Re: sullo spin dell'elettrone

From: Elio Fabri <elio.fabri_at_fastwebnet.it>
Date: Fri, 23 Oct 2020 18:16:35 +0200

Come al solito, non riesco a seguire la discussione.
Quindi sono costretto a intervenire in modo autonomo, riprendendo
alcuni spunti ma senza dare precise citazioni: non ce la faccio.

Comincerei con qualcosa di cui non ha parlato nessuno, sull'esper. di
Stern e Gerlach, che è molto meno semplice nella pratica come nella
teoria, di come viene universalmente raccontato.
Per cominciare, l'esp. è del 1922, quindi precedente alla m.q. e anche
alla tesi di de Broglie.
Tanto meno era conosciuto lo spin dell'elettrone.

Secondo: l'esperimento fu eseguito usando atomi di Ag (di questo dico
fra poco) usando la tecnica dei "raggi molecolari", sviluppata da
Stern nel 1919.
La tecnica consiste schematicamente in questo.
1) Un fornetto a temp. adeguata per vaporizzare le molecole o atomi
desiderati.
2) Un'uscita *collimata*, in modo da selezionare atomi (o
molecole aventi tutte circa la stessa direzione di moto.
3) Il tutto sotto un vuoto suff. spinnto per garantire un suff.
caamino libero medio alle molecole (atomi)
4) Un *selettore di velocità* (meccanico) che non posso descrivere in
dettaglio. Necessario per isolare particelle aventi velocità in un
piccolo intervallo, contro la distribuzione maxwelliana di quelle uscenti
dal fornetto.

Nell'esper. di cui si parla la selezione di velocità è necessaria
perché la deflessione dovuta al campo magnetico è prop. al tempo che la
particella trascorre nel campo.
Senza la selezione di velocità le particelle si sparpaglierebbero e
impedirebbero qualsiasi osservazione.

Ancora un'osservazione su questi raggi molecolari. Per questa invenzione
Stern ottenne il Nobel, mi pare nel 1943.
Considerate che fino a pochi anni prima del suo lavoro, si discuteva
ancora se gli atomi esistessero.

Come ho detto, nell'esp. S-G si usavano atomi di Ag: perché?
Intanto non si potevano usare elettroni o altre particelle cariche,
che sarebbero state deflesse dal campo magnetico a causa della carica
e non del momento magnetico.
(Qui ci sarebbe qualcosa di più complicato a proposito degli
elettroni, però ne ho solo un vaghissimo ricordo per cui non ne
parlo.)

Ma perché, fra tantissimi atomi, fu scelto proprio l'argento? Confesso
che qui non ho le idee chiare, perché non so di preciso che cosa si
sapesse allora sulla struttura elettronica.
Era accettato il modello di Rutherford, ma per un atomo con molti
elettroni (47 per l'argento) dubito che si avvesse idea di come
fossero disposti e come si muovessero.
Era noto dalla chimica che Ag è monovalente.
Vi copio la configurazione, da cui si vede che ha un "core" di gusci
(shell) chiusi, a parte l'elettrone di valenza.

1s2, 2s2, 2p6, 3s2, 3p6, 3d10, 4s2, 4p6, 4d10, 5s1

Col senno di poi, l'atomo avrà quindi momento angolare e momento
magnetico pari a quello di spin dell'elettrone singolo.

Ma non credo che a quel tempo si potesse dire niente del genere, quindi
la scelta dell'argento dev'essere stata suggerita da ragioni
sperimentali.
E non è escluso (non ho letto l'articolo) che fossero stati provati
altri metalli.

Un accenno ora alla rivelazione.
Non esisteva un rivelatore in senso proprio. Semplicemente gli atomi
si depositavano su una lastra di vetro, dove si poteva vedere a occhio
(al più con una lente, non so) la macchia nera lasciata da un buon
numero di atomi.
Dal punto di vista dei fondamenti della m.q. questo è importante (forse
lo riprenderò più avanti): l'unica operazione di misura che avviene
in quell'esper. è che ogni singolo atomo si deposita in un preciso
punto. Si tratta quindi di una misura *di posizione*.

Parliamo ora di momento angolare e magnetico.
Un atomo nel suo insieme ha un mom. angolare, di cui ha detto Giorgio
Pastore.
Questo mom. angolare è la somma dei mom. amgolari "orbitali" dei vari
elettroni, più i mom. ang. di spin.
Però parlare di somma, sebbene sia corretto nell quadro della teoria, è
sicuramente fuorviante se uno non riesce a staccarsi da una visione
classica, in cui tutti questi momenti sono freccette che si sommano al
modo noto.

