Giorgio Pastore ha scritto:
> Conosco la tua poca simpatia per le due masse. Però credo che abbia
> un senso in un approccio come questo in cui, da un lato serva una
> entità da cui dipende la forza peso, collegata alla "quantità di
> materia" e introdotta prima di parlare quantitativamente di
> accelerazioni, e dall'altro entra in gioco una costante di
> proporzionalità tra forza e accelerazione. Ed è un fatto non
> scontato che ci sia proporzionalità tra le due.
Non è questione di simpatia. E' che proprio non capisco perché si
debba trattare la questione in questo modo, e mi pare l'unico caso
nella fisica che conosco.
(Per inciso, credo di aver chiesto tempo fa se qualcuno mi sapeva dire
quando e a opera di chi sia nato questo dualismo.
In quell'occasone scrivevo pure che a mio parere Mach nella sua
"Meccanica" non ne parla, anzi non parla proprio della gravità.
Sbaglio?
Non ebbi nessuna risposta e reitero la domanda.)
Cerco di essere più preciso, ma purtroppo non posso riportare le quasi
4 pagine che nel già citato cap. 20 sono dedicate all'argomento.
Io le ridurrei a poche parole:
"Visto che F Dt/Dv cambia da un corpo all'altro, ci si chiede se questo
rapporto sia collegato con qualche altra proprietà nota del corpo. Per
brevità chamerò k quel rapporto.
Si scorgono facilmente alcune cose, per es. che k per due dischi
legati è doppio che per un singolo disco; più in generale che è
additivo."
Qui copio quasi letteralmente una frase dal PSSC:
"I risultati ottenuti con corpi identici non ci meravigliano. I veri
problemi nascono quando consideriamo oggetti fatti di materiale
diverso. Un pezzo d'argento non può essere identico a un pezzo d'oro.
Possiamo però trovare pezzi d'oro e pezzi d'argento che hanno lo
stesso k."
E da qui proseguirei così:
"Questi pezzi hanno volume diverso, la forma non conta, ma non ci vuole
molta fantasia per confrontare le loro masse e scoprire che *sono
uguali*.
Questa scoperta è stata verificata con esperimenti di altissima
precisione, forse i più precisi di tutta la fisica (fino a 12 cifre
significative).
Possiamo quindi enunciarla come una nuova legge fisica, che scriveremo
così:
Sotto l'azione di una forza costante tutti i corpi si muovono di moto
uniformemente accelerato. Per un dato corpo accelerazione e forza sono
tra loro proporzionali e il coefficiente di proporzionalità è la
massa.
Naturalmente cancellerei l'aggettivo "gravitazionale" permla massa
definita nel cap. 7.
Non riesco proprio a vedere obiezioni a questo modo di procedere, e mi
sembra, come ho già detto, che sia quello regolarmente usato in tanti
altri campi.
Faccio un esempio dall'elettromagnetismo. Sarei pieno di dubbi, perché
so troppo poco della storia rilevante, se non mi potessi avvalere di
una circostanza fortunata: posso appoggiarmi su un altro testo scritto
dallo stesso autore. Mi riferisco al vol. 2 della "Fisica di
Berkeley".
In questo caso l'autore è dichiarato, per cui non ci sono dubbi: si
tratta di E.M. Purcell (Nobel 1952).
Non sono invece riuscito a trovare dati certi su chi ha scritto la
terza parte della prima edizione del PSSC, anche se a memoria avrei
detto ancora Purcell.
Qui c'è una specie di curioso giallo.
Se guardate l'edizione italiana in due volumi, in entrambi i volumi
c'è alla fine la stessa Appendice 3 che racconta la storia di come si
è sviluppato quel libro, con una quantità d'incontri discussioni,
scritture, revisioni...
L'Appendice è scritta in prima persona ... ma non è firmata (suppongo
per una svista dell'editore italiano).
Però leggendola si trovano parecchi nomi di persone di primo piano che
vi hanno contribuito (per fare i primi esempi che mi vangono in mente:
Bruno Rossi, Philip Morrison) ma non c'è il nome di Purcell.
Si trovano qua e là frasi come "io venni incaricato della prima
stesura" oppure "insieme con ... partecipai alla revisione".
E' quindi quasi evidente che l'autore di quell'appendice sia appunto
Purcell :-)
Ho poi trovato, cercando con Google, un dettaglio: qualcuno
attribuisce a Purcell l'invenzione dei dischi a ghiaccio secco.
Mettendo tutto insieme, mi azzardo a dire che l'autore principale
della parte 3, che inizia appunto col cap. 20, sia stato Purcell.
Questo è molto importante per la mia tesi, proprio perché sappiamo che
Purcell è anche l'autore del vol. 2 della Fisica di Berkeley e
possiamo quindi mettere a confronto il Purcell che scrive di massa
inerziale e gravitazionale col Purcell che tratta di cariche
elettriche, correnti e campo magnetico.
Il cap. 5 del citato vol. 2 di Berkeley si apre con un cenno storico
centrato sui primi dell'800, in cui si può leggere all'inizio:
"... la parola _elettricità_ designava l'elettrostatica; il
_galvanismo_ riguardava gli effetti prodotti dalle correnti ottenute
con le pile [...]; il _magnetismo_ si occupava della già antiquata
teoria sulle calamite, degli aghi magnetici e del campo magnetico
terestre."
Passa a descrivere l'esperimento di Oersted, che mostrava come una
corrente galvanica fosse capace di deflettere un ago magnetico.
