Re: Gli osservatori in meccanica quantistica
Mi permetto di aggiungere un paio di opinioni personali a complemento di
quanto scritto da Valter.
Ovviamente ognuno ha le sue preferenze. C'e' chi preferisce partire col
formalismo pesante e chi preferisce arrivarci dopo. Pero' basandomi sull'
esperienza personale (ormai stagionata :-( ) e su quella di altre persone,
distinguerei tre aspetti principali necessari per poter arrivare ad una
comprensione
accettabile della MQ:
1. il formalismo (ovvero l' apparato matematico)
2. l' interpretazione del formalismo
3. l' evoluzione storica della MQ
1 e 2 sono ovvi e strettamente collegati. Naturalmente le esigenze di
rigore possono variare molto sia dal punto di vista dei gusti personali
sia delle richieste dei corsi universitari. Tutto sommato, a meno di non
avere la vocazione del fisico-matematico molti punti possono essere
lasciati "ad una seconda lettura", vista la quantita' comunque grande di
nozioni che occorre digerire. Naturalmente una scelta del genere va
fatta con precisa cognizione che, per un po', non tutto sara' sotto
controllo. Per essere piu' esplicito, una esemplificazione di base del
formalismo si puo' avere con il problema dell' oscillatore armonico che
pero' corrisponde ad un operatore hamiltoniano molto particolare. Se si
va avanti con l' illusione che tutti gli operatori della MQ sono
compatti e dotati del solo spettro puntuale si va incontro a spiacevoli
sorprese. Pero' se la scelta e' fatta consapevolmente, un primo periodo
in cui si considerano gli operatori come equivalenti a matrici di
dimensione alta ma finita non e' completamente inutile (penso che qui
qualcuno dissentira' ;-) ).
Anche sull' interpretazione del formalismo, io penso che sarebbe meglio
partire con il tentativo di capire bene l' interpretazione di Copenhagen
rimandando l' analisi delle alternative e degli aspetti piu' controversi
a quando ci saranno gli strumenti matematici adeguati ed una maggiore
prospettiva in cui collocare il problema.
Per questo ritengo essenziale curare anche il punto 3 al di la' di
quello che normalmente si trova in giro. Non che la storia della scienza
debba essere essenziale per capire le teorie ma, proprio di fronte a una
teoria complessa e sicuramente non definitiva come la MQ, un modo per
capire meglio i gradi di liberta' a disposizione e' di capire perche' la
teoria ha preso il suo aspetto attuale, di fronte a che basi
sperimentali o concettuali sono state fatte certe scelte che potrebbero
sembrare azzardate.
Su questo aspetto, non servono molto le "vulgate" in cui si condensa in
un unico cammino rettilineo il passaggio (non ovvio) dal corpo nero
alla meccanica delle matrici e a quella ondulatoria. Conviene andare
alle fonti (ci sono buone raccolte dei principali lavori dei padri
fondatori) o per cominciare, potresti cercare se nella biblioteca della
tua universita' trovi il libro di Max Jamer "The conceptual development
of quantum mechanics". E' certo un libro un po' datato di storia della
MQ ma che approfondisce e spiega in dettaglio i passi che hanno portato
all' interpretazione di Copenhagen. Dando molti piu' dettagli (anche
formali) di quanto si sia soliti trovare nei capitoli sulla "crisi della
fisica classica".
Un ultimo consiglio, e' di non disperderti troppo tra testi diversi
nella fase iniziale e magari aggiungere (o sostituire) nella tua lista
anche una buona raccolta di esercizi.
Ciao
Giorgio
Received on Tue Jun 03 2003 - 23:50:37 CEST
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