Re: elaborazione dei dati
stefjnoskynov ha scritto:
(ma che c.. di nick :) )
> chi di voi frequenti o abbia frequentato la facolta' di fisica sicuramente
> ricordera' gli esami di fisica sperimentali, detti anche fisichetta 1, 2,
> ecc. oppure esp.1, esp2 ecc.).
Si', ricordiamo :)
Per essere pignoli: non "facolta'" ma "corso di laurea".
Non "fisica sperimentale" ma "esperimentazioni di fisica".
> Be' ricordata l'elaborazione dei dati
> sperimentali? Be' a me vengono dei dubbi proprio in merito a queste cose.
> A fisichetta uno mi hanno insegnato che le cifre significative da
> prendere in considerazione sono due dopo l'ultimo dopo la virgola. Ad
> esempio se ho un incertezza statistica di 0,004571 io mi accontento di 4
> cifre decimali e la mia incertezza diventa 0,0046. Perche' due cifre dopo
> lo zero? L'unica spiegazione che mi viene in mente e' quella secondo cui
> riportano su grafico i dati presi io potro' evidenziare massimo una parte
> su cento dell'errore relativo alla misura presa, ma se cosi' fosse questo
> metodo servirebbe solo x rendere la vita + facile agli studenti di
> fisichetta.
Infatti la ragione - secondo me - e' un'altra.
Sarebbe sciocco tenere piu' di due cifre, perche' tanto sono del tutto
incerte quelle che vengono prima.
Ma allora perche' non una sola?
Il motivo e' che "una sola cifra" da' un'informazione assai diversa a
seconda che sia 1 oppure 9.
Esempio: tanto un'incertezza 0,0951 quanto 0,149 sarebbero arrotondate a
0,1: aumentando nel primo caso l'incertezza di circa il 5%, ma
diminuendola nel secondo del 33%. Troppo...
Invece 0,0949 e 0,851 arrotondano a 0,9, con una variazione di poco piu'
del 5% in entrambi i casi.
Se tieni sempre due cifre avrai sempre alterazioni contenute e
accettabili.
> ...
> Suppongo che nella rilevazione delle incertezze sperimentali ci sia
> un'altro metodo + lungo e + accurato per capire quante cifre vanno prese
> in considerazione, giusto? Se cosi' potreste darmi una sintetica
> spiegazione?
No: il criterio delle due cifre e' adottatto in modo piuttosto generale.
Non c'e' niente di piu' sofisticato.
> Un'altra cosa: quella relazione che ci fanno utilizzare per dederre le
> incertezze sperimentali e' una funzione di Taylor approssimata al primo
> ordine.
Beh, molto spesso si dice cosi', ma non e' proprio giusto: diciamo che
e' la relazione valida per ogni funzione differenziabile, anche se non
sviluppabile in serie di Taylor (non analitica).
Comunque, procediamo ;-)
> Quanto in realta' e' utile quella relazione nella elaborazione
> statistica dei dati in un vero esperimento di fisica? Forse e' troppo
> approssimata, non e' vero? Oppure si utilizzano metodi diversi a seconda
> delle misure che stiamo prendendo?
Mi hai fatto venire in mente il mio primo impatto con l'argomento, come
neolaureato addetto appunto alla fisichetta del primo anno (non dico
quanto tempo fa...).
Nelle lezioni il prof. (non dico chi e', ma nella SIF ha poi avuto
cariche prestigiose...) aveva insegnato appunto quella formula "di
propagazione degli errori" come regola generale. Poi ci si trovava ad
applicarla a misure con errori cosi' grossi che per es. il calore
specifico (misurato) di un pezzo di metallo poteva venire
tranquillamente negativo...
Voglio dire che hai ragione: la formula al primo ordine va bene se gli
errori sono piccoli. Quanto piccoli? Questo non si puo' dire in
generale: dipende dalla situazione, o meglio della relazione che lega le
grandezze misurate a quelle derivate. Bisogna che i termini di ordine
superiore (che si trascurano) siano effettivamente trascurabili.
Se non e' cosi', si utilizzano metodi diversi, che in sostanza si
riducono a non fare nessuno sviluppo o differenziale. Oggi coi computer
la cosa non fa piu' nessuna paura :)
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Elio Fabri
Dip. di Fisica "E. Fermi"
Universita' di Pisa
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Received on Thu May 23 2002 - 20:40:15 CEST
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