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From: Davide Pioggia <dpioggia_at_NOSPAMlibero.it>
Date: Wed, 12 Nov 2003 14:32:40 GMT

Nell'articolo <3FB1FD31.60202_at_hotmail.com>
Valter Moretti ha scritto:

> Ci sono teoremi di Von Neumann che ti
> dicono quanado eseguendo la media temporale dell'evoluzione di uno
> stato
> di un sistema quantistico lo stao medio tende ad una matrice densita'
> che nel caso di sacmbio di energia con un serbatoio termico
> produce una distribuzione canonica (canonical enesemble).

S�, ma � nella sostanza quello che avevo cercato di sottolineare parlando
del moto browniano, che � appunto un approccio "mesoscopico".

Infatti c'� una particella che viene descritta per mezzo di propriet�
"meccaniche" (posizione, velocit�, eccetera) mentre tutte le altre vengono
descritte a livello "macroscopico", dicendo che si tratta di un fluido ad
una certa temperatura, pressione, eccetera.

Per avere una totale "simmetria" fra tutte le particelle (che equivale ad
avere una teoria "puramente miscroscopica") noi dovremmo dire che in un
certo istante di tempo la prima particella ha una certa posizione e
velocit�, la seconda ha un'altra posizione e velocit�, la terza altre ancora
e cos� via.

Invece che facciamo? Ci poniamo in un punto di vista "a met� strada" (=
"meso") fra il microscopico e il macroscopico: una particella la descriviamo
per mezzo delle sue propriet� "miscroscopiche" (posizione, velocit�, ecc.) e
tutte le altre le descriviamo a livello "macroscopico" (diciamo che
"costituiscono un fluido posto ad una certa temperatura, pressione,
eccetera").

Posso anche vedere la cosa da un altro punto di vista, e dire che per una
particolare particella fornisco delle informazioni "esatte", mentre per le
altre fornisco solo un "riassunto statistico".

Ora, � chiaro che avendo adottato una descrizione "meso", qualunque domanda
mi ponga sulla evoluzione di quella particella non possa che ottenere una
risposta "mista" (= meso). Il che � come dire che avr� equazioni in cui
compaiono simultaneamente delle grandezze "microscopiche" e delle grandezze
"macroscopiche". Ovvero -che � lo stesso- avr� delle equazioni che mi
consentono di dare risposte "probabilistiche" a "domande esatte" (e poi ci
si stupisce che la MQ � "probabilistica": � ovvio che � tale, essendo una
teoria "mesoscopica").

Facciamo un esempio concreto.

Tu prendi una particella immersa in fluido della quale sai che al tempo t0
si trova in una certa posizione x0 ed ha una certa velocit� v0.

Poi fai una domanda puramente "meccanica", che richiede(rebbe) una
"informazione completa". Ecco la domanda:

<<Quali saranno la posizione e la velocit� della particella al tempo t?>>

Ebbene, se noi avessimo adottato una approccio puramente "miscroscopico"
potremmo rispondere a questa domanda non solo in modo "esatto",
ma -soprattutto- facendo ricorso solo a grandezze "miscroscopiche". Nella
nostra risposta comparirebbe solo la posizione e la velocit� iniziale di
tutte le particelle, la loro massa, carica, eccetera.

Invece noi abbiamo fornito una descrizione "miscroscopica" solo di un
particella, e di tutte le altre abbiamo fornito un "riassunto statistico",
introducendo -corrispondentemnete- delle propriet� che sono definite solo a
livello macrscoscopico (come, appunto, la temperatura).

Ed infatti nella risposta a quella domanda ci ritroviamo tutti i seguenti
ingredienti:

1) grandeze microscopiche (riferite a quella particella);

2) grandezze macroscopiche (riferite all'ambiente)

3) probabilit� (dovuta al fatto che l'informazione microscopica
sull'ambiente � stata "riassunta", "ridotta")

Una risposta potr� essere la seguente:

<<Al tempo t abbiamo una probabilit� di trovare la velocit� della particella
in un intorno di v che � pari a... [segue una complicata espressione in cui
compaiono varie grandezze macroscopiche che descrivono l'"ambiente", fra cui
ovviamente la temperatura].>>

Quella "complicata espressione" per t che tende all'infinito assume di
solito l'aspetto di quella "distribuzione canonica" di cui parlavi tu, nella
quale la temperatura compare come agomento di un esponenziale eccetera.

