tucboro_at_katamail.com ha scritto:
> La domanda sostanzialmente è la seguente: supponendo di stabilire
> una accelerazione sopportabile e costante per l'uomo (diciamo
> 30m/s2, ma non importa, prendiamo pure un valore qualsiasi) quanto
> tempo ci vuole a raggiungere una velocità rilevante (in termini
> relativistici).
Considerazione amara (e purtroppo non nuova): sono passati 116 anni e
ancora siamo a questo punto.
A me viene facile dire che la spiegazione sta nell'insegnamento
sbagliato che viene propinato nella larga maggioranza dei casi.
In altre parole: sono moltissimi gli insegnanti *in tutto il mondo*
che ancora debbono capire la RR.
> Nota 1: nessuno, né nella domanda né nelle risposte (mi pare
> almeno), ad eccezione della mia, ha posto il problema da chi sia
> calcolato "il tempo che ci vuole".
Dovresti esprimerti meglio: non "da chi sia calcolato" ma "in quale
rif. sia misurato", Due errori in poche parole :-(
> Nota 2: il quesito è posto, credo inconsapevolmente, in termini
> puramente cinematici (a=costante). Probabilmente il proponente aveva
> in mente un'altra cosa, cioè un motore normale in grado di erogare
> spinta costante, e quindi accelerazione costante (ma solo
> newtonianamente), ma non importa..io ho risposto al quesito in modo
> letterale.
Anche qui, non dovevi tanto dire "solo newtonianamente" quanto "accel.
propria", ossia nel rif. di quiete istantanea.
> Cosa ho detto? Rispondendo ad una risposta articolata con calcoli
> "astrusi" (credo, ma non sono certo, relativi al calcolo del tempo
> proprio in un riferimento uniformemente accelerato. Sono questioni
> che ho toccato di sfuggita sulle dispense di Elio Fabri, ma che non
> ho ancora propriamente studiato in forma di esercizio) ho detto che
> secondo me, al netto del fatto che per garantire a=costante bisogna
> dare via via "sempre più gas" (e quindi, al netto dell'astrazione,
> tecnologicamente è impensabile, almeno oltre certe velocità) per il
> resto il tempo calcolato a terra, nel riferimento inerziale, è
> banalmente t=v/a come negli esercizi delle superiori.
Sulla conclusione hai ragione. Purtroppo la parola "relatività"
esercita su molti un effetto ipnotico e diventano incapaci di
ragionare.
Se si resta sempre nello stesso rif. inerziale, c'è poco la discutere.
Le definizioni v = dx/dt, a = dv/dt, dove tutte le grandezze sono
misurate in quel rif., non vengono toccate dalla relatività.
In particolare t è il "tempo del rif.", definito in ogni punto da
opportuna procedura di sincronizzazine "alla Einstein".
> Ciò premesso, come avreste risposto voi? Se fissiamo a0 m/s2 quanto
> ci mette, nel riferimento inerziale ed in quello solidale, questo
> ipotetica astronave a raggiungere la v obiettivo=0.5c?
Non starei a scrivere la risposta se non avessi visto che non pare
banale, neppure in questo NG. (Quanta fatica sprecata da parte mia
:-( )
t = v/a0.
> Qual è l'andamento ipotetico della spinta che deve fornire il
> motore nel tempo del riferimento di terra?
Tutto quello che serve è sapere un paio di cose:
- la forza longitudinale è invariante, ossia è la stessa nel rif.
inerziale e in quello solidale al corpo
- la seconda legge di Newton diventa (nel rif. inerziale)
F = m*g^3*a (1)
dove g sta per gamma.
C'è un punto delicato: rif. di quiete istantanea e rif. solidale al
corpo accelerato sono due cose diverse: il primo è un rif. *inerziale*
che *a un dato istante* ha la stessa velocità del corpo.
Il rif. di quiete istantenea (detto anche "rif. tangente") varia da
istante a istante, mentre il rif. solidale al corpo è sempre lo stesso,
ma non è inerziale.
Che le leggi valide in uno valgano nell'altro non è quindi banale, ma
è conseguenza della "clock hypothesis": un orologio solidale al corpo
segna il tempo proprio, senza essere influenzato dall'accelerazione.
Quindi anche per un moto acelerato vale
dtau = dt/g
essendo dt misurato sempre in un unico rif. inerziale, e g calcolato
con la vel. rispetto a questo rif.
Pertanto
dtau = dt*(1 - v^2/c^2)^(1/2) = dt*(1 - a0^2*t^2/c^2)^(1/2)
che può essere integrata elementarmente.
(Sugg,: porre a0*t/c = sin(u).)
La forza si ricava dalla (1):
F = m*a0*(1 - a0^2*t^2/c^2)^(-3/2)
e come già detto è la stessa nei due rif.
Se si assumesse costante l'accel. propria, F sarebbe costante e
avremmo un *moto iperbolico* (come osservato da Giorgio Bibbiani).
Ciò detto, non credo che tu abbia la minima speranza di convincere i
tuoi interlocutori.
--
Elio Fabri
Received on Mon Dec 27 2021 - 16:16:15 CET