Il 01/02/23 12:32, Elio Fabri ha scritto:
....
> Mi riferisco soprattutto ai postulati, nei quali si deve fare (secondo
> me) una distinzione chiara tra quelli che definiscono la teoria, nel
> senso delle sue basi matematiche, e quelli che sono solito chiamare
> "interpretativi", che invece stabiliscono la connessione tra oggetti
> matematici e operazioni fisiche.
>
> Ripeto, a scopo cautelare, una cosa che ho espresso molte volte.
> Per ragioni ovvie non sono aggiornato né sulla pratica didattica né
> sui libri di testo più in uso negli ultimi anni (ormai dovrei dire
> decenni). Quindi potrebbe darsi che i difetti che ho accennato siano
> risolti in casi importanti. In tal caso almeno Giorgio mi correggerà.
Molti libri di testo attuali hanno interiorizzato diverse questioni e
normalmente le rel di indeterminazione sono discusse nella formulazione
di Robertson-Schrodinger. Almeno per quel che riguarda il caso di
osservabili rappresentati da operatori non commutanti. Un posto a parte
va all' indeterminazione tempo-energia che è sempre stato un caso a
parte. Attualmente direi che viene privilegiata la interpretazione Dt:
tempo caratteristico per una data variazione di energia DE.
Ma lasciando stare DEDt dirrei che la interpretazione statistica è
abbastanza chiara (a livello universitario). Ovviamente c'è sempre
qualche collega che non tocca un libro di MQ dai tempi dell' università
che riprende la questione della perturbazione docuta alla misura ma
questo merita un discorso a parte.
> Gli assiomi "matematici" della MQ sono semplici da enunciare:
> 1) Dato un sistema quantistico, i suoi stati sono elementi di uno
> spazio di Hilbert (H) separabile sul campo complesso.
> Più esattamente, gli stati sono in corrispondenza ai "raggi" di H,
> ossia ai sottospazi unidim. di H privati dell'elemento nullo.
> 2) Le osservabili del sistema sono gli operatori autoaggiunti in H.
>
> Nota: la definizione che ho dato esclude le regole di superselezione,
> ossia l'esistenza di operatori autoaggiunti non osservabili. La cosa è
> importante in QFT, ma nel presente constesto posso tralasciarla.
>
> I postulati interpretativi sono ben noti e posso limitarmi ad
> accennarli:
> 3) I possibili risultati della misura di un'osservabile sono gli
> autovalori (nec. reali) dell'operatore.
> Più precisamente, per coprire il caso degli "autovalori continui",
> dovrei parlare non di autovalori ma di punti dello spettro.
> 4) Come risultato di una misura il sistema passa in uno stato che è
> autostato per l'autovalore risultato della misura. (Andrebbe precisato
> il caso degli autovalori degeneri).
In realtà anche qui c'e' qualche complicazione nel caso dello spettro
continuo ma non penso sia essenziale per la discussione.
> 5) Il risultato che si ottiene nell'insieme di quelli possibili si
> presenta in modo casuale, con una probabilità data dal quadrato del
> modulo del coeff. per quell'autovettore nello sviluppo dello stato in
> serie di autovettori dell'osservabile misurata.
Ed è questo che viene offuscato dalla riduzione del pdI alle relazioni
tra trasformate di Fourier. N.N. non ho scritto che non è utile ma che
almeno a livello di primo approccio lo vedo dannoso perché naconde
l'aspetto importante del risultato casuale delle misure.
....
> Ma anche una dim. ottenuta ad es. dal modello L^2(R) per mezzo delle
> trasf. di Fourier ha validità generale.
Sulla validità peril caso p q non ho dubbi. Ma dal punto di vista
didattico è l'ultima (in senso temporale) cosa che direi.
....
> Sicuramente un'impostazione come quella che ho appena proposta si
> scontra con esigenze didattiche: richiede infatti che lo studente sia
> stato prima adeguatamente preparato su argomenti di matematica
> tutt'altro che semplici.
> Ne segue la tendenza a bypassare la matematica sostituendola con
> argomenti "fisici" semi-intuitivi
Molte di queste cose si possono dire anche senza la completa padronanza
degli aspetti formali. In particolare la dimostrazione alla
Robertson-Schrodinger formalmente richiede solo la definizione di
varianza del valore d'aspettazione di p e q e la disuguaglianzaa di
Scwartz. L'aspetto centrale dell' interpretazione statistica è invece
una questione di fisica più ceh di matematica ed è quella che può e deve
essere centrale.
>
> La questione se la rel. d'indeterminazione abbia il suo fondamento
> nelle operazioni di misura è ancora diversa.
> Sebbene storicamente fosse questa la visione di Heisenberg, non siamo
> obbligati a seguirlo su questa strada, anzi ritengo necessario
> prenderne le distanze.
>
> Non aggiungo altro, perché sull'argomento scrissi ampiamente oltre 9
> anni fa: puntata 81 della "Candela".
> Magari l'avete già letta, ma mi permetto d'invitarvi a una rilettura:
>
> http://www.sagredo.eu/candela/candel81.pdf
L'avevo letta. Ineccepibile. Però manca, per ovvie ragioni di date, la
parte attuale, in cui si è riacceso l'interesse per capire cosa si possa
dire sui limiti alle misure sullo stesso sistema. Quello che è
attualmente accettato è che il caso di misure sullo stesso sistema
comporta dei limiti analoghi ma non coincidenti con le relazioni di
Heisenberg.
Giorgio
Received on Wed Feb 01 2023 - 18:29:03 CET