Ma non facciamoci distrarre troppo dalla matematica.

E' vero che la temperatura mi pu� servire per "rispondere ad una domanda
microscopica", ma ci� accade perch� la mia descrizione del sistema �
"mesoscopica".

Se ora io mi chiedo:

<<Tutte queste grandezze che ho usato, a che "livello" sono *definite*?>>

Ebbene, la "posizione" e la "velocit�" sono grandezze proprie del livello
"miscroscpico" e la la "temperatura" e la "pressione" sono grandezze proprie
del livello "macroscopico".

Quello che dovrebbe essere chiaro � che se parlo di una particella e nomino
la "temperatura" allora:

1) sto *sempre* parlando della temperatura dell'*ambiente* di quella
particella (che anzich� essere descritto come insieme di particelle viene
descritto a livello "macroscopico")

2) da qualche parte devono saltare fuori le *probabilit�* (e questo a
prescindere dal fatto che la teoria "microscopica" sia "intrinsecamente
probabilistica" o "deterministica" o quel che �).

Il fatto che tu, per poter nominare la "temperatura" parlando di una
particella debba tirar fuori lo <<scambio di energia con un serbatoio
termico>> ti dovrebbe mostrare chiaramente che la "temperatura" la definisce
la presenza di un "ambiente".

Ecco, per i "quanti" � la stessa cosa.

Consideriamo il seguente evento:

<<Il quanto viene assorbito dal rivelatore nel punto x all'istante t>>.

Ora, il quanto ha delle sue definite propriet�, come ad esempio la carica
elettrica. Quindi il nostro evento, nel caso di un "quanto di carica", pu�
anche essere descritto cos�:

<<Un quanto di carica e viene assorbito dal rivelatore nel punto x
all'istante t>>.

Ebbene, questo � analogo ad affermare che:

<<Una particella avente velocit� v � immersa in un fluido posto a
temperatura T>>

E' il rivelatore che si trova nella posizone x al tempo t, e non il quanto,
il quale non fa altro che "essere assorbito" dal rivelatore. Questo "essere
assorbito" a sua volta corrisponder� a qualche interazione "puramente
quantistica", che in qualche modo sar� descrivibile a livello "miscroscopico
puro" (che noi non conosciamo perch� la MQ � "mesoscopica"). Ci sar� ad
esempio una "interazione quantistica miscoscopica" la cui "eco" a livello
miscoscopico sono ci� che noi chiamiamo "entanglement" o "interazione di
scambio" eccetera. In fondo, cosa fa il nostro elettrone per essere
"assorbito"? Diviene "entangled" con tutti gli elettroni che costituiscono
il rivelatore.

Ma non ha senso dire che siccome viene assorbito allora "ha" la posizione x
all'istante t.

Allo stesso modo quando diciamo che la nostra particella browniana �
"immersa" in un fluido posto a temperatura T, stiamo affermando che quella
particella ha determinate interazioni "microscopiche" con tutte le
particelle che costituiscono quel fluido, ma non diciamo che per il semplice
fatto di essere immersa in un fluido a temperatura T allora anche per la
singola particella si pu� definire una "temperatura" e quella temperatura �
T! La "temperatura" � una propriet� che riguarda l'"ambiente" in cui si
trova la particella. Stop.


>> Tu vuoi che io ti mostri l'"evidenza" del fatto che un quanto *non*
>> ha una posizione spazio-temporale, non ce l'ha *mai*, come la
>> molecola non ha *mai* una temperatura.

> Mi interessa la prima parte perche' come ho detto la seconda e' meno
> evidente di quello che dici.

Spero che ora la seconda parte sia un po' pi� "evidente" (e spero anche sia
chiaro che l'"evidenza" non esiste, perch� il cannocchiale potrebbe essere
un "proiettore di sogni").

Quanto alla prima parte, nel mio post precedente avevo discusso un certo
esperimento partendo dal presupposto che le grandezze per avere un senso
fisico devono essere *definibili operativamente*.