In precedenza ha ricordato che non esistevano prove di una connessione
tra elettrostatica e galvanismo, a parte che in entrambi i casi si
poteva ottenere una scossa. Nessuno aveva mai pensato a una
connessione tra questi fenomeni e il magnetismo.
Inutile dilungarsi ancora: mi basta ricordare che il capitolo è
intitolato "I campi generati da cariche in movimento" e che è centrato
su queste idee:
- la corrente galvanica è moto di cariche, esattamente le stesse
dell'elettrostatica
- i fenomeni elettrolitici (Faraday) mostrano la corrente come
trasporto convettivo di cariche associato al trasporto di materia
- le cariche in moto obbediscono alle stesse leggi di quelle ferme,
per quanto riguarda il campo elettrico generato (Gauss).
Preciso questo punto.
Non sto dicendo che il campo elettrico di una carica in moto sia
uguale a quello prodotto da una carica ferma, ma che il flusso
attraverso una superficie chiusa e ferma è sempre dato dal teorema di
Gauss.
Terza idea: cariche in moto risentono forze quando si trovano nei
pressi di altre cariche in moto.
La forza è data combinando la legge di Ampere che dà il campo
magnetico generato, con la legge di Lorentz.
Poi, come molti tra chi legge sapranno, il volume procede a dimostrare
che il campo magnetico *è un effetto relativistico*.
A questo punto si è effettuata una completa integrazione dei tre
distinti campi di fenomeni di cui dicevo.
Qualcuno mi chiede che c'entra tutto ciò con le due masse?
Mi pare evidente.
In quel campo e a quel tempo nessuno si è messo a discettare di due o
tre tipi di carica:
- una che produceva i fenomeni elettrostatici
- una che era coinvotla nel galvanismo
- una che generava i campi magnetici.
Hanno semplicemente preso atto che *la stessa carica elettrica* entrava
in gioco in tutto il settore e ne hanno studiato ed enunciato le leggi.
Alle quali mancava ancora, come sapete, l'induzione e.m. Ma per poco:
12 anni dopo Oersted ci avrebbe pensato Faraday.
La sintesi generale, con l'aggiunta della corrente di spostamento e
la previsione delle onde e.m. l'avrebbe data Maxwell, un bel po' dopo.
Per la scoperta sperimentale delle onde e.m. ricordiamo Hertz e anche
Righi. Eccetera.
In tutto questo tempo nessuno si è mai sognato di distinguere una
carica elettrogena da una magnetogena, con la motivazione che
"avrebbero potuto essere diverse".
Gli esperimenti ci dicono che un solo di tipo di carica bast a
spiegare i fatti, ciò chiude il discorso.
Perché invece nel caso della massa si dovrebbe fare la distinzione
bizantina che sappiamo, per poi concludere che le due masse
coincidono, "anche se avrebbero potuto essere diverse"?
> Nel film si fa l'esplicita considerazione/ipotesi che a deformazioni
> uguali della molla ad anello corrispondano forze uguali. Per
> mantenere costante la forza basta mantenere costante la deformazione
> dell'anello.
> A livello introduttivo, ed in un approccio che introduce prima le
> forze mi sembra ragionevole.
Non mi sono spiegato bene.
Il mio commento riguardava un altro aspetto.
Non si dice mai *come si fa* a mentenere costante la forza mentre il
disco accelera.
Bisogna essere bravi...
Sospetto che vi fosse un filo, una puleggia e un peso :-)
> Vi ricordo anche che l'approccio alla massa inerziale sopra descritto
> (e che aveva in laboratorio come corrispettivo gli esperimenti coi
> carrelli) fu a quel tempo duramente criticato da persono del calibro
> di Amaldi (Edoardo), Caldirola, e altri (Caianiello? Ronchi? non sono
> sicuro).
> Le critiche si appuntavano sul fatto che quegli esperimenti non
> provavano niente se non si dava già per scontato il terzo principio.
> Non sono sicuro che quel tipo di critica fosse coerente con
> l'approccio del pssc.
Infatti. Il mio articolo cercava di spiegare proprio questo.
O più in generale definiva malposto l'obiettivo del rigore
(irrealizzabile) nella fase introduttiva di una serie di concetti e
leggi.
> Cercando info sul filmato "scomparso" circa la massa, mi sono
> imbattuto nella teacher's guide con le note di Purcell relative a
> "Inertia" e "Inertial Mass".
> http://www.sfu.ca/phys/100/lectures/lecture9/Inertia.html
> Rendono chiaro che erano evidenti agli autori alcuni limiti dell'
> approccio. P.es. riporto i primi tre punti "per discussioni e
> approfondimenti"
Ottimo. Intanto queste note rinforzano la mia congettura che quella
parte del PSSC sia essenzialmente opera di Purcell.
Nel corso del lavoro che ho fatto per preparare questa risposta mi
sono imbattuto - non so più come - in un thread di 16 anni fa su
questo NG dove cercavo di spiegare a chi non ne sapeva niente in che
cosa il PSSC fosse diverso da corsi tradizionali.
Tutto questo (films, teacher's guides, ecc.) sono appunto
un'importante parte della differenza.
Anche chi avesse da fare critiche alle scelte didattiche (anch'io ne
ho fatte e ne sto facendo) non può che apprezzare tutto questo lavoro
"di contorno" (si fa per dire).
Quel pochissimo di simile che esiste ora in Italia deriva anche da
quell'esperienza.
(Non dimenticate che stiamo parlando di oltre 60 anni fa...)
--
Elio Fabri
Received on Tue Jun 22 2021 - 21:09:58 CEST