luce
questa frequenza cambia per effetto della variazione di energia in una
ascesa per un ammontare pari alla variazione di energia potenziale del
quanto al suolo ed in quota.
Questa variazione e' pari a G*M* (h ni)*H/R^2 Dove H e' la quota della
stazione di un secondo orologio. Da questa espressione prevediamo che
gli orologi in quota abbiano un ritardo relativo G*M*H/R^2.
QUINTO PASSO. Siccome M la possiamo esprimere in termini di rho e del
cubo di R ed H in termini di R e siccome conosciamo rho / k^2 e k R
risulta che l'intervallo di frequenza che prevediamo usando i valori
calcolati dai tempi misurati (che sono i tempi originali moltiplicati
per k) che risulta in una costante nota moltiplicata per la massa e
per un quadrato di R, allora questa grandezza non dipende
piu' dalla costante k. Quello su cui avevo sperato era che la
grandezza assoluta di tempo non dipendesse piu' da k, un evidente
errore logico che possiamo confutare con argomenti dimensionali.
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Received on Fri Nov 19 2004 - 20:49:23 CET