Re: intervallo invariante

From: Bruno Cocciaro <b.cocciaro_at_comeg.it>
Date: Sun, 30 May 2004 18:58:29 +0200

"marco" <regolino_at_ingo.nn> wrote in message
news:130Z232Z133Z91Y1085913507X32607_at_usenet.libero.it...
> vorrei solo essere sicuro di avere correttamento capito e riassunto:
>
> GALILEO (ex. 2dim):
> intervallo (spaziale) dl^2 = dx^2 + dy^2 e' invariante.
> alias: spazio e' assoluto, tempo e' assoluto.
>
> RELATIVITA' SPECIALE
> intervallo ds^2 = dt^2 - dl^2 e' invariante.
> alias: spazio non e' assoluto (contrazione lunghezze), tempo non e'
assoluto
> (dilatazione tempi), ma spazio-tempo e' assoluto (velocita' luce costante.
> Questo centra con spazio-tempo assoluto, oppure no. A me viene da
scriverlo
> a naso, siccome parlo di dilatazione tempi e contrazione lunghezze).

Provo a dirti come la vedo io, poi se hai correttamente capito o meno
immagino che possa dirlo con certezza solamente tu.
Il punto e' che, per come la vedo io, usi dei termini (vari esempi:
"contrazione delle lunghezze", "dilatazione dei tempi", "spazio assoluto" (o
non assoluto), "tempo assoluto" (o non assoluto), "spazio-tempo assoluto" (o
non assoluto)) che sono un po' "pericolosi". Il pericolo sta nel fatto che
se a quei termini viene dato il corretto significato allora si e' capito, se
invece viene dato loro un significato scorretto allora non si e' capito
(naturale che qui ci si morda la coda: se uno non e' certo di aver ben
compreso come potrebbe essere certo di fare un corretto uso di quei termini?
Ecco perche' quei termini, a mio modo di vedere, sono pericolosi, cioe'
molto meglio non farne uso).

In fisica prerelativistica non si pone in dubbio il fatto che possa
associarsi un numero ad una grandezza detta "lunghezza" di un'asta rigida.
Il punto che mette in chiara evidenza Einstein nel 1905 e' che esistono
delle assunzioni implicite, nelle operazioni che compiamo quando diciamo di
misurare la lunghezza di un corpo (rigido) le quali non e' per niente detto
che siano sempre soddisfatte.
Esempio, se l'asta e' in moto e noi osserviamo, all'istante ta, l'estremo 1
dell'asta nel punto A e poi osserviamo, all'istante tb, l'estremo 2
dell'asta nel punto B allora non ci sogneremmo di assegnare all'asta la
stessa lunghezza che assegnamo al corpo rigido che, in un dato istante, ha
un estremo in A e l'altro estremo in B.
Cioe', per misurare una lunghezza, dobbiamo osservare punti diversi di uno
stesso corpo (l'estremo 1 e l'estremo 2), ma tali osservazioni dobbiamo
farle ***nello stesso istante***. Ne segue che alle parole "nello stesso
istante" dobbiamo dare un significato, dobbiamo in qualche modo accertarci
del fatto che le osservazioni sono "istantanee". Quindi nasce il problema di
dotare i punti del nostro riferimento di ***orologi sincronizzati***.
Einstein assume, per convenzione, una data procedura di sincronizzazione
degli orologi (e sul fatto che la sincronizzazione debba necessariamente
essere convenzionale o meno c'e' ancora oggi molta discussione (comunque la
posizione di Einstein su tale problema non mi e' nota: che nel 1905 egli
assuma quella convenzione e' certo, che poi sostenga o meno la
inevitabilita' di tale convenzione o meno non lo so)), assume la costanza
della velocita' della luce nonche' il principio di relativita' e arriva a
dimostrare che lo "spazio non e' assoluto" cosi' come "il tempo non e'
assoluto" cioe' dimostra che:
presa un'asta rigida AS di lunghezza L quando e' ferma (cioe' i suoi estremi
si trovano rispettivamente nei punti A e B quando gli orologi
(sincronizzati) fissi in A e B segnano entrambi lo stesso istante t* e i
punti A e B distano L nel senso che un'asta rigida di lunghezza L, ad
esempio AS, ferma nel nostro riferimento si trova con un estremo in A e con
l'altro in B e gli estremi continuano a rimanere li' nel tempo (cioe' l'asta
e' ferma nel nostro riferimento)) allora, messa in moto l'asta, la sua
lunghezza risultera' minore di L, cioe' gli estremi dell'asta si troveranno
rispettivamente nei punti C e D quando gli orologi (sincronizzati) fissi in
C e D segnano entrambi l'istante t**, cioe' un'asta rigida di lunghezza L
(eventualmente la stessa asta AS una volta fermata) con un'estremo in C non
avra' l'altro estremo in D, il punto D risultera' in un punto interno
compreso fra i due estremi dell'asta.
Naturalmente nel riferimento dell'asta (cioe' rispetto ad un riferimento in
cui l'asta non e' in moto) la sua lunghezza continuera' ad essere L (il
numero L e' ovviamente convenzionale, possiamo dire che l'asta che stiamo
usando e' la nostra unita' di misura, quindi la sua lunghezza sara' 1 per
definizione). In questo senso lo spazio non e' assoluto: la misura della
lunghezza di una stessa asta da' un risultato in un riferimento mentre ne
da' un altro, diverso dal precedente, in un altro riferimento.
Discoso analogo per i tempi:
il nostro riferimento e' dotato, come detto, di orologi sincronizzati in
ogni punto. Un orologio OR in moto segna un istante tA quando si trova nel
punto A e anche l'orologio fisso nel punto A segna l'istante tA proprio
mentre OR passa per A. Quando OR, nel suo moto, arriva nel punto B accade
che l'orologio fisso in B (sincronizzato con l'altro fisso in A) segna un
istante tB>tA ma OR segna un istante tR<tB (cioe' l'orologio in moto,
secondo la terminologia che sopra dicevo sarebbe bene non usare, "gira piu'
lentamente" se osservato da un riferimento in cui esso e' in moto).
In questo senso il tempo non e' assoluto: potremmo immaginare di accendere
una lampadina in A quando OR passa per A, e di accenderne un'altra in B
quando OR passa per B. Nel nostro riferimento l'intervallo di tempo
trascorso fra l'accensione delle due lampadine e' tB-tA, mentre nel
riferimento in cui OR e' in quiete l'intervallo di tempo trascorso fra
l'accensione delle due lampadine (che in quel riferimento si accendono nello
stesso punto, nel punto in cui si trova OR) e' tR-tA intervallo che, come
detto, risulta essere minore di tB-tA.

