Re: Domanda sulla Relatività Ristretta

From: Bruno Cocciaro <b.cocciaro_at_comeg.it>
Date: Mon, 17 Jul 2023 01:04:29 +0200

Il 16/07/2023 15:27, Giorgio Pastore ha scritto:

> Io lascerei perdere i gemelli, con tutto quello che si portano dietro di
> antropomorfo e resterei sulle vite medie.
Ma io di quello parlavo. Pensavo ai mesoni ma non a quelli rotanti
nell'acceleratore (lì entra in gioco la clock hypothesis che complica le
cose, almeno in prima istanza mi manterrei sul semplice; per quanto
Eustachio Manfredi nella sua "descrizione" parlasse di quello, almeno io
così ho inteso le sue parole), pensavo ai mesoni che arrivano a Terra
dai raggi cosmici. Riguardo a quelli diciamo che sono vissuti "tot" e il
"tot" (molto maggiore del tempo di vita nel sistema di quiete) si induce
dal distanza D percorsa durante la loro vita, cioè si *pone* vita~D/c
(essendo c la velocità di andata e ritorno della luce). Quella posizione
*non è* un risultato che si ottiene dallo sviluppo della teoria. È
invece vero esattamente l'opposto, cioè le trasformazioni di Lorentz, in
sincronizzazione standard, avranno la forma nota perché *decidiamo noi*
di definire dt in un dato modo, cioè decidiamo noi di sincronizzare gli
orologi secondo relazione standard.

> Il mix di lunghezza e di tempo
> di cui stai parlando è pura teoria, ovvero stai facendo riferimento alle
> trasformazioni di Lorentz (implicitamente o esplicitamente).

assolutamente no. La teoria deve ancora venire. Sto parlando di
fondamenti. Parlano innanzitutto di quello sia Poincaré che Einstein.
Poi, sui fondamenti, si costruirà la teoria coi suoi formalismi ecc.
Sto parlando della *discesa del tempo dall'olimpo dell'a priori* cioè
della presa di coscienza del fatto che non abbiamo un'intuizione diretta
della durata di due eventi che hanno luogo in punti distanti (cioè dt
*non è* misurabile. È misurabile dTau cioè la durata di due eventi che
avvengono in uno stesso punto e quella durata si misura con un orologio
fisso in quel punto)

> Io sto
> parlando di qualcosa che viene *prima*.

E io proprio di quello che viene prima sto parlando. Parlo di ciò che
Einstein e Poincaré mettono prima.

> in due sdr K e K' abbiamo i(n
> ciascuno di essi) un tempo ovvero orologi.

Bene, K e K' poniamoli inerziali (quindi, come proponevo sopra, almeno
in prima istanza non parliamo dell'esperimento al CERN di Picasso e al)

> Ovvero dei fenomeni standard
> su cui parametrizzo qualsiasi altro fenomeno in evoluzione.

Piano piano. Poincaré e Einstein non parlano dei "fenomeni" standard su
cui parametrizzi altri fenomeni in evoluzione. Parlano di *convenzioni*
che adottiamo arbitrariamente, per comodità, che potremmo anche
modificare a piacere. Le parole di Poincarè le ho citate ampiamente nel
precedente post. Einstein, nel celeberrimo lavoro del 1905 dice (a pag
894 del testo originale, manca ancora tanto prima di arrivare alle T. di
Lorentz che sono a pag. 902. Il lavoro inizia a pag 891)
https://fisica.unipv.it/antoci/re/Einstein05.pdf :
"Non è possibile tuttavia, senza un’ulteriore deliberazione, confrontare
temporalmente un evento in A con un evento in B; finora abbiamo definito
soltanto un “tempo di A” ed un “tempo di B” [cioè "un osservatore che si
trovi in A può valutare temporalmente gli eventi nell’intorno immediato
di A osservando le posizioni delle lancette dell’orologio simultanee con
questi eventi"], ma non abbiamo definito alcun “tempo” per A e B
complessivamente. Quest’ultimo tempo può essere definito soltanto quando
si assuma _per definizione_ che il “tempo” che la luce impiega per
andare da A a B è uguale al “tempo” che essa impiega per andare da B ad A."
Einstein sottolinea il _per definizione_ (anche nel testo originario
"durch Definition" è messo in corsivo). Non utilizziamo (solo)
"fenomeni" per parametrizzare. Utilizziamo fenomeni, cioè un fascio
luminoso spedito da A verso B (sincronizzazione tramite fascio luminoso)
oppure un orologio spedito in moto uniforme da A verso B
(sincronizzazione per trasporto; si può dimostrare che le due
sincronizzazione derivano l'una dall'altra facendo uso del secondo
postulato), uniti a una *convenzione arbitraria*. Sull'arbitrarietà
della convenzione assunta (cioè sull'arbitrarietà della sincronizzazione
standard) Einstein sarà ancora più chiaro nel 1924 in "Relativity; the
special & the general theory, a popular exposition":
"That light requires the same time to traverse the path A'M as for the
path B'M [M è il punto medio del segmento AB] is in reality neither a
supposition nor a hypothesis about the physical nature of light, but a
stipulation which I can make of my own free will in order to arrive at a
definition of simultaneity."

