entropia chimica, entropia dell'emissione spontanea, entropia quantistica.
Leggo su wikipedia a proposito della nozione di reversibilit� in
chimica:
L'accezione di utilizzo dei termini reversibile ed irreversibile �
molto diversa da quella relativa ad un trasformazione reversibile (o
irreversibile) cos� come � definito in termodinamica. Pi� precisamente
tutte le reazioni chimiche sono termodinamicamente irreversibili.
Tenderei a pensare che l'entropia prodotta dipende comunque dalle
condizioni di "disordine" in cui avvengono le reazioni di grandi
quantit� di molecole ma che non sia vero in assoluto, per� � probabile
che mi sbagli, mi pare che gi� una volta avevamo discusso in questo
newsgroup di un argomento affine e che ritengo connesso con questo
tema: quanta entropia viene prodotta nell'emissione spontanea di un
fotone?
Tenderei a pensare che nell'entropia prodotta in tutti i processi
spontanei solo una piccola quantit� sia in qualche modo intrinseca,
ovvero irriducibile, e la sua produzione "inevitabile" ma temo che
questi aggettivi si riferiscano sempre ad uno stato attuale delle
conoscenze teoriche e tecniche. Per questo ho anche la sensazione che
non sia affatto una questione ben posta sul piano logico in mancanza,
per esempio, di una teoria adeguatamente condivisa della misura
quantistica e di una nozione di entropia che non valga solamente per
stati di equilibrio.
Voi cosa ne pensate, pensate come me che la questione in questi
termini sia piuttosto astrusa e foriera di numerosissimi equivoci?
Pensate di no?
Riportando per un momento la questione su un piano pi� pratico: quanta
entropia pensate sia risparmiabile conducendo le reazioni chimiche in
contesti controllati? Per esempio so che se anzich� bruciare idrogeno
in atmosfera lo si "brucia" in celle di combustibile si riesce ad
aumentare di molto l'efficienza pratica, ma non essendo un esperto del
settore non saprei quantificare il limite teorico del rendimento di
una cella di combustibile e non so se questo tipo di valutazione sia
mai stata effettuata e su che basi.
Voglio comunque aggiungere delle esche a pi� ampio raggio possibile:
delle macchine termiche classiche a vapore mi affascina una questione:
aumentando la distanza fra temperatura massima e minima il rendimento
teorico aumenta. Ascoltando qualche sera fa Veneziano alla radio che
parlava di LHC, Planck ed altri esperimenti del momento, mi ha colpito
una considerazione sulla predizione di alcuni scenari di stringa per i
quali oltre che una temperatura minima (lo zero assoluto) esisterebbe
una temperatura massima, ho ripensato alle macchine termiche ed ho
pensato per un attimo due cose: da un lato la formula (1-T_min/T_max)
indica la possibilit� di un efficienza unitaria potendo contare su
sorgenti allo zero assoluto, dall'altro l'esistenza di una temperatura
massima implica che in verit� per ogni macchina fondata su sorgenti
concrete l'aumento di temperatura pone dei limiti al rendimento, ho
pensato anche al fatto che in concreto aumentare di molto la
temperatura delle sorgenti a temperatura pi� alta non conviene se non
si � in grado di controllare le turbolenze convettive e dall'altra
parte che abbassare la temperatura della sorgente a temperatura minima
comporta una maggiore suscettivit� termica.
Received on Sun Dec 05 2010 - 02:06:26 CET
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