Re: Indeterminazione

From: Elio Fabri <elio.fabri_at_fastwebnet.it>
Date: Tue, 28 Dec 2021 11:32:20 +0100

Angelo M. ha scritto:
> Non sono certo si tratti di "precisione statistica".
Secondo me stai equivocando sul significato di "precisione statistica"
(espressione che io comunque non userei).
Ma prima voglio fare un altro commento.

> Bohr ricavò la relazione di indetermin. partendo dalla relazione di
> Fourier delta x delta n = 1 dove delta x è l'imprecisione sulla
> posizione, e delta n è l'imprecione sul numero d'onda (inverso della
> lunghezza d'onda) e applicando poi la formula di DeBroglie Lamda=h/p
> (p è la qdm in una direzione) e quella di Einstein E=hn (n è il
> numero d'onda) ricavando direttamente la relazione di
> indeterminazione di Heisemberg.
Il difetto di tutto questo discorso, che mi sembra un po' strano, è
che non dai nessuna indicazione di dove hai trovato questa storia:
fonte, data di questo lavoro di Bohr).
Ho appena scritto, in altro ambiente, che bisogna sempre stare molto
atenti alle ricostruzioni storiche fatte dai fisici. Spesso non sono
attendibili.

> Ciò sembra espressione del principio di complementarità.
> L'incertezza è intrinseca e non operazionale.
Appunto: ti trae in inganno l'aggettivo "statistica".
Ma io credo che Alberto sappia benissimo il significato del PdI di
Heisenberg.
(A proposito: si scrive Heisenberg con la "n", non con la "m". Solo in
italiano vige la regola che davanti a "b" o "p" ci va sempre "m" e non
"n". In tedesco la regola non c'è.)

Ora spenderò un po' di tempo a spiegare, a te e ad altri eventualmente
interessati, il significato preciso della rel. d'indet., o meglio e
più in generale, dell'indeterminismo quantistico.
Mi baso su un esempio semplice e tradizionale: la polarizzazione dei
fotoni.

Consideriamo un esperimento standard, in cui si manda luce polarizzata
linearmente in un piano arbitrario su un prisma di Nicol (in gergo
detto semplicemente "nicol".
Senza stare a spiegare com'è fatto, ricordo che un fascio di luce
collimata, inviato perp. a una faccia del prisma, emerge dalla faccia
opposta scisso in due fasci, tra loro paralleli ma spostati: il
cosiddetto "raggio ordinario" e "raggio straordinario".
La caratteristica dei due raggi è di essere completamente polarizzati
in due piani perpendicolari, qualunque sia il grado e tipo di polar.
del fascio incidente.
Per comodità assumo che il raggio incidente sia orizzontale, e che i
due fasci uscenti siano polarizzati in un piano orizzontale (H) e in
un piano verticale (V).
La separazione spaziale permette di indirizzare i due raggi uscenti
dove si vuole, usando opportuni specchi, e di farli arrivare a due
distinti rivelatori A e B. Supponiamo che su A arrivi la luce
polarizzata H e su B quella polar. V

Ragioniamo ora in termini di fotoni. I rivelatori siano
fotomoltiplicatori capaci di rivelare il fotone singolo, e il fascio
incidente sia così debole da permettere di distinguere l'arrivo sui
rivelatori di un fotone per volta.
Che cosa accade se i fotoni incidenti sono tutti polarizzati H è
ovvio: tutti i fotoni arrivano ad A e vengono rivelati, idealmente
senza alcuna perdita (non sarà proprio così perché nessun rivelatore
ha efficienza 100%).
Se invece i fotoni incidenti sono V, arriveranno tutti su B.

E che succede se i fotoni incidenti sono polarizzati a 45°?
Si vede che all'incirca metà dei fotoni arrivano su A e metà su B,
ossia metà dei fotoni escono dal nicol polarizzati H e metà polar. V.
Perché "all'incirca"?
Perché si tratta di un fenomeno casuale: ciascun fotone ha prob. 1/2
di uscire con polar. H oppure V, e non c'è modo di prevedere per
ciascun fotone quale stato di polar. "sceglierà".
Abbiamo quindi un problema di prove ripetute con prob. 1/2, e su N
prove lo s.q.m. è sqrt(N)/2.
E' questa la "precisione statistica" di cui ha parlato Alberto, ed è
solo la manifestazione, su un campione di N prove, di una basilare
indeterminazione del risultato di ciascuna prova.

Abbiamo realizzato, con questo esperimento, un caso pratico dello
schema teorico che si legge su qualunque testo di m.q.: dato un
generico stato di un sistema, la misura di un'osservabile Q fornisce
come risultato uno qualunque degli autovalori di Q, con una prob. che
dipende dallo stato.
Se si esegue un'unica prova, il risultato è del tutto imprevedibile.

Se si eseguono più prove indipendenti, simultaneamente su più copie
identiche del sistema, oppure in successione temporale, ripetendo la
misura sullo stesso sistema riportato ogni volta nello stesso stato
iniziale, il risultato è una distribuzione statistica del problema di
più prove ripetute con data probab. dei possibili esiti.

Tornando all'esperimento coi fotoni, nota che la misura è completa
solo dopo che i fotoni sono stati rivelati, non prima.
Se fai entrare nel nicol fotoni tutti nello stesso stao (per es. a 45°)
in uscita dal nicol hai *per ciascun fotone* uno stato "intrecciato"
(entangled) in cui l'osservabile polarizzazione è intrecciata con
l'osservabile posizione.
I rivelatori non misurano la polarizzazine, ma solo la posizione; però
l'intreccio fa sì che una misura di posizione sia strettamente
equivalente a una misura di polarizzazione.
-- 
Elio Fabri
Received on Tue Dec 28 2021 - 11:32:20 CET

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