(wrong string) � specie

From: SaNdRO <ionicchannels_at_virgilio.it>
Date: Sat, 29 May 2004 08:24:36 GMT

Elio Fabri wrote:

> La ddp tra elettrodo e soluzione dipende solo (a parita' di altre
> condizioni) dalla concentrazione degli ioni in soluzione.
> Dato che questa e' la stessa dalle due parti, non c'e' differenza.

Caro Elio, il post che segue � un po' lunghetto. Ma credo di essere stato
estremamente chiaro. Non � il solito post colmo di domande e di sfide alla
comprensione di chi legge. Pertanto sarei felice se potessi dirmi cosa ne
pensi di questa interpretazione dei fatti. Magari per te sar� sbagliata o
semplicemnte banale: per me � invece importante. E visto che ho gi� scritto
un post del genere, ma meno chiaro, ho pensato di riformualre la "teoria" ed
il quesito per te.

Grazie


In biologia si misura la ddp attaverso la membrana delle cellule. Nulla di
trascendentale. L'interno delle cellule � un conduttore carico negativamente
e in eq. elettrostatico ha le cariche disposte in sueprficie per Gauss ed il
potenziale ounque uguale. Qualcosa gli ha messo delle cariche negative in
eccesso...e cos� si � caricato. Separato da una membrana che funge da
dielettrico di un condensatore, si ha un secondo "corpo" messo a terra.
Questo liquido si carica per induzione: le cariche negative interne
attraggonol e cariche positive di questo elettrolita esterno, le quali si
accalcano sulla superficie esterna del dielettrico (membrana). Il potenziale
di questo secondo corpo che ha subito induizione elettrostatica � messo a
terra. Notare che la capacit� di questo condensatore � tale che poche
cariche aggiunte all'interno fanno crescere la ddp di qualche decina di
millivolt, mentre la concentrazione di ogni specie rimane costante. Le due
soluzioni sono ovunque elettroneutr fuorch� a ridosso dellamembrana.


Come misurare questa ddp tra interno ed esterno??

Risposta: con una pila a concentrazione.


Immaginiamo ora due semicelle della pila a concentrazione, identiche e
connesse tra loro: la ddp � zero. Se ora sottoponiamo ad un campo elettrico
una delle due celle, la ddp non sar� pi� zero. La cella si caricher� per
induzione elettrostatica e cambier� il suo potenziale. Le cariche elettriche
si muoveranno lungo il gradiente di potenziale da una cella all'altra. Le
concentrazioni delle duce celle, pian piano varieranno.

Costruiamo allora due piccolissime semicelle e pratichiamo alla base di
ognuna di esse un piccolo foro. Una semicella la mettiamo esternamente alla
cellula (nell'elettrolita a potenziale di terra). L'altra semicella (che
nella nosytra fantasia sar� anche appuntita :-)) entrer� attraverso il
dielettrico nel conduttore interno. Attraverso il foro praticato nella base
(cio�: alla punta) della nostra semicella (appuntita), si avr� contatto
elettrico tra le due soluzioni (quella della semicella e quella del
conduttore interno). Visto che che l'elettrolita interno � negativo ed ha un
potenziale ben preciso, una volta in contatto con la semicella "a punta" ci
sar� un movimento di ioni teso ad annullare la ddp tra i due elettroliti.

Questa situazione � molto simile a quella vista sopra del campo elettrico
che carica per induzione la semicella.In questo caso la semicella si carica
per contatto. Ma allo stesso modo la concentrazione degli ioni nella
semicella a punta non cambia sensibilemnte e non � essa a produrre la ddp.

Sono le cariche (trasportate da ioni) che si muovono tra semicella a punta
ed elettrolita intracellulare. Questae cariche si fermeranno quando si
troveranno tutte al medesimo potenziale.

Stessa cosa si dir� in riferimento al passaggio di carica all'interfaccia
liquido/metallo. Le cariche elettriche della semicella a punta avranno un
potenziale diverso ora rispetto alla semicella di riferimento. Si creer�
cos� un flusso di cariche tra le due semicelle.

Se i due elettrodi non intervenissero con alcuna reazione chimica,
subirebbero solo una induzione elettrostatica. L'elettrodo della semicella a
punta subirebbe il campo dell'elettrolita in cui � immeros e le sue cariche
si spsoterebbero fino ad un nuovo equilibrio. La corrente registrata sarebbe
brevissima ed il voltmetro si muoverebbe impercettibilemente. Ma le reazioni
chimiche fanno s� che ci sia la possibilit� di movimento delle cariche dal
conduttore di seconda specie a quello di prima e viceversa. Quindi se una
carica negativa deve andare da una semicella all'altra ecco che l'anione che
la porta cede l'elettrone al metallo. Questo viaggia fino al metallo
dell'altra cella ed ivi cede l'elettrone ad un atomo neutro che diviene cos�
anione nell'altra cella. � passata una carica negativa.

Insomma, il concetto �: le cariche in soluzione si muovono sotto le stesse
forze e sotto le stesse leggi delle cariche "elettroniche".

In realt� si potrebbero mettere elettrodi metallici direttamente nelle
cellule, ma questo crea problemi di cortocircuito (che la pipetta di vetro
evita con un isolamento). Infatti gli stessi ioni degli elettroliti
cellulari potrebbero prendere e cedere elettroni al metalli, ma ci�
cambierebbe le concentrazioni non gi� di un sistema esterno, ma
dell'elettrolita medesimo. Per non dire che molti ioni resi atomi neutri si
riunirebbero a formare bolle gassose (isolanti) ecc ecc.

In elettrofisiologia, come immaginerai, i problemi sorgono quando a lungo
andare, nonostante le correnti siano piccole, cominiciano a variare
sensibilemente le concentrazioni degli ioni delle semicelle (quelli "attivi"
nella redox descritta) e NON le concentrazioni degli ioni della cellula. A
questo punto si sovrappone alla ddp da misurare quella legata alla pila a
concentrazione (diversa ora).

Io ho solo un dubbio (sempre che sia giusto quanto sopra :-)) che gradirei
molto mi aiutassi a risolvere.

Il voltemtro sa che deve segnare una certa ddp, credo, perch� "conosce la
sua resistenza e conosce pure la legge di Ohm. Sa cio� ricavarsi la ddp a
seconda del valore della corrente che lo attraversa. Fino a quando il
voltmentro se ne sta nel cassetto, a tutto quello che ho detto ci credo. Ma
quando inserisco i suoi elettrodi metallici nelle due semicelle
"accoppioate" elettricamente ai due rispettivi ambienti cellulari, le cose
non mi sono pi� tanto chiare. Infatti le cariche in soluzione non credo si
muovano "sempre" con la setssa "agilit�" con cui si muovono gli elettroni
nel filo. E soprattutto all'interfaccia, quando devono "passare" per una
reazione chimica. Quindi, in altri termini, alla resistenza del circuito di
misura non dovrebbe aggiungersi una molto variabile (magari variabile con il
tipo di soluzione nella semicella, il tipo di redox, ecc) resistenza "di
soluzione" e "di interfaccia"??
Received on Sat May 29 2004 - 10:24:36 CEST

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