Ora, mi fa un po' ridere essere qui a "difendere" Bridgman, perch� in altri
contesti ho anche ciriticato aspramente in pan-operativismo del XX secolo.
Tuttavia proprio perch� credo di conoscere i limiti di quella impostazione
filosofica, credo anche di saper quando la si deve applicare.

Alla vecchia "domandona" <<Perch� la matematica "funziona"?>> si pu�
rispondere solo se ci si rende conto che la matematica "funziona" laddove si
usano esclusivamente delle grandezze *definite operativamente*. Si
costruisce una "ricetta operativa", la si "impacchetta" in un "loop" e poi
si *contano* i "loop". Ecco da dove vengono i "numeri".

Come dicevo speravo che almeno qui -fra fisici- tutto ci� fosse "pacifico".
Ed invece non lo �, ed ovviamente non posso pretendere che ci� sia
"evidente" a tutti i costi.

*Se* fosse stato "evidente" (se, cio�, avessimo trovato un "accordo" sul
fatto che per capire ci� di cui si sta parlando occorre *sempre* tenere
presente qual � la sua definizione *operativa*), allora il senso di tutto
quel lungo ragionamento sull'esperimento dei due fori era quello di mostrare
che per evitare i "paradossi" della MQ basta prendere atto del fatto che la
"traiettoria" di un quanto non � definibile. N� "ineterminata" n�
"multipla", ma in-definita. E siccome non � definita la traiettoria non �
definito neanche un "punto della traiettoria", cio� la "posizione", e se la
"posizione" non � definita allora non � definita *mai*, punto e basta.

Ma tu non accetti del tutto il mio approccio "operativista", ovvero mi
"neghi il cannocchiale". Pazienza :-)


> dal mio punto di vista, faccio una misura di posizione (devo
> definire cosa sia uno strumento che misura la posizione) e quando la
> mia particella interagisce con lo strumento e dice "questa e' la
> posizione"
> dico quella e' la posizione della particella.

Quella � la "posizione" dello strumento. Del quanto sai solo che ha
interagito con uno strumento che ha quella posizione. Cos� come della
particella browniana eccetera.

D'altra parte tu sei libero di "definire operativamente" la "posizione" del
quanto nel modo in cui hai detto. Purch� -allora- tu sia disposto a
rinunciare a parlare di "posizione" di un quanto ogni qualvolta essa non sta
interagendo con quel dispositivo.

Ma se tu rinunci a parlare di "posizione" ogni qualvolta il quanto non sta
interagendo con il dispositivo, allora stai dicendo che nell'intervallo di
tempo in cui il quanto � stato emesso e non ancora assorbito la sua
posizione � in-definita, il che esclude che si possano nominare delle
"sovrapposizioni" o delle "indeterminazioni"!

Ripeto: non puoi dirmi che prima di interagire con il dispositivo il quanto
aveva "molte posizioni" o ne aveva una "indeterminata", ma puoi dirmi solo
che prima *non* aveva alcuna posizione, e poi -solo quando interagisce- ha
una "posizione" (che � quella del rivelatore).

E' un po' come definire "temperatura di una particella" (in fondo ognuno �
libero di definire ci� che gli pare) la temperatura del fluido in cui essa
immersa. Va bene, dico io, facciamolo pure, poich� poi non ci mettiamo in
testa di chiederci qual � la temperatura della particella quando essa passa
da un fluido ad un altro.

Come vedi in questo punto io mostro di considerare accettabile la tua
"proposta" di dire che quando il quanto interagisce con il rivelatore che ha
posizione x all'istante t allora (x,t) sia anche la posizione
spazio-temporale del quanto. Dico: <<S�, va bene, una definizione � una
definizione, ognuno d� quelle che vuole.>>

Tuttavia da quella definizione che tu proponi seguono non solo i "pericoli"
che ho cercato di mettere in evidenza, ma anche altri "grossi problemi".

In particolare se adottiamo la tua proposta, noi dovremmo dire che
all'istante t1, quando il quanto viene emesso da un dispositivo posto in x1
esso (il quanto) "ha" la posizione x1. Poi diremmo che all'istante t2,
quando il quanto viene assorbito da un dispositivo posto in x2, esso (il
quanto) "ha" la posizione x2.

