(wrong string) � con la Meccanica dei quanti

From: Evolution <evolution_at_phys.it>
Date: Tue, 03 Sep 2002 22:26:42 GMT

> beh, mi lasci un po' sconcertato: potresti descrivermi il percorso
> didattico che hai seguito
> per comprendere la meccanica quantistica e la teoria dei campi?
> parli dell'approccio alla Dirac, sai bene cosa e' uno spazio di Hilbert,
> ma non sapevi che si lavora in termini di osservabili che sono operatori
> autoaggiunti. Mah...

Non ho detto di non sapere che si lavora in termini di osservabili
o di non sapere che sono operatori autoaggiunti. Ho detto che
non ho potuto seguire il corso specifico che trattava dell'algebra
degli operatori e della rifondazione in termini di algebre operatoriali
della MQ.

Ho seguito un corso di Istituzioni di Fisica Teorica,
e poi un corso di Fisica teorica vero e proprio.

> In particolare mi meraviglio che tu abbia potuto leggiucchiare il
> Weinberg senza conoscere bene la meccanica quantistica.

Mi meraviglio anch'io di questo avvenimento.

> Per questo ti chiedo che percorso didattico hai seguito. Non penso che
> quello che ho seguito io sia l'unico possibile o il migliore.

> > Urk. Perch� deve essere proiettivo? Non basta vettoriale su C con
prodotto
> > scalare
> > sesquilineare (si dice?). Cio� lineare a destra antilineare a sinistra.
> > L'antilinearit�
> > � riferita al comportamento rispetto alla moltiplicazione dei vettori
per un
> > numero
> > complesso che comportano l'uscita dal prodotto previa coniugazione.
>
> beh, si parte da li', ma poi gli stati devono essere normalizzati a uno,
> e si nota che se si cambia la fase dello stato la fisica non cambia.
> Puoi vederlo in due passaggi:
> 1) hai lo spazio di hilbert, ma ne consideri solo la palla unitaria
> 2) prendi la palla e identifichi stati che differiscono per una fase.

E fin qui certo c'ero arrivato. Ma poi ho difficolt� a capire, non avendo
studiato algebra, o geometria due, che questo � uno spazio proiettivo.
Solo ora mi capacito di avere avuta sempre ben chiara l'idea di spazio
proiettivo senza sapere che proprio quell'idea portasse quel nome.
Come quando uno conosce una persona ma non sa che � "tal dei tali".

> Se riguardi il Weinberg, nel primo capitolo, quando costruisce le
> rappresentazioni del gruppo di Poincarre, cerca difatti rappresentazioni
> definite "a meno di una fase". Queste si chiamano rappresentazioni
> proiettive.

> Ti incuriosisco: guarda cosa fa quando rappresenta le rotazioni in tre
> dimensioni, per parlare dello spin...ti accorgerai (forse) che per avere
> spin semidispari abbandona il gruppo delle rotazioni per passare ad un
> gruppo piu' "vasto"...e per questo poi dovra' abbandonare anche il
> gruppo di Poincarre' per un gruppo piu' vasto. Ma il "bastardone":-):-)
> non lo dice mica(mi sembra).

Infatti mi sembra che nessuno lo dica esplicitamente. Si dice che � una
rappresentazione "esuberante" del gruppo delle rotazioni, perch� bisogna
fare due giri anzich� uno. Io stesso fino ad ora ero convinto che in effetti
fissata l'algebra di commutazione per i generatori e cercando tutte le
rappresentazioni, si trovassero anche quelle cose strane per lo spin
semintero
e mi ero sempre detto che questo dovesse avere in qualche modo a che
fare con la natura complessa delle rappresentazioni. Una sorta di
effetto secondario dell'automorfismo canonico dei complessi. Per� questa
intuizione
non � affatto confermata, fino al momento in cui scrivo, da alcuna
benedizione testuale da parte di un corso e nemmeno dalla mia componente
razionale. E' una specie di germe cognitivo privo di qualit�, e forse
falsou.

>
> > Ho la sensazione che la cosa diventi pi� semplice avendo presente il
> > concetto di duale. Ho come la sensazione che il prodotto scalare fatto a
> > quella maniera debba corrispondere
> > ad un Isomorfismo in qualche modo naturale dallo spazio al duale. Non lo
> > racconto
> > ai miei amici matematici che se no mi deridono.
>
> beh, e' proprio cosi': se sei in uno spazio di Hilbert allora puoi
> identificarlo col suo duale tramite una mappa indotta dalla forma
> sesquilineare.

Per� quello che volevo dire io �: io so che V** e V sono in dimensione
finita
identificabili in modo naturale. Se in V scelgo una base e scelgo
l'isomorfismo
canonico da V a V* trovo che in qualche modo l'azione dell'immagine di V
mediante l'isomorfismo canonico sui vettori di V pu� essere interpretata
come
un prodotto scalare. Mi chiedevo se la generalizzazione a spazi complessi di
dimensione infinita, a patto che valga V<--->V**, non mi permettesse di
trovare la struttura sesquilineare. Forse si tratta di un farnetico.

> Occhio ai tuoi amici matematici: se gli racconti che e' vero per ogni
> spazio vettoriale potrebbero ridere e come!:-) e' vero in spazi di
> Hilbert e comunque non per il duale algebrico,

Questo mi sembra che risponda alla mia domanda in senso negativo.
Il duale algebrico � quello su cui contavo per questo gioco. Comunque il
"farnetico" rimane in piedi nel caso di dimensione finita. Ad ogni modo,
a prescindere dalle mie contorsioni mentali, quale sar� il motivo per cui
uno pensa ad un prodotto sesquilineare? Ricordo la risposta classica: per
avere una norma sullo spazio. D'accordo, ma perch� uno dovrebbe pensare
ad una norma per dare struttura allo spazio? Non c'� un percorso alternativo
in cui la norma sia giustificata a sua volta da certe virt� circa la
rappresentabilit�
dei vettori? Scusate il tarlo.

ma quello formato solo
> dai funzionali lineari continui.
> In dimensione finita non c'e' distinzione, ma in dimensione infinita
> scoppiano un po' di casini e bisogna stare molto attenti alle
> caratteristiche topologiche degli spazi che si trattano.
>
> >
> > Ho qualche idea su come dimostrarlo? Devo ripensarci.
> >
>
> la dimostrazione e' standard e la trovi su ogni teso di istituzioni di
> fisica teorica.

Comunque la dimostrazione � basata sulle regole di commutazione fra gli
operatori
p e q, quindi in qualche modo mi sembra che avendo presente che la
formulazione
di Heisenberg in termini matriciali era ad un dipresso dal dire che misurare
nell'ordine
p e q � diverso dal misurare nell'ordine q e p e di conseguenza ....
Su questo sono un poco ignorante. Cio� chi ha avuto per primo l'idea del
parallelismo fra regole di commutazione e parentesi di Poisson?
Comunque supposto che questa idea non fosse gi� di Heisenberg, mi sembra che
il contenuto innovativo della rappresentazione mediante spazi di Hilbert non
contenga
ancora il teorema di indeterminazione. A meno di non interpretare l'impulso
come derivata
etc... e quindi dedurre le regole di commutazione, oppure di imporre fin da
principio
le regole di commutazione per "evidenza sperimentale" o per analogia al caso
classico.
E questa per me sarebbe la differenza fra indeterminazione
come teorema alla "Scroedinger"
ed indeterminazione come postulato "principio" rispettivamente alla
Heisenberg, Dirac. Sbaglio?


> Ciao
> vittorio
>
> --
> http://www.physics.it

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Received on Wed Sep 04 2002 - 00:26:42 CEST

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