pcf ha scritto:
> Mi sono preso la nottata per dormirci sopra, dato che non ho
> saputo inquadrare la domanda. Suppongo sia di genere maieutico
Infatti :)
> ma non ho partorito nulla di interessante (e ovviamente sì, per
> qualche anno l'ho anche studiata).
Capperi! Allora ne sai cento volte più di me :-)
Io credo di aver preso in mano una chitarra quando avevo forse 18
anni. Dopo poco mi facevano male le dita della sinistra e desistetti.
Decisi che mi dava più soddisfazioni il pianoforte.
Non mi dilungo a fare confronti: sarebbe stupido.
Ma lo scopo della mia ermetica frase era di rispondere alla tua del
post precedente:
> Ma l'ipotetico musicista che volesse capire meglio potrebbe
> domandarmi: ma perché a quel punto l'altezza del suono che
> percepisco cambia e torna quella della corda libera?
Intendevo farti riflettere che *questo non è vero.*
Come si eccita una corda di chitarra? Pizzicandola.
Ciò vuol dire che con un dito sposti la corda dalla pos. di equilibrio
e poi la lasci andare.
Prevengo una tua possibile obiezione, che l'operazione è dinamica: il
dito si muove. La corda segua il dito e poi viene lasciata bruscamente.
Rispondo che rispetto alla velocità che ha la corda nella successiva
vibrazione, la velocità del dito che la eccita è trascurabile.
Quindi si può assumere che la corda pizzicata venga rilasciata *da
fermo* in una posizione fuori equilibrio.
Dato che il dito sta in un preciso punto, la forma iniziale della
corda è "a triangolo", proprio come avevi supposto poche righe prima:
sviluppo della cond. iniziale in serie di Fourier, eccetera.
La mia domanda "hai mai sentito?" voleva portarti alla memoria che
quando la corda suona emette fin dall'inizio la sua nota (con
armoniche). Non cambia nel tempo.
Contrariamente a quanto penserebbe il tuo ipotetico musicista.
E la stessa cosa capita con qualunque strumento a corda (lasciando da
parte gli archi, la cui eccitazione è più complicata, e includendo
invece il pianoforte, anche se in questo caso la cond. iniziale è
diversa.
La corda di un pianoforte è *percossa* dal martelletto, che subito
rimbalza.
Quindi la posizione iniziale della corda si può assumere sia quella di
riposo, ma l'urto del martelletto conferisce alla corda una *velocità
iniziale", idealmente concentrata nel punto d'impatto (che però non è
esattamente definito, perché il martelletto non è uniforme).
(Il clavicembalo invece è pizzicato, come una chitarra.)
Apro una parentesi.
Nella tua descrizione, parlando di condizioni iniziali, hai
dimenticato che l'eq. delle onde è di *secondo ordine* nel tempo.
Di conseguenza le cond. iniziali debbono specificare sia la
*posizione* della corda, sia la *velocità*.
Chiusa parentesi.
Ma il punto importante è che qualunque sia il modo di eccitazione, la
nota emessa è sempre quella: fondam. della corda più certi armonici
(che dipendono, questi sì, dal modo di eccitazione).
Tu ora osservi che non avevi precisato
> che ipotizzavo gli estremi fissi e su supporto rigido, in modo che
> non ci fossero trasferimenti di energia.
Non insisto sulla tua ipotesi che ciò potrebbe alterare la nota
emessa.
Potrei portarti degli argomenti teorici contro quest'ipotesi, ma non
ne ho bisogno, perché ti ho fatto ascoltare una chitarra reale, che
non potresti sentire se non ci fosse quel trasf. di energia.
Il punto è che *anche la chitarra reale* (e al mondo non ne esistono
altre) suona una nota ben definita.
> 2) A differenza di quanto ipotizzavo penso sia sostenibile che
> l'orecchio e la corrispondente sezione del SNC si siano 'evoluti in
> seni e coseni'. L'input fisico è¨ una membrana vibrante e a naso (non
> a orecchio...) non cambia molto, solo che in 2d ci sarà il prodotto
> di funzioni che contengono seni e coseni su due assi.
Se ho capito bene, la membrana sarebbe il timpano.
A mio parere non ha alcuna importanza pensare al timpano come un
sistema 2D.
Questo per due ragioni:
1) le dimensioni del timpano sono più piccole della più piccola l.
d'onda che un orecchio sente (20 kHz sono 17 mm in aria; il diametro
del timpano non supera 10 mm)
2) l'accoppiamento del timpano col seguito del sistema (ossicini) è
sostanzialmente unidimensionale.
> E potrebbe darsi che il cervello 'riconosca' la funzione sin/cos
> come l'elemento discriminante per la percezione. Però non solo
> questa ipotesi non mi aiuta a diradare la nebbia, ma la trovo una
> pezza a un problema fisico che non so definire.
Stai dimenticando che tra il suono e il cervello c'è di mezzo il
trasduttore, ossia la coclea e l'organo del Corti.
Non sono in grado di approfondire gran che la fisica/fisiologia del
problema.
Non ho neppure capito la differenza tra "sintonizzazione passiva" e
"attiva".
Mi è chiaro che lungo lo sviluppo della coclea l'ampiezza della
vibrazione causata da un'onda monocromatica ha un largo massimo che si
sposta al cambiare della frequenza.
(Mi sono fatto l'idea che al confronto con la fisiologia dell'occhio
quella dell'orecchio sia in una fase meno avanzata, sebbene in teoria
debba essere più semplice, appunto perché unidimensionale.)
C'è una vaga somiglianza tra la discriminazione delle frequenze sonore
e quella dei colori.
In entrambi i casi i recettori hanno una risposta molto larga, eppure
il SNC riesce a ricostruire colori e frequenze con grande sensibilità.
Comunque non mi sembra utile tirare in ballo la fisiologia se il
problema è come può vibrare una corda (di chitarra o di pianoforte).
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Elio Fabri
Received on Thu Jan 28 2021 - 12:18:30 CET