Re: Einstein e l'ipotesi dei quanta

From: Elio Fabri <mc8827_at_mclink.it>
Date: Thu, 23 Sep 2004 21:05:55 +0200

Aleph ha scritto:
> Ho letto recentemente un resoconto del celebre articolo con cui
> Einstein nel 1905 ipotizz� per primo la realt� fisica dei quanti del
> campo e.m., in seguito denominati fotoni.
> L'impressione che ne ho ricavato � che le motivazioni addotte da
> Einstein nella prima parte dell'articolo per giustificare
> l'introduzione dei quanti di radiazione fossero piuttosto deboli e che
> il vero argomento forte di quell'articolo sia invece la spiegazione
> dell'effetto fotoelettrico a partire dall'ipotesi quantistica.
Ti anticipo che non sono d'accordo. Piu' avanti cerchero' di spiegare.

> Le argomentazioni di Einstein riposano infatti sui seguenti capisaldi:
>
> 1) valutazione dell'entropia della radiazione a partire dalla
> ...
> ovvero la radiazione di frequenza nu � costituita da N quanti
> monocromatici ciascuno con energia h*nu.
Riassunto corretto.

> Ma veniamo alle perplessit�:
> 1) l'impiego della formula di Wien per descrivere la distribuzione in
> frequenza della radiazione � improprio: la formula corretta da
> utilizzare doveva essere quella (gi� nota da qualche anno) di Planck.
> Questo per� � un peccato veniale: infatti ad alte frequenze le due
> formule coincidono e quindi, pur di limitarci a considerare quanti di
> alta frequenza, l'approccio di Einstein rimane valido anche partendo
> dalla formula di Wien [interessante per� notare che utilizzando la
> formula di Planck non si perviene in alcun modo alla (*)];
Non e' un peccato, perche' E. lo sapeva benissimo. Infatti ripete
piu' volte che la sua conclusione vale per radiazione di bassa
densita'.
Non solo: osserva esplicitamente che se questa ipotesi non e'
soddisfatta il comportamento della raidazione potrebe essere diverso.

> 2) l'equazione di stato della radiazione e.m. � differente, ed
> Einstein lo sapeva bene, da quella valida per il gas perfetto e quindi
> l'identificazione delle relazione (*) e (**) appare un po' forzata.
Certo: E. sapeva tutto benissimo, come prova quello che dice in un
lavoro del 1909.
In quel lavoro ricava per la pirm avolta una relazione generale che
da' le fluttuazioni di energia in termini dell'entropia, per un
sistema termodinamico qualsiasi. Poi usao l'espressione dell'entropia
ricavata dalla legge di Planck (quindi non al limite di Wien) per
mostrare che nel caso della raidazione nera le fluttuazioni consistono
di due termini: uno corpuscolare e uno ondulatorio.

Non ci si deve fermare al lavoro del 1905: E. ha coninuato per un po'
(almeno fino al 1911) a lavorare su questo argomento. Poi fu preso
dalla RG...
Ho avuto occasione di ristudiare quei lavori nell'ultimo anno;
guardandoli tutti si vede che il filone teorico segue una linea di
sviluppo coerente: arrichisce sempre piu' l'interpretazione, fino al
culmine del lavoro del 1917.

> Conclusione: le motivazioni originarie che convinsero dapprincipio
> Einstein della bont� dell'ipotesi quantistica vanno ricercate
> (probabilmente) pi� nella propria elegante ed efficace spiegazione
> dell'effetto fotoelettrico e nell'interpretazione radicale e
> innovativa dei lavori di Planck sul corpo nero, che nella
> "giustificazione termodinamica" non del tutto soddisfacente da egli
> presentata nel suo celebre articolo.
Certamente E. da' la dovuta importanza alle verifiche sperimentali, ma
resto del parere che la la "molla" sia stata invece quella teorica.
                                         

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Elio Fabri
Dip. di Fisica - Univ. di Pisa
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Received on Thu Sep 23 2004 - 21:05:55 CEST

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