Tenendo ben presente che siamo ancora alla *quarta* pagina e che le T.
di Lorentz arriveranno solo alla dodicesima pagina, cioè abbiamo parlato
*solo* di fondamenti e la teoria dobbiamo ancora svilupparla, andiamo a
descrivere il decadimento del mesone che arriva dai raggi cosmici.
1) il mesone viene generato nel punto A e andrà a schiattare nel punto B
e vorremmo, parole di Einstein, "confrontare temporalmente un evento in
A [la nascita del mesone] con un evento in B [il suo decadimento]";
2) per il confronto suddetto ci servono un orologio in A e uno in B (ce
li abbiamo già messi prima) e, per poter dare un senso agli istanti che
leggeremo sui due orologi, dobbiamo adottare una qualche
sincronizzazione. Decidiamo di sincronizzare come fa sopra Einstein, cioè
3) nel momento in cui in A nasce il mesone registro l'istante t_in
segnato dall'orologio fisso in A e, simultaneamente, spedisco il segnale
luminoso S_sinc che userò per sincronizzare, secondo relazione standard,
i due orologi;
4) quando S_sinc arriva in B, "secondo il mio libero arbitrio, non
perché la luce abbia proprietà fisiche che mi permettono di stabilire
che quella che vado ad adottare sia la "giusta" sincronizzazione"
(parole di Einstein, più o meno), decido di settare l'orologio fisso in
B all'istante t_in+dX/c essendo dX la distanza fra A e B;
5) l'orologio fisso in B misura l'intervallo di tempo T da quando in B
arriva S_sinc a quando arriva il mesone (che appena arriva decade),
cioè, quando il mesone decade, l'orologio fisso in B segna l'istante
t_fin=t_in+dX/c+T;
6) associo le parole "vita del mesone nel riferimento del laboratorio"
alla differenza
(*) dt=t_fin-t_in=dX/c+T.

A me pare che Einstein ci abbia detto in maniera sufficientemente chiara
(altrettanto chiaro è stato Poincaré) che quel dt che chiamiamo vita del
mesone nel riferimento del laboratorio *non è* una misura. È una
definizione arbitraria basata su un mix di misure: una misura di
lunghezza, dX, e una misura di intervallo di tempo, T.

Non lo faccio qua ma spero che tu possa fidarti quando dico che, sulla
base del secondo postulato, si può mostrare facilmente che l'intervallo
di tempo dTau misurato dall'orologio in moto col mesone dalla sua
nascita al suo decadimento è legato a T e dX dalla relazione
Dtau=Sqrt[(dX+c*T)^2-dX^2]
che, sostituita nella (*), dà
(**) dt=Sqrt[dTau^2+(dX/c)^2].

Concludendo
siamo noi a porre, secondo il nostro libero arbitrio, dt=dX/c+T, il che
*equivale* (posto il secondo postulato) a porre arbitrariamente
dt=Sqrt[