Re: La matematica per il fisico teorico
Giorgio Pastore ha scritto:
> ...
> Una dei problemi reali della riforma, secondo me, non sono i "livelli
> " di comprensione misurati in astratto ma come i contenuti dei corsi
> si devono adeguare al diverso percorso. Far stare ivecchi programmi
> nel 3+2 e' un letto di procuste che puo' solo far disastri.
>
> Ovviamente (e questo e' un altro problema reale) non si puo' metter
> su' un' impresa del genere a costo zero. Rivedere i programmi e
> preparare del materiale didattico adeguato porta via tempo. Ma sul
> fronte "soldi per l' universita'" non spira buon vento da un pezzo...
Tutto giusto, ma la questione centrale nn sono i soldi. Ci torno dopo.
> ...
> (Capire dove sta nno i nodi principali, trovare correttivi, usare
> tutti gli strumenti che spesso sono solo sulla carta della riforma:
> tutorato, corrispondenza ore di studio-CFU, verifica periodica dell'
> efficacia dei corsi...)
Anche questo e' sacrosanto, ma che cosa e' stato realmente praticato?
> A me sembra invece che a sparare sul nuovo ordinamento lo fanno un po'
> tutti. Ma raramente chi critica spiega cosa si doveva fare invece per
> risolvere i problemi del vecchio.
E' abbastanza vero, ma anche perche' la situazione e' gravemente
deteriorata, e non da oggi.
> ...
> 30 o piu' annifa esisteva una scuola elementare media e superiore
> profondamente diversa. Non si puo' restare nella classica torre d'
> avorio e non porsi dei problemi quando al primo anno si devono
> recuperare carenze di base.
Premessa puramente personale: non credo che per me si possa parlare di
"torre d'avorio".
Ricordo che anni fa fui accusato, in un consiglio di corso di laurea,
di "libido didattica"; semplicemente perche' penso - e ho sempre
pensato - che l'insegnamento sia una funzione imprescindibile per un
prof. universitario, e non una cosa da fare sacrificando il minor
tempo possibile alla ricerca.
Ma sappiamo tutti che questa e' la prassi corrente, ed e' giustificata
(per cosi' dire) dal fatto che la cariera si fa con le pubblicazioni,
non con la qualita' del lavoro didattico.
Sempre parlando di me, conosco come pochi il mondo della scuola
preuniversitaria: ci lavoro dentro da oltre 40 anni.
Ancora a titolo personale, vi cito il discorso che facevo all'inizio
delle lezioni nei due anni in cui tenni il corso di Fisica I (1990-91 e
91-92).
Allora a Pisa le matricole erano tra 150 e 170, e circa un terzo
arrivavano alla laurea. Io dicevo: "Secondo me circa la meta' di voi
hanno sbagliato strada, e farebbero bene a capirlo presto. Per gli
altri, io mettero' tutto il mio impegno per portarli avanti. Ma non
puo' bastare: l'impegno dovrebbe essere di tutto il corpo docente."
Ora le nostre immatricolazioni sono dimezzate (e stiamo bene: in
parecchie universita' il calo e' stato assai piu drammatico, e la cosa
ha la sua importanza per il nostro discorso: il corpo docente si e'
messo fifa...).
Questo vuol forse dire che ora abbiamo studenti che possono arrivare
preparati alla laurea, e che vengono piu' seguiti?
Niente affatto: intanto, come hai detto anche tu, il livello
d'ingresso e' sceso. E non credo che sia ragionevole ne' possibile
farsi carico di deficienze che risalgono magari alle elementari...
(non sto esagerando!)
Dato pero' che l'obiettivo di laureare una maggiore percentuale di
studenti dev'essere raggiunto, la soluzione piu' semplice e' nota: si
abbassano le richieste.
Ma anche questo si potrebbe fare in piu' modi, e secondo me si sta
scegliendo il peggiore.
So benissimo che il vecchio ordinamento non era affatto ottimale, ed
era costruito su misura per uno studente ideale e inesistente: di qui
i 6 o 7 anni per laurearsi.
So anche che la decadenza e' stata lenta, graduale, ma inesorabile:
per es. qui molti anni fa esisteva l'esame prelaurea, che era uno
spauracchio, perche' andava a sondare cose studiate in esami lontani...