Vediamo ora in che senso lo spazio-tempo e' "assoluto".
Riprendendo l'esempio appena visto delle lampadine che si accendono al
passaggio di OR, avviene che:
(tR-tA)^2=(tB-tA)^2-(xB-xA)^2
dove xB-xA e' la lunghezza del corpo rigido che, in quiete nel nostro
riferimento, avrebbe un estremo in A e l'altro in B.
Se anche osservassimo l'accensione delle lampadine da un qualsiasi altro
riferimento inerziale si otterra' che i due punti in cui avvengono le
accensioni distano d e l'intervallo di tempo fra le due accensioni sara' dt.
d e dt saranno comunque legati dalla relazione dt^2-d^2=(tB-tA)^2-(xB-xA)^2.
In questo senso lo spazio-tempo e' assoluto: l'intervallo di tempo dt fra
due eventi (accensione della prima lampadina e accensione della seconda) non
e' invariante (cambia al cambiare del riferimento), l' "intervallo di
spazio" d fra due eventi (la distanza fra il punto in cui avviene uno e il
punto in cui avviene l'altro) non e' invariante (cioe' anche quello dipende
dal riferimento), ma l'intervallo di spazio-tempo dt^2-d^2 e' invariante: in
ogni riferimento inerziale si osservera' sempre lo stesso intervallo.

> RELATIVITA' SPECIALE
> intervallo ds^2 = .... non e' invariante, ma determinato dalla
distribuzione
> di massa. (ovviamente velocita' luce rimane costante)

Qua immagino proprio tu volessi dire relativita' generale (non speciale),
pero' non so dirti proprio niente a tale proposito.

Ciao.
-- 
Bruno Cocciaro
--- Li portammo sull'orlo del baratro e ordinammo loro di volare.
--- Resistevano. Volate, dicemmo. Continuavano a opporre resistenza.
--- Li spingemmo oltre il bordo. E volarono. (G. Apollinaire)
Received on Sun May 30 2004 - 18:58:29 CEST

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