Buongiorno, Claudio Falorni ha scritto:
[cut]
> Da noi (dove ho studiato io) in relativit� per massa si intendeva la massa
> relativistica: m0 gamma;
> ed mo (che � l'invariante dato dalla norma del quadrimpulso) � indicato in
> letteratura con massa propria o massa a riposo. Nelle formule comunque per
> fortuna l'ambiguit� non c'� perch� la massa (relativistica) mai � indicata
> con m0 (che � la notazione per la massa a riposo) ;-))
> Ed infatti questo modo di riferirsi alla massa in relativit� (m0 gamma e non
> m0 per me) � concorde con la conservazione dell'impulso in tutti i sistemi
> di riferimento inerziali: mi pare che quindi la definizione "naturale" di
> massa in relativit� sia m0 gamma.
Ovviamente la conservazione dell'impulso (che e' un fatto sperimentale)
vale per qualsivoglia definizione della massa, cio' che cambia e' solo il
modo in cui la massa compare nella formula dell'impulso.
Che io sappia nella letteratura contemporanea quando si nomina la massa
tout court ci si riferisce alla grandezza che corrisponde all'invariante dato dal
quadrato del quadrivettore energia-impulso, v. ad es. i documenti pubblicati
sul sito web del Particle Data Group, la definizione di massa variabile con la
velocita' si trova su testi ormai un po' datati come il Feynman (va beh, scherzavo
quando ho detto datati, non mi sparate:-), questo argomento e' trattato
anche nelle Physics Faq o nelle Relativity Faq.
> Per ri-allacciarsi al solito discorso di Newton, invece che partire dal
> quadrimpulso per definire la massa � secondo me, pi� elegante partire da
> quell'interazione che non prevede un'azione a distanza (e non si pongono
> cos� problemi di simultaneit�): l'urto completamente elastico di due sfere
> uguali.
Per essere proprio eleganti sostituiamo le due sfere con due particelle
identiche, almeno ci risparmiamo i problemi che sorgono nell'essere
costretti a considerare le sfere come corpi idealmente rigidi (siamo in
relativita'...)
> Se descrivi il processo d'urto in un sistema di rif. dove le velocit� prima
> dell'urto sono uguali e opposte e in un rif. dove una sfera si muove
> perpendicolarmente al piano di collisione trovi agevolmente che l'unico modo
> di conservare l'impulso � quello di prevedere una massa relativistica
> dipendente dalla velocit�.
Ancora, dipende dal modo in cui definisci la massa e la dipendenza funzionale
dell'impulso (e dell'energia) dalla massa, questo procedimento e' svolto ad es.
sul Jackson, Elettrodinamica Classica, per ricavare le espressioni relativistiche
di energia e quantita' di moto, usando la consueta notazione per cui con m si
indica la massa a riposo.
> > Va bene, non sempre si puo' applicare una stessa forza a due corpi
> distinti,
> > ma qual e' il problema se non si puo'? ;-)
> Il problema non c'�... � che questa a mio avviso � una sottigliezza non
> marginale del significato del secondo principio che mi sfugg� a suo tempo.
> Newton dice che se un corpo di massa m accelera con un'accelerazione a �
> soggetto ad una forza F di intensit� m * a (non si pone il problema di dire
> da dove derivi F). Se conosciamo m e misuriamo a si pu� affermare di aver
> misurato F. Se la forza F misurata in precedenza viene applicata
> successivamente a corpi diversi di masse m1, m2,.., mN le relazioni F'=mi ai
> risultano ovviamente soddisfatte, ma niente ci assicura a priori che la
> "stessa forza" produca accelerazioni in accordo con F = mi ai.
Ovviamente, il fatto che una stessa forza applicata a corpi di massa diversa
determini accelerazioni in accordo con la formula F = m * a, e' un dato
sperimentale, ed e' un dato che va esplicitato quando si enuncia il secondo
principio (che, abbiamo concordato, *non* e' solo una definizione).
> Da qui la mia riflessione sul concetto di "stessa forza" legata ad una
> scarsa perturbabilit� degli altri corpi interagenti per variazioni di massa:
> se considero due masse legate ad una molla compressa ed ad un certo istante
> e lasciamo simultaneamente liberi i vincoli sulle masse si ha che
> k(l-l0)=m1 a1 = m2 a2
> La molla interagente non � perturbata (in k,l e l0) da variazioni di massa e
> quindi si pu� riprodurre la stessa forza nelle medesime condizioni iniziali
> con masse diverse.
Stiamo considerando una molla ideale di massa trascurabile e che soddisfi
la legge di Hooke.
Questo tipo di esperimento si puo' realizzare facilmente a livello didattico
misurando le accelerazioni di masse diverse (dischi su un piano a basso
coefficiente di attrito) sottoposte ad una forza uguale, la forza corrisponde
alla tensione di un filo trainato da corpi che cadono verticalmente e viene
misurata in base all'allungamento di una molla interposta tra il disco e il corpo
che cade (non si richiede che la molla debba seguire la legge di Hooke o
che abbia massa trascurabile).
Questo esperimento (od uno analogo, non ricordo con esattezza) e' riprodotto
nel filmato "Le forze" nella serie del PSSC.
> Se due corpi 1 e 2 interagiscono per gravit� si ha
> m1a1=m2a2=k m1 m2 /d^2 il discorso cambia: riprodurre la stessa forza su m3
> diverso da m2 richiede di variare la distanza....Possiamo farlo perch�
> conosciamo gi� l'interazione.... Ma se invece non la conosciamo e usiamo il
> secondo principio per ritrovare la forza niente ci assicura di aver usato la
> "stessa forza".... o meglio (pi� sottile) possiamo dire di aver usato la
> "stessa forza" F ma Newton non ci assicura un'accelerazione in accordo F=ma.
Come dicevamo il 2� principio assicura anche questo, considera comunque che
un certo grado di circolarita' o autoreferenzialita' e' spesso presente nei principi
e nelle definizioni della fisica (pensa ad es. a come viene enunciato il principio di
inerzia), l'importante e' avere chiara coscienza di cio' (e naturalmente ancora piu'
importante e' che le definizioni siano utili e che i principi funzionino! :-).
Ciao
--
Giorgio Bibbiani
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Received on Sun Aug 24 2003 - 16:57:05 CEST