Elio Fabri wrote:
> Non vedo perche' l'eventuale mancanza di applicazioni "pratiche" sia un
> difetto.
> Una teoria fisica ha valore prima di tutto perche' fa capire "come va il
> mondo", lega tra loro fenomeni diversi, permette previsioni, ecc.
> L'applicazione pratica arriva, se arriva, doop; a volte molto dopo. Se
> arriva, bene, ma non e' un criterio di valore dal punto di vista
> scientifico.
Magari la pensassero tutti come te...
Mi permetto di inserirmi nel mini-thread botta e risposta,
per commentare la visione attualmente predominante della
ricerca scientifica, che purtroppo e' proprio quella di chi
ha postato la domanda.
Una ricerca e' valida se e solo se ha risvolti pratici (ma
si intende economici in realta') nell'immediato. Il
programma del nostro attuale governo punta a istituire
centri di eccellenza, la cui etichetta (eccellente) viene
data in base al numero di brevetti conseguiti dal gruppo. I
programmi di ricerca, che chiunque lavori nella ricerca e'
condannato a dover stendere da qualche anno a questa parte,
saranno sicuramente rigettati (non finanziati) se non c'e'
un collegamento con l'industria, o se anche c'e', bisogna
che questo collegamento porti a dei risultati di carattere
economico/sociale nell'immediato (due anni, circa).
Io non sono certo da molto nella ricerca, ho appena finito
il dottorato, ma questa logica inquietante mi sembra una
novita' degli ultimi tempi. Dico inquietante perche' il
problema di fondo e' che puntare tutto all'immediato,
evitare la lungimiranza a scapito del tutto subito, e' una
netta condanna per il progresso scientifico. Io sostengo che
l'unica differenza tra ricerca pura e applicata sia una
scala di tempi. La ricerca cosiddetta pura diventa applicata
in un tempo piu' o meno lungo. Ma proprio da qui nasce la
sua estrema importanza, perche' se si coltiva esclusivamente
la ricerca applicata, questa prima o poi si esaurisce, e noi
ci autocondanniamo all'immobilita'.
Si sa, il progresso funziona per "breakthrough",
discontinuita', scoperte epocali diciamo. La ricerca
applicata non ne produrra' mai una, al massimo potra' dare
indizi in questo senso. Ma poi, una volta che magari saranno
venuti fuori degli indizi, se la logica di cui sopra
prevale, si dira' senza dubbio: "ma a che serve?". E si
tornera' a migliorare i processi produttivi, a ridurre la
scala di integrazione dei circuiti, a overcloccare i
processori e cosi' via...che desolazione!
Capisco che questa logica possa derivare dalla situazione
globale della ricerca, che non e' certo piu' svolta da
singole persone che riempiono fogli di calcoli astrusi (per
quanto la cosa a me personalmente dia un gusto particolare),
ma si e' trasformata in un sistema ipercomplesso che
richiede investimenti paragonabili a budget nazionali.
D'accordo, la situazione e' questa, ma possibile che solo
pochissime illuminate Industrie/Potenze (scusate l'accenno
antiglobal, non me ne vogliate) si rendano conto che *e'
anche un vantaggio economico* investire nella ricerca
cosiddetta pura?
Ciao
Marco
uno dei tanti che forzatamente si appresta ad emigrare
Received on Fri Sep 28 2001 - 10:35:02 CEST
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