E poi -di comune accordo- diremmo che nell'intervallo di tempo [t1,t2] il
quanto non "ha" nessuna posizione spaziale.

Magari a questo punto potrei anche trovarti d'accordo nell'affermare che
"in-definito" non significa n� "multiplo" n� "in-detemrinato". Ma come
dicevo c'� un altro problema che mi pare pi� fondamentale.

Noi abbiamo appena indicato un intervallo di tempo [t1,t2] in cui il quanto
non "ha" una posizione. Quindi stiamo affermando che in ognuno di quegli
istanti il quanto, pur non avendo una "posizione nello spazio", ha una
"posizione nel tempo", ovvero "c'�". Stiamo pensando ad una sorta di insieme
continuo di "eventi non spaziali" parametrizzati dal parametro "t".

Quindi: <<lo *spazio* *no* ed il *tempo* *s�*>>.

E' accettabile questa "asimmetria"?

Io direi di no, per una serie di motivi:

1) Einstein ci insegna che la asimmetria fra spazio e tempo � prodotta da
una asimmetria nella "metrica" del cronotopo, ma non riesco ad immaginarmi
un punto del cronotopo in cui tre coordinate non sono definite ed una s�: se
un elemento di un vettore � indefinito tutto il vettore � indefinito;

2) l'esperimento delle due fenditure ci mostra che -in presenza di
"interferenza"- non solo non possiamo rispondere alla domanda <<*Dove* �
passato l'elettrone?>>, ma non possiamo nemmeno rispondere alla domanda
<<*Quando* � passato l'elettrone?>>

3) quelle che vengono definite "relazioni di indeterminazione" di Heisenberg
dimostrano che gli "effetti quantistici" presentano una "simmetria" fra
"spazio" e "tempo": se gli "effetti quantistici" ci fanno dire che la
"posizione spaziale" non � definita, allora anche la "posizione temporale"
non � definita.

Ne viene che o siamo costretti a dire che nell'intervallo di tempo [t1,t2]
il nostro quanto "non c'�", oppure -santo cielo!- ci rassegniamo una volta
per tutte a dire che lo "spazio" ed il "tempo" sono propriet� "emergenti" a
livello "macroscopico", e che non ha alcun senso chiedere *dove* e *quando*
� passato l'elettrone.


> Quando non faccio misure
> di posizione la particella non ha posizione, punto e basta.

S�, ecco, vedo che siamo d'accordo. Allora nessuna "sovrapposizione di
stati" (o altre cose del genere), voglio sperare.


>> Vogliamo provare a ragionarci assieme?

> Ci provo, ma non ho capito quasi niente su doive vuoi andare a parare.

Ok, ne prendo atto e mi scuso per il mio modo un po' confuso (e prolisso) di
esprimermi.


>> Dunque, io mi sentirei di dire che una grandezza fisica -affinch�
>> abbia un senso fisico- deve essere definibile *operativamente* o
>> derivabile da grandezze definibili operativamente.

> Si credo che l'approccio operativista sia sensato, ma e' impossibile
> ridurre tutti i concetti, che si sono rivelati importanti, della
> fisica
> a cio': che cosa e' la lagrangiana di un campo in termini operativi?

Io dicevo che una grandezza deve essere definita operativamente *oppure*
essere derivabile da grandezze definibili operativamente.

Nella lagrangiana compaiono grandezze cinematiche, la massa inerziale e
varie "cariche", tutte definibili operativamente.


>> Dunque, la "probabilit�" di un evento non � altro che il limite della
>> frequenza relativa di un certo evento,

> (ti faccio notare che la questione e' piu' subdola: probabilita' zero
> significa evento impossibile, ma con la tua "definizione" operativa,
> se ottenssi una frequenza che "tende a zero" senza essere nulla
> diresti
> che la probabilita' e' zero?)

Aspe', stiamo calmi :-)

Sei sicuro che "probabilit� zero" significa "evento impossibile"?


> Guarda, non sono per niente d'accordo sulla tua impostazione della
> questione ,anche se condivido il fatto che non ci sia la posizione
> della particella quando
> non la misuro, se e' questo che sostieni, e se lo e' devi sapere
> che e' una cosa che sostengono in 99% dei fisici per cui non capisco
> il senso di tutto il tuo discorso.

