Ciao,
riprendo un discorso aperto in un altro thread; mi chiedevo perche' i
trasformatori che lavorano in alta frequenza (diciamo 1 MHz) sono piu'
piccoli di quelli che, a parita' di tensione, lavorano alla tensione
di rete. La risposta che mi davo, e che e' stata considerata "sulla
retta via", e' che basandosi l'effetto trasformatorico sulla
variazione del flusso del campo magnetico, posso, aumentando tale
tasso di variazione (ossia la frequenza), diminuire in maniera
proporzionale un'altra grandezza che entra nella definizione di questo
flusso, per esempio l'area delle spire o il loro numero. Mi sembra che
come inizio non ci sia male, e anche le risposte che ho avuto sono
andate in questa direzione, pero' ora mi manca un tassello.
Per quanto ho capito io, l'effetto trasformatorico avviene perche' in
un certo punto (al primario) io impongo una certa variazione di
flusso, conseguenza delle variazioni di tensione ai capi di una
induttanza. Questo flusso lo concateno poi con un secondo circuito,
con una sua propria geometria, il quale sara' sede di una tensione
alternata, indotta dal variare del suo flusso concatenato. Ora, in
teoria teoriissima, non importa il valore del flusso in se', quanto i
rapporti geometrici tra i due circuiti. In pratica anche una sola
spira nel primario, e due al secondario mi danno il mio rapporto 1:2
di tensioni, indipendentemente dal valore del flusso. Questo in teoria
teoriissima. In teoria (solamente) invece bisogna tener conto della
parolina magica "flusso concatenato", ossia nessuno mi assicura che,
del flusso concatenato con il primario, un' adeguata porzione si
concateni anche col secondario. In altre parole in teoria teoriissima
la mia induzione magnetica ha lo stesso valore in tutti i punti del
circuito. Ma come faccio, in pratica, a realizzare questa condizione?
Risposta:utlizzo un materiale ferromagnetico, che ha la proprieta' di
concentrare il campo al suo interno, e lo utilizzo per connettere i
due circuiti, primario e secondario.
Ecco allora che mi sembra di essermi allontanato abbastanza dalla tesi
primaria, in quanto mi sembra che la bonta' del trasformatore si
giochi tutta nella sua capacita' di non disperdere il flusso e non sul
valore assoluto del flusso in se'. Ora, come si concilia questo con i
discorsi di ridotte dimensioni? A frequenza piu' elevata il campo si
confina meglio? Le proprieta' dei materiali sono tali per cui c'e'
meno dispersione/perdite?
Oppure e' un discorso del tipo che 'sti flussi dispersi non dipendono
tanto dal valore del flusso principale, per cui se ho un flusso
principale abbastanza grosso, posso trascurare le perdite? In questo
caso l'idea di avere un flusso il piu' grande possibile sarebbe ancora
ragionevole...
Michele
Received on Mon Dec 09 2002 - 08:40:54 CET
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