Era difficile superarlo bene, ma trasmetteva un messaggio: che la
cultura fisica ha carattere unitario; che non si puo', passato un
esame, buttar via l'esame e le conoscenze relative.
Poi c'erano le tesine, che servivano allo stesso scopo: si voleva
vedere la capacita' del laureando di studiare e ragionare su argomenti
diversi da quelli della sua tesi.
Si e' cominciato col ridurre le tesine da tre a una, poi si e' abolita
anche quella...
Tutto questo non e' accaduto per sensibilita' verso gli studenti,
ma per un'altra ragione. La fisica si e' ampliata, e si e' frammentata
in settori sempre piu' specialistici. Era ormai la regola, negli
ultimi anni, che di quello che diceva il candidato durante la
discussione della tesi riuscissero a capire qualcosa solo due o tre
commissari. Percio' era insensato chiedere al candidato una cultura
ampia che la maggior parte dei docenti non possedeva piu'...
La recente riforma non e' stata che un altro passo nella stessa
direzione. La gran parte dei corsi sono stati ridotti (come ore e
quindi come contenuti).
Risultato: e' sempre piu' difficile per gli studenti vedere un legame
e una base comune in quello che studiano, ancheperche' sono sempre
meno i docenti capaci di trasmettere queste idee.
I docenti ne tengono conto cercando di fare corsi il piu' possibile
"autosufficienti".
E' oggi normale che nella presentazione di un corso si vanti il fatto
che esso non richiede prerequisiti, o solo un minimo.
Percio' la preparazione degli studenti e' frammentaria, e dura quanto
l'esame, non oltre.
E' chiaro che non si possono far stare i vecchi programmi nel nuovo
contenitore, assai piu' ridotto; ma non mi pare che sia stato fatto uno
studio serio di come risolvere il problema: di quali conoscenze di
base sono imprescindibili, quali contenuti unficanti vanno salvati a
ogni costo.
Ci si limita a "tagliare"...
Un esempio? Qui nell'insegnamento della meccanica e' stato abolito il
corpo rigido. Giusto, apparentemente: non siamo mica ingegneri che
hanno a che fare con turbine o robe del genere...
Poi se uno studente non capisce come mai uno spin non si orienta in un
campo magnetico, ma precede...
E se io debbo spiegare l'effetto dello schiacciamento della Terra sul
suo moto, che faccio? mi rifaccio la teoria da zero? Ovviamente taglio
anch'io, visto che ho 48 ore in tutto...
Ma la cosa peggiore di tutte, secondo me, e' il "controllo di
qualita'" cui siamo ora sottoposti (o meglio siete: io sono fuori
ruolo...).
Un'universita' deve laureare un certo numero di studenti. Altrimenti
viene penalizzata.
Non si chiede *come* li laurea: che cosa hanno imparato.
E siccome la via piu' facile, anche per le ragioni che ho detto sopra
(scarsa valutazione del'impegno didattico) sta nell'insegnare poco e
pretendere meno, le conseguneze sono ovvie.
Naturalmente a monte di tutto questo ci sarebbe una domanda, alla
quale nessuno credo sappia oggi rispondere: a che serve un laureato
(per es. in fisica)?
La risposta era difficile in passato, ma credo che vada sempre peggio.
Le esigenze della ricerca giustificano forse 1/10 dei nostri iscritti.
L'insegnamento secondario, che tra l'altro e' visto come la peste
dagli studenti, e' anch'esso in decadimento quantitativo.
L'industria? Dove sta? (alcune eccezioni non fanno la regola).
Un tempo si vantava il fisico come colui che era capace di orientarsi
su qualsiasi problema nuovo: molto piu' elastico di un ingegnere, in
grado quindi di convertirsi da un'applicazione a un'altra, anche su
cose mai viste.
Dubito assai che i nuovi fisici avranno ancora queste capacita': gliele
abbiamo tolte in partenza proprio con questa riforma.
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Elio Fabri
Dip. di Fisica - Univ. di Pisa
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Received on Sun Oct 12 2003 - 20:54:31 CEST
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