Il senso del mio discorso � questo:

Secondo me non c'� *mai* la posizione della particella; certo � solo una
questione di come si vogliono definire queste grandezze, ma se tu di una
grandezza dici che <<c'� solo quando viene osservata>> ti metti su una
"brutta strada", perch� poi ti viene da chiederti <<e allora che ne � di
quella grandezza quando non viene osservata? ha forse "tanti valori"? o ne
ha forse uno "indeterminato"? ma allora le cose "esistono" solo quando le
osserviamo?>>

Sar� anche vero che il 99% per cento dei fisici ha chiaro tutto ci�, ma io
leggendo i libri vedo anche che il 99% dei fisici tende a porsi delle
domande *prive di senso fisico* ed a fornire delle risposte che sono
altrettanto *prive di senso fisico*. Non sono n� giuste n� sbagliate: sono
affermazioni prive di senso che vengono chiamate "interpretazioni", non
vengono mai usate per "fare i conti" (ovvio, altrimenti gli algoritmi non
"funzionerebbero") e se si cerca di dare loro un qualche senso si producono
inevitabilmente delle antinomie o delle contraddizioni.

Cercavo ad esempio di farti vedere che -se ci si attiene alle definizioni
*operative*- l'espressione <<le probabilit� si sommano in ampiezza>> non ha
senso. Stabilito che questa non ha senso, che dire di cose come <<il
"colasso" della funzione d'onda?>>


> Veniamo ai dettagli.
>
> a) Prima di tutto nella MQ NON ci sono le traiettorie.

Eh, a chi lo dici!

Ma allora cosa dobbiamo dire -tu ed io- a coloro che parlano di
"sovrapposizione di stati"?

Non solo, ma nella parte del mio precedente post che tu hai letto
distrattamente perch� troppo "incasinata" io cercavo di dimostrare che se le
traiettorie "non ci sono" allora non ha senso dire che <<le probabilit� si
sommano in ampiezza>>, perch� le probabilit� che vengono "sommate"
appartengono ad esperimenti *molto diversi* fra loro, ed � del tutto
"normale" che se voglio ricavare i "conteggi" dell'esperimento A a partire
dai "conteggi" dell'esperimento B e C debba introdurre un qualche elemento
che mi "corregga" il fatto di stare utilizzando le misure di un *altro*
esperimento.


> Se ne puo'
> parlare nella formulazione con i cammini di Feynman ma non e'
> obbligatorio e nemmeno un punto di vista condiviso da tutti (anche se
> tecnicamente (ci sono grossi problemi matematici in alcuni casi pero')
> i risultati finali sono gli stessi della MQ standard).

Guarda, secondo me la formulazione con i "path integral" � cruciale per
comprendere la MQ, ed infatti di solito faccio riferimento a quella.

Se tu vuoi dirmi che quella formulazione non va bene dovresti cercare di
essere pi� convincente.

Ma tutto ci� alla fin fine � un problema che non rigurda la mia
argomentazione, perch� in essa io parlavo solo di "conteggi": conto i "tic",
i "puntini", e poi faccio delle considerazioni sui risultati empirici di
quei conteggi, senza <<fingere ipotesi>>. E mi sembra che riesco a dire
tutto quel che c'� da dire senza nominare i "collassi", le
"sovrapposizioni", le "indeterminazioni" o quanto altro previsto dalla
"liturgia" che vedo praticare da quel 99% di fisici che pure tu mi assicuri
essere "atei".


> b) In secondo luogo perche' parli di "assurdo"? e di errori logici.
> Cosa significa assurdo? Significa logicamente sbagliato oppure
> "contrario al senso comune"?

Figurati se mi preoccupo del "senso comune".

"Assurdo" � ci� che viola la logica.

Se prendo un insieme di puntini e definisco un criterio per suddividerlo in
pi� sottoinsiemi, allora la somma dei puntini di tutti i sottoinsiemi sar�
pari al numero iniziale di puntini. Per questo ti dicevo che <<in un piede
ci sono dodici pollici>>, perch� il pollice � la dodicesima parte del piede,
e quindi la mia � una "tautologia".

