Vittorio Barone Adesi ha scritto:
> penso proprio che tu abbia centrato il mio problema,
> ...
A me pare che la questione sia piuttosto complessa. Puo' essere vista da
piu' lati: didattico, euristico, storico, assiomatico...
Da p. di vista didattico, e' un fatto che tutti (a tutti i livelli)
insegnano le relazioni p(v), E(v), ma mettono poco l'accento sull'altra.
Sull'aspetto storico so poco, se non che esiste una lettera (piu' volte
citata) di Einstein in cui dice che e' meglio non usare la massa rel.,
ma usare invece la relazione fra p ed E. Non ricordo la data della
lettera, ma e' piuttosto tarda.
Dal p. di vista euristico le cose possono andare come dici tu, ma dato
che l'euristica non deve essere logica, non c'e' niente di male a dire:
"bene, abbiamo scoperto questa relazione, e ora la prendiamo come
fondamentale, perche' e' molto piu' significativa delle altre".
Dal p. di vista assiomatico, credo si debba postulare che a ogni
particella si associa un q-impulso (a un campo, un tensore en.-impulso)
e la massa segue come il suo invariante.
Si potrebbe anche vedere la cosa da un punto di vista geometrico: la
linea di universo di una particella ha un parametro affine e un vettore
tangente. Mentre per le linee di tipo tempo esiste una parametrizzazione
naturale (col tempo proprio, e allora il v. tangente diventa la
q-velocita') questo non accade per le linee nulle.
Poi nell'interazione si scopre qualcosa che si conserva, ed e' un
preciso multiplo del vettore tangente. Piu' o meno quello che dicevi per
l'effetto Compton.
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Elio Fabri
Dip. di Fisica "Enrico Fermi" - Univ. di Pisa
Sez. Astronomia e Astrofisica
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Received on Wed Aug 15 2001 - 11:52:40 CEST