Il 25 Mag 2003, 20:41, Slacky <vittorio_at_physics.it> ha scritto:
> Ciao,
> visto che qualcun altro(Moretti) ha gia' risposto dilungandosi un sacco,
> mi permetto solo un brevissimo commento:
>
> armageddon99_at_libero.it wrote:
>
> .........taglio........
>
> > E se ogni elettrone presente nella materia si trova nelle condizioni di
> > "nube in sovrapposizione di stati" allora � facile pensare che il
> > "collasso" di quelle nubi di elettroni avvenga in modo naturale e
continuo
> > nella materia, per ogni singola perturbazione che essa incontra, sia
> > essa un fotone o un'altro elettrone che collida con essa e che succeda
> > pure il contrario essendo un fenomeno reversibile.
> >
>
> ......taglio.....
>
> le processi elementari, cioe' i processi di scattering fra particelle
> piu' o meno elementari sono ben studiate e mi risulta proprio che in
> questi processi non c'e' *nessun* collasso. Dunque perche' questo
> avvenga *bisogna* che uno dei due (almeno due) elementi che
> interagiscono sia "abbastanza" macrosocopico...macroscopicita' che, come
> e' gia' stato detto, non si capisce bene cosa sia all'interno del
> formalismo :-(
Per cercare di chiarire questo punto voglio proporre un esperimento
ideale. Supponiamo che un elettrone, dopo un lungo viaggio nello spazio
vuoto, giunga con una funzione d'onda di larghezza 20 centimetri in una
regione di spazio dove sono localizzati due protoni a distanza di 10
centimetri. In accordo con l'elettrodinamica quantistica questo elettrone
ha infinite possibilita', ma quelle che contano di piu' sono essenzialmente
due:
a) passa oltre, con una interazione di primo ordine, scattering semplice,
che puo' essere descritto dall'equazione di Schroedinger per l'interazione.
b) interagisce con uno dei due protoni con l'emissione di un fotone,
processo che e' descritto al secondo ordine perturbativo della
hamiltoniana per la QED.
Supponiamo che la velocita' del centro del pacchetto che descrive
l'elettrone sia di circa 1 metro al secondo.
A distanza di circa 1 metro dalla zona di interazione, tutto intorno
abbiamo dei rivelatori di carica e di luce. Al centro di questo
schermo c'e' un foro. A distanza ulteriore c'e' un altro rivelatore
per fotoni. Facciamo un'ipotesi fantascientifica che questi
rivelatori abbiano un'efficienza del cento per cento (lasciando
da parte la delicata discussione del fatto che considerando
esperienze ripetute questa richiesta puo' essere attenuata senza
inficiare la validita' del discorso che segue)
Supponiamo ora che in, diciamo cento miliardi di ripetizioni di questo
esperimento, di avere rilevato un fotone, la frazione di eventi b)
e' esattamente prevedibile dalla QED ed idealmente possiamo sempre
andare a considerare una quantita' di ripetizioni che mettano in
evidenza una buona statitistica per questo tipo di interazione
(eventualmente con tempo infinito).
Ora, dopo circa un secondo, riveliamo un elettrone con un certo impulso,
abbastanza ben definito, in una zona di qualche millimetro (quanta la
superfice del rivelatore azionato), allora possiamo in un certo senso
discernere quale dei due protoni ha azionato questa interazione.
Mi chiedo: ha senso chiedersi a ritroso quale funzione d'onda ha
descritto la propagazione dell'elettrone fino a quel momento?
Seguendo l'interpretazione di Copenaghen direi che la risposta
e' no, tuttavia questo non significa che invece l'informazione
guadagnata dal momento della rivelazione non possa risultare
preziosa, anzi.
Se non ho capito male come va descritto questo sistema quello
che mi aspetto e' che tutti questi eventi saranno abbastanza
nitidamente separati fra quelli in cui l'interazione e' avvenuta
a sinistra, e tutti quelli in cui l'interazione e' avvenuta a
destra.
Ora quello che mi rimane come problema irrisolto e': che
informazioni posso ottenere circa l'evoluzione del
protone dal momento in cui ho rivelato l'elettrone?
Posso ragionevolmente osservare che nei limiti in cui ho determinato
l'impulso e la posizione della zona di interazione, queste informazioni
mi permettono di trarre delle previsioni circa l'impulso del protone
rimanente.
Sara' corretto descrivere il sistema con una funzione d'onda?
Oppure e' voler troppo?
Ancora:
Supponiamo ora che, diciamo, dopo 10 secondi nessun led abbia
segnalato fotoni ne' elettroni.
A questo punto un po' di crucci ulteriori:
fino a quando e' lecito descrivere il sistema con una funzione d'onda?
che fine fa la funzione d'onda, relativa al fotone, nei pressi dello
schermo?
ed oltro lo schermo?
Non vorrei propinare al gruppo una boiata storica, ma mi sembra che Bell
> abbia detto qualcosa del tipo
> "...ma in fondo quello che accade nei laboratori accade naturalmente
> anche altrove in natura e dunque dobbiamo supporre che il collasso
> avvenga naturalmente in natura"(non e' una citazione esatta, vado a
memoria)
> ....ma penso che Bell avesse chiaro in mente il problema della
> distinzione fra macro e micro.
> ciao
> slacky
>
>
> --
> Linux user #312588
> Powered by Slackware 8.1 and Debian Woody!
>
--------------------------------
Inviato via
http://usenet.libero.it
Received on Mon May 26 2003 - 17:11:10 CEST