Elio Proietti ha scritto:
> IMHO l'asserzione che l'intervallo di tempo segnato da un orologio in
> moto non uniforme qualsiasi collimi con il tempo proprio (sopra
> calcolato) e' basata implicitamente sulla "clock hypothesis", cioe'
> sull'assunzione che il ritmo di un orologio non sia influenzato dalla
> sua accelerazione.
Questo e' un punto interessante.
> Tale ipotesi e' coerente con i postulati della RR, ma non e' deducibile
> da essi. La "clock hypothesis" e' semplice e plausibile, ma non e'
> essenziale per la costruzione logica della RR, cioe' per stabilire i
> principali risultati della teoria. Chiaramente senza di essa la
> definizione formale del tempo proprio rimane valida, ma perde una
> importante interpretazione operativa.
Forse e' un po' peggio, visto che di fatto qualche accelerazione
l'abbiamo sempre tra i piedi...
Diventerebbe difficile collegare teoria ed esperiemnti.
> Non rimane che basarsi sulle osservazioni sperimentali (orologi
> atomici su satelliti, ecc.), per decidere come stanno le cose.
C'e' anche dell'altro: il principio di equivalenza. Ovviamente cosi'
usciamo dalla RR, ed e' per questo che io non penso si possa fare un
taglio netto fra RR e RG.
Il PE si puo' usare in questo modo: possiamo analizzare il previsto
effetto su un orologio di un campo gravitazionale, in base al modo come
l'orologio e' costruito. Se lo troviamo irrilevante, questo sara' vero
anche per un'accelerazione.
> Se per ventura le conclusioni non fossero conformi all'enunciato
> impropriamente noto come paradosso dei gemelli, direi che per la
> teoria della RR la crisi non sarebbe grave.
Non sono sicuro. A prima vista, e con riserva di pensarci di piu',
invece mi parrebbe uno handicap serio.
--
Elio Fabri
Dip. di Fisica - Univ. di Pisa
Sez. Astronomia e Astrofisica
Received on Mon Jul 01 2002 - 10:24:58 CEST