"Osservatore" <leonardo377_at_supereva.it> ha scritto nel messaggio
news:3bc129cd.0_at_news.dada.it...
(...)
> Parla invece che Newton fa uso dell'etere per spiegare il meccanismo della
> luce. Pur credendo che la luce fosse formata da particelle, ipotizz� che
le
> particelle di luce provocassero delle vibrazioni in un mezzo, producendo
> onde che trasportavano la luce conducendola ad impulsi alla facile
> riflessione e alla facile trasmissione per spiegare fenomeni ondulatori
> quali i famosi anelli di Newton da lui stesso osservati.
> Ma allora era contrario o no all'etere?
> A chi si deve dare ragione?
Newton in realt� non svuot� mai lo spazio dall'etere.
All'inizio (nei "Principia" che tu citi) si limitava a "non fingere
ipotesi", e quindi si asteneva ad entrare nella questione delle cause
(erano i suoi commentatori, e i suoi stessi adepti a dire che lo spazio �
vuoto) poi (nell'"Optics" ed in varie lettere), smise di non fingere ipotesi
e ader� anch'egli all'ipotesi dell'etere, pur restando in polemica coi
cartesiani, poich� il suo etere non turbinava in vortici, ma era solo una
"sostanza" ("pneuma", "logos") di natura a noi imperscrutabile, distri�buita
con diversa densit� (oggi si direbbe "potenziale") nello spazio. Egli la
ipotizz� prima di tutto per spiegare la gravit� come "tendenza dei corpi a
dirigersi verso la rarefazione" (come se fosero spinti da una maggior
pressione retrostante) - vale a dire, sempre secondo la terminologia
moderna, verso il basso potenziale.
Ma lasciamo parlare Newton stesso.
Copio e incollo qui di seguito alcunbi brani, tra i tanti che potrei
citarti.
-----------------------------------------------------------
La rifrazione della luce non procede dalla diversa densit� di questo mezzo
etereo nei diversi luoghi, allontanandosi sempre la luce dalle parti pi�
dense del mezzo? E tale densit� non � per ci� stesso pi� grande nei liberi
ed aperti spazi vuoti d'aria che dentro i pori dell'acqua, del vetro, del
cristallo, delle gemme e degli altri corpi compatti? Infatti, quando la luce
passa attraverso il vetro ed il cristallo, e, cadendo in modo fortemente
inclinato sopra la superficie pi� lontana viene totalmente riflessa, la
riflessione totale deve procedere piuttosto dalla densit� e dal vigore del
mezzo che sta fuori ed al di l� del vetro, che dalla sua rarit� e debolezza.
(Libro terzo dell'Ottica, parte I, questione 19, pag 561)
Col passare dall'acqua, dal vetro, dal cristallo e da altri corpi compatti e
densi nello spazio vuoto, non diventa, questo mezzo etereo, gradualmente
sempre pi� denso, ed in questo modo non rifrange i raggi della luce non in
un punto, ma piegandoli gradualmente in linea curva? La graduale
condensazione di questo mezzo non si estende a qualche distanza dai corpi e
non causa, pertanto, l'inflessione dei raggi di luce, che passano presso i
margini dei corpi densi, a qualche distanza dai corpi?
(Libro terzo dell'Ottica, parte I, questione 20, pag.561)
Questo mezzo, non � molto pi� raro dentro i corpi densi del sole, delle
stelle, dei pianeti e delle comete che nel vuoto spazio celeste esistente
tra essi? E nel passare da quelli a distanze molto maggiori, non diventa
continuamente sempre pi� denso, e causa per ci� stesso la gravitazione di
questi grandi corpi l'uno verso l'altro e delle loro parti verso i corpi:
ogni corpo compiendo uno sforzo per andare dalle parti pi� dense del mezzo
verso quelle pi� rare? Perch�, se questo mezzo fosse pi� raro dentro il
corpo del sole che sulla sua superficie, e l� pi� raro che alla centesima
parte di un pollice dal suo corpo, e l� pi� raro che nell'orbita di Saturno,
non vedo alcuna ragione per cui l'incremento della densit� debba arrestarsi
in un qualche luogo e non debba piuttosto continuare attraverso tutta la
distanza dal Sole a Saturno ed oltre: e sebbene questo incremento di densit�
possa, alle maggiori distanze, essere estremamente lento, tuttavia se la
forza elastica di questo mezzo � estremamente grande, essa pu� essere
sufficiente per spingere i corpi dalle parti pi� dense del mezzo verso le
pi� rare, con tutta quella potenza che chiamiamo Gravit�.
(Libro terzo dell'Ottica, parte I, questione 21, pag.562)
----------------------------------------------------
(tratto da "Newton dimenticato" - Materiali didattici della Scuola di Fisica
"G.Bruno" - Dic 1998 - Venezia)
Luciano Buggio
www.scuoladifisica.it
Received on Mon Oct 08 2001 - 16:19:43 CEST
This archive was generated by hypermail 2.3.0
: Sun Nov 24 2024 - 05:10:40 CET