Giorgio Pastore ha scritto:
> Gli autostati idrogenoidi sono una caratteristica del sistema e+e-
> non di una singola particella. Esattaemnte come l'energia potenziale
> non è solo di una. E questo è vero anche per H. Ma nel caso
> dell'idrogeno la grande differenza di massa fa sì che si possa
> considerare il problema come piccola perturbazione di quello di un e-
> che si muove attorno ad un nucleo di massa infinita.
Forse è il caso di sviluppare un po' l'argmoento, perché noto che si va
perdendo nelle nebbie del tempo.
Mentre invece intorno a un secolo fa ha avuto grande importanza per lo
sviluppo della MQ.
Che il problema dei due corpi si possa rigorosamente ridurre a quello
di un punto legato gravitazionalmente (o elettricamente) a un centro
di forza fisso, è noto da secoli.
Non è banale, ma resta vero, che ciò vale anche in MQ.
Come ha detto Giorgio, un sistema di due cariche opposte in cui si
consideri la sola interazione elettrostatica si tratta prendendo una
base data dalle ossservabili del centro di massa (la scelta migliore è
l'impulso totale del sistema) e poi un sistema di osservabili per il
moto relativo, del tutto uguali a quelle per il moto di una carica
attorno a un centro fisso.
Quindi gli autovalori dell'energia sono somma di uno spettro continuo
positivo per il moto del centro di massa (di cui si parla raramente)
più quelli dati dalla formula di Bohr per il moto relativo
(trascurando che anche qui c'è uno spettro continuo per gli stati non
legati.
La differenza è solo che nella formula di Bohr va messa la massa
ridotta (l'ha già detto Giorgio) al posto della massa dell'elettrone.
Quello che è ormai poco noto è che questo lo capì già Bohr, e gli
permise in un colpo solo di risolvere il problema di zeta Puppis e dare
un'ulteriore conferma alla sua soluzione.
Il problema di zeta Puppis è questo.
Spero sia noto a tutti che in molte stelle è visibile, in
assorbimento, la serie di righe detta di Balmer, dovuta alle
transizioni 2-->n nei livelli dell'idrogeno.
La sola virtù della serie di Balmer è di essere nel visibile, ma lo
spettro dell'idrogeno ha altre serie: nell'ultravioletto (Lyman) e
nell'infrarosso (Pickering).
Se mai sarebbe interessante (ma è una divagazione) capire perché non
in tutte le stelle si veda la serie di Balmer, nonostante l'idrogeno
sia di gran lunga l'elemento più abbondante nella materia stellare.
zeta Puppis è una stella dell'emisfero australe, credo non sia visibile
da qui. Già a fine 800 si era scoperto che oltre alla serie di Balmer
lo spettro mostrava delle righe addizionali, che si accordavano con la
serie di Balmer (termini spettrali R/n^2) a patto di prendere n
semiintero anziché intero.
Quindi pareva una violazione della spiegazione di Bohr (quantizzazione
del momento angolare).
Però lo stesso Bohr trovò la spiegazione: oltre alle righe
dell'idrogeno, in quello spettro c'erano quelle dell'elio ionizzato.
Rivediamo la formula:
E_n = -(m e^4 Z^2) / (2 hbar^2 n^2)
(m = massa dell'elettrone, Z numero atomico, n intero).
Nel caso dell'elio ionizzato, tutto va come nell'idrogeno, ma con Z=2,
quindi a parità di n i valori di E_n sono 4 volte maggiori, e ci si
deve aspettare uno spettro spostato a l. d'onda 4 volte minori.
Se si considerano transizioni da n=4 a n' pari > 4 si ritrova tale e
quale la serie di Balmer, ma se n' è dispari si trovano valori
intermedi, appunto quelli che si vedono nello spettro di zeta Puppis.
Quindi la spiegazione è che la fotosfera di zeta Puppis è così calda
che ci si trova elio ionizzato e quello che si vede è la
sovrapposizione dello spettro di H e di quello di He^+.
Ma la storia non è finita. Non ricordo i dettagli, ma qualcuno (o Bohr
stesso) osservò che la massa del nucleo di He è circa 4 volte quella
di H, quindi la massa ridotta che va nella formula ha un valore un po'
diverso, e anche la serie di Balmer non deve coincidere esattamente.
Lascio a chi legge di fare il conto, ma come avrete già capito uno
studio fatto con risoluzione più altra mostrò proprio questo: accanto
alle righe dello spettro di H c'erano, leggermente spostate, le righe
di He^+, e lo spostamento era quello previsto.
Ma non è finita: c'è la scoperta del deuterio.
Ora posso farla breve. Il deuterio è un isotopo dell'idrogeno, con
massa circa doppia.
Quindi di nuovo la massa ridotta è un po' diversa, e la presenza
dell'isotopo si deve rivelare nello spettro come uno sdoppiamento
delle righe (con le righe del deuterio più deboli causa la scarsa
abbondanza).
E' proprio così che è stata dimostrata (1931) l'esistenza di
quell'isotopo.
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Elio Fabri
Received on Sat Sep 04 2021 - 10:34:19 CEST