Se ora arriva uno a dirmi che <<in un piede ci sono un po' pi� o un po' meno
della dodicesima parte di un piede>> allora io dico che quello � un modo
"assurdo" di esprimersi.

Nell'esperimento [12] i "conteggi parziali" non sono osservati. Ed � proprio
questo fatto che definisce l'esperimento [12]. Allora non possiamo dire che
<<i conteggi parziali si sommano in ampiezza>>, perch� non ha senso. Al
limite potr� dire che <<il conteggio totale dell'esperimento [12] si pu�
ottenere "sommando in ampiezza" i conteggi totali degli esperimenti [1] o
[2]>>, oppure potr� dire che <<il conteggio totale dell'esperimento [12] pu�
essere ottenuto "sommando in ampiezza" i conteggi parziali dell'esperimento
[1-2]>> eccetera. Va bene, avr� trovato una certa espressione matematica
(che chiamer� "somma in ampiezza" per far vedere al pubblico che so usare i
numeri complessi) che mi lega i conteggi relativi a diversi esperimenti.
Bene, benissimo, pi� roba sappiamo e meglio �, ma intanto resta il fatto che
<<in un piede ci sono dodici pollici>>, il che � come dire che <<le
probabilit� si sommano>>, senza tirare fuori delle improbabili "logiche
quantistiche".


> Mi pare che tu non abbia capito (come
> purtroppo anche diversi fisici ) che la teoria della probabilita' che
> si
> usa in MQ non e' quella classica, * anche se si conserva la questione
> frequenza = probabilita'*.
>
> La teoria probabilistica classica e' una teoria della misura su
> un reticolo booleano. Di fatto e' una misura finita
> su una sigma algebra definita nel senso di Kolgomorov.
>
> La teoria probabilistica quantistica e' una teoria della misura
> su un reticolo ortocomplementato completo il cui modello usuale della
> MQ e' costituito dall'insieme dei proiettori ortogonali in uno spazio
> di Hilbert (separabile).

Guarda, a me che si faccia della "fisica non classica" sta benissimo.

Figurati: sono io quello "radicale" in questo contesto: sostengo addirittura
che una particella non ha *mai* una "posizione".

Ma una "teoria della probabilit� non classica" � in sostanza una "logica non
classica".

Ora, mi piacerebbe che noi fossimo d'accordo su quanto ho appena detto, e
certe tue frasi mi fanno pensare di s�:

> Nel secondo caso ci sono eventi la cui combinazione con i connettivi
> logici e' priva di senso.

E' qui che si produce lo "scontro", perch� a me la "logica non classica"
sembra una "assurdit�" :-)

Adesso che l'ho detto pensarai che io sia assai "ingenuo" in materia, che
sia digiuno di letture sulle "logiche artificiali", i meta-linguaggi, i
linguaggi-oggetto, e cos� via. Potrei dirti che non � cos�, ma poi perch�
dovresti credermi?

Io uso i numeri complessi, anche per fare della fisica, eppure sono convinto
che nella mia vita non "incontrer�" mai dei numeri complessi. Vedr� 3
pecore, 4 gatti, un segmento lungo 3 metri, pi� 4 decimetri, pi� 6
centimetri, pi� 2 millimetri (e poi mi fermer� perch� mi sar� stancato), ma
non incontrer� mai <radice di -1> pecore.

E credo di dirlo non per "ingenuit�", ma proprio perch� ritengo di aver
capito cosa ha a che fare la "matematica" con la "natura".

Cos� come uso volentieri i numeri complessi, uso anche le "logiche
alternative", per� sono talmente presuntuoso da pensare che la natura mi
mostrer� sempre e soltanto la "logica classica", e che saranno solo le mie
"interpretazioni" prive di "senso fisico" a farmi pensare che la soluzione
di certi "paradossi" sia quella di "cambiare logica" o fare delle
"estensioni" di quella "classica".

A questo punto per� mi fermo anche io, perch� siamo definitivamente passati
dalla fisica alla filosofia, e quindi immagino di essere OT.

Ciao, grazie per tutto il tempo che mi hai dedicato.

Davide
Received on Wed Nov 12 2003 - 15:32:40 CET

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