Il caso quantistico è più complicato, perché finché parliamo dei
momenti angolari (e magnetici) come *osservabili* le cose stanno così,
ma l'atomo si trova in uno *stato* e su questo stato multielettronico
solo il mom. ang. totale avrà un valore definito...
E di più non dico perché chi sa la m.q. non ne ha bisogno e chi non la
sa *non puù capire assolutamente niente*.

Una conseguenza osservabile di quanto ho detto è la seguente.
Per quanto riguarda il moto orbitale esiste una proporzionalità tra
mom. ang. e mom. magnetico di ciascun elettrone. Il rapporto (in unità
di Gauss) è e/(2mc). Come vettori i due momenti sono paralleli
Un elettrone ha sia mom. amgolare sia mom. magn. di spin (sempre
paralleli), ma il rapporto è e/(mc).
Cosa che appariva dai dati spettroscopici (per es. dal cosiddetto
"effetto Zeeman anomalo") ma non aveva spiegazione finché Dirac non
dimostrò che seguiva direttamente dalla sua eq. d'onda relativistica
per l'elettrone.

La differenza dei due rapporti fa sì che quando un elettrone abbia sia
mom. ang. orbitale, sia di spin, il suo contributo al mom. magnetico
dell'atomo sia intermedio.
Quindi non si può ricavare il mom. ang dal mom. magmetico o viceversa,
se non si conosce la struttura dell'atomo...

L'esp. S-G che cosa misura?
La deflessione è dovuta alla forza che il campo esterno esercita sul
momento *magnetico*, quindi si potrebbe dire che misura quest'ultimo e
non il mom. angolare.
Credo però che la struttura dell'esp. non sia suff. semplice da poter
calcolare la deflessione di un dato mom. magnetico in un dato campo,
per cui non mi sentirei di parlare di misura.

E allora a che serve l'esp.?
Troverete scritto dappertutto che serve a dimostrare la
"quantizzazione del mom. angolare".
Ma per capire questo bisogna ragionare un po'.
Cominciamo a pensare all'atomo che si muove in un campo magnetico
*uniforme*.
In questo caso sull'atomo (neutro) non agisce nessuna forza risultante
e la sua q. di moto rimane costante.
Questa conclusione classica resta vera anche in m.q.

Però le forze magnetiche hanno un mom. risultante non nullo rispetto
al centro di masa dell'atomo, il quale in genere ha un mom. angolare
rispettto al cdm.
Ne segue che il mom. ang. non resta costante (come vettore): mantiene
fisso il suo modulo, ma *precede* attorno alla direzione z del campo.
Il che implica che la componente del (vettore) mom. ang. nella
direzione del campo resta costante*.
(E' questa la ragione per cui tale componente è importante in tutto il
discorso.)

Secondo la fisica classica, dovremmo aspettarci che gli atomi, anche
se tutti identici, quando escono dal fornetto abbiano i loro mom. ang.
*orientati a caso*, quindi con componenti z costanti per ciascun atomo
ma distribuite (uniformemente) tra un massimo positivo e un minimo
negativo. massimo e minimo dettati del modulo del mom. angolare.

Nell'esp. S-G il campo non è uniforme e ciò produce una forza diretta
come z e proporzionale e Mz (componente z del *momento magnetico*
dell'atomo.
Questa forza produrrà una deflessione anch'essa proporz. a Mz.

Se le cose andassero così, l'esper. dovebbe mostrare sulla lastrina una
striscia annerita che si allunga in dir. z, tra un minimo e un massimo.
Basterebbe togliere il campo per vedere al posto della striscia
un'unica macchiolina: tutti gli atomi che arrivano (idealmente) nello
stesso punto. Invece, dice wikipedia,

"the glass-slide image looked like a lip-print, with an opening in the
middle, and closure at either end"

Non trovo l'aggettivo adatto per definire questa metafora:
sbizzarritevi voi :-)
Né ve ne spiego l'origine, che forse riuscirete a scoprire.
Vi sareste aspettate *due* macchie separate, no?

Il seguito forse a domsni.
-- 
Elio Fabri
Received on Fri Oct 23 2020 - 18:16:35 CEST

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