Re: xche' il mondo e' matematico?

From: Elio Fabri <mcq8827_at_mcqlink.it>
Date: 1999/11/07

Adriano Amaricci ha scritto:
> ... Cioe' quello che voglio dire e' che mi sembra cosi' magico il
> fatto che delle teorie matematiche nate cresciute e sviluppate in
> maniera del tutto autosufficiente possano essere poi usate dai fisici
> per descrivere l'universo. La matematica e' forse dotata di una
> universalita' nascosta che non riesco a cogliere? La matematica non
> poteva seguire uno sviluppo diverso?
Domanda filosofica come poche... E come tale, ha avuto e avra'
innumerevoli risposte diverse.
Ti dico in due parole come la vedo io.

1) Non e' del tutto vero che la matematica sia "autosufficiente".
Certamente non lo e' stata all'inizio, e direi in larga misura fino al
secolo scorso: c'erano molti rami della matematica che traevano stimolo
da problemi intrinseci, ma altrettanti che venivano sviluppati in
risposta a problemi esterni, posti per lo piu' dalla fisica.
La situazione si e' modificata in questo secolo, ma ancor oggi non direi
che la mat. sia completamente autosufficiente.

2) Il punto 1) e' importante anche per questo: credo che l'evoluzione
del nostro cervello sia stata fortemente influenzata dal mondo esterno
in cui l'homo sapiens si e' trovato a vivere; quindi non solo le
capacita' pratiche, ma anche il suo modo di pensare e' stato modellato
dal mondo.
Percio' non e' troppo strano che i prodotti del pensiero (fra cui la
matematica) siano stati "giusti" per interpretare il mondo: un cervello
che fosse "partito per la tangente" sarebbe stato un fiasco evolutivo, e
sarebbe stato eliminato.

3) A un certo punto lo sviluppo del cervello, e quindi del pensiero, e'
divenuto cosi' complesso da essere capace di produrre una mat.
"universale", ma non forse nel senso che intendi tu. Intendo nel senso
in cui e' universale una macchina di Turing: un congegno cosi' ricco e
flessibile, da essere adattabile a qualunque (?) compito.
Ossia la mat. e' ormai capace di essere messa all'opera per qualsiasi
scopo: quando i fisici hanno avuto bisogno degli spazi di Hilbert per la
m.q., li hanno trovati belli e pronti. Se non fossero gia' stati
inventati, lo sarebbero stati per l'occasione.

4) Inoltre non e' detto che ci sia un solo modo di interpretare la
realta': quindi potrei dire che noi pieghiamo l'interpretazione ai mezzi
(anche matematici) di cui disponiamo.
Non c'e' contraddizione con quanto detto in 3): succede l'una cosa o
l'altra a seconda dei casi, e forse del caso (nel senso di casuale).
Newton inventa l'analisi; Einstein trova la geometria riemanniana gia'
pronta; Heisenberg adopera le matrici mentre Schroedinger si serve di
eq. alle derivate parziali, salvo poi dimostrare che le due formulazioni
della m.q. sono equivalenti.

Come avrai capito, non condivido una visione platonica: la vera realta'
e' matematica, il mondo "reale" ne e' solo una vaga immagine.
Ne' una visione alla Spinoza-Leibniz: e' Dio che ci ha dotati della
capacita' di capire il mondo (adaequatio rei et intellectus, armonia
prestabilita).
-------------------
Elio Fabri
Dip. di Fisica
Universita' di Pisa
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Received on Sun Nov 07 1999 - 00:00:00 CET

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