Principio di indeterminazione
Charlie wrote:
>
> Salve a tutti, scusate l'"intrusione": non sono un fisico ma uno
> studente di Filosofia, e mi interesso di storia della scienza.
> Leggendo testi sulla MQ e sul principio d'indeterminazione, ho sempre
> avuto una curiosita' che non mi e' mai riuscito di soddisfare. Dunque,
> mi sembra abbastanza chiaro che, tra le conseguenze
> dell'indeterminazione (presa come una proprieta' intrinseca
> dell'universo) ci sia il fatto che parte integrante del sistema
> osservato diventa anche lo strumento di misura. Ora, il concetto di
> "sistema" viene definito come una "porzione" di universo, precisamente
> quella che sto osservando, che in qualche modo puo' interagire con
> altri "sistemi". Ma se, nella MQ (o meglio, nell'interpretazione di
> Copenhagen) il sistema contiene anche il soggetto osservatore, si
> incorre, intuitivamente, in una difficolta' concettuale. Ci vorrebbe
> un altro "osservatore" per osservare il sistema; ma, andando avanti
> cosi', si finisce che inevitabilmente il sistema diventa tutto
> l'universo.
> Forse questo e' un problema che non interessa molto un fisico, ma a me
> sembra abbastanza importante. Se le cose stanno proprio cosi', allora
> COSA osserva un fisico che compie una misurazione su una particella?
> Quanto osserva di quella particella e quanto dello strumento di
> misura? E le relazioni di indeterminazione a cosa si riferiscono in
> questo ordine di idee?
>
> Scusate di nuovo la pedanteria, e saluti a tutti!
La questione che tu poni e' seria e te lo dico subito non ha ancora
soluzione. Di fatto la scuola di Copenhagen ha cercato di aggirare
il problema con argomentazioni secondo me fumose del tipo il principio
di complementarita' o roba simile che, a mio parere, non sono fisica
perche' non dicono niente e non fanno previsioni quantitative (per
esempio non rispondono in modo quantitativo alla domanda di che cosa
possa considerarsi un processo di misura, che cosa possa considerarsi un
sistema microfisico/macrofisico, perche' il mondo macroscopico NON e'
soggetto alle stesse leggi di quello microscopico [infatti non vale il
principio di sovrapposizione degli stati] ecc...)
Da un certo punto di vista sembra ovvio che NON tutto l'universo
sistema microfisico + resto dell'universo (incluso l'osservatore)
possa essere trattato con la meccanica quantistica (e quindi
il tuo probelma fondamentale non si porrebbe) questo perche'
il mondo macroscopico *evidentemente* non sembra soddisfare le stesse
leggi della microfisica, se cosi' non fosse non ci sarebbero voluti
secoli di storia della Scienza per scoprire la meccanica quantistica.
D'altra parte *per principio* e' naturale aspettarci che non ci sia
alcuna frattura nelle leggi del mondo e quindi in qualche modo, le leggi
della microfisica debbano valere anche per la macrofisica (e quindi per
il sistema osservato+osservatore), ma per qualche fenomeno ignoto, si
presentano "mascherate". Vorrei sottolineare che e' solo per un nostro
principio che noi *pretendiamo* che la meccanica quantistica si applichi
anche alla macrofisica: l'evidenza sperimentale sembra negarlo
fortissimamente. E' da questa pretesa che
nascono i probelmi che tu poni.
Altre interpretazioni hanno dato un ruolo fondamentale alla coscienza
dell'osservatore. Ma anche questo e' un vicolo cieco (almeno per
molti fisici), fondamentalmente perche' noi *non sappiamo* in termini
fisici cosa sia la coscienza per cui si risponde ad una domanda solo
spostando il problema e mascherandolo con un nome. D'altra parte,
a mio parere, nemmeno una simile idea e' molto soddisfacente
perche' crea piu' problemi di quelli che cerca di risolvere
(paradosso del "gatto di Schroedinger" e dell' "amico di Wigner").
Tralascio cose come l'interpretazione "a molti mondi" che secondo me
sono puro "folklore"...
A mio parere la strada e' una sola ed e' gia' seguita da diversi
gruppi di ricerca: parallelemante allo sviluppo di nuove idee teoriche,
e' necessario fare degli esperimenti per vedere
e capire quale e' il limite tra la microfisica e la macrofisica,
per vedere che cosa sia in realta' un "processo di misura" (nel senso di
quelli descritti dal formalismo della meccanica quantistica) e come si
distingue, in termini quantitativi, un "osservato" da un "osservatore".
Forse, l'unico indizio e' il seguente. In un processo di misura
quantistico il sistema osservato (una particella, un atomo, una
molecola) interagisce con un secondo sistema, l'osservatore (non inteso
in generale come entita' cosciente) costituito da un numero enormemente
grande di sottositemi microscopici. In questa differenza deve stare
qualcosa di molto significativo che per ora non comprendiamo.
Spero di esserti stato di aiuto.
Ciao, Valter Moretti
Dipartimento di Matematica
Universita' di Trento e INFN
Received on Fri Sep 04 1998 - 00:00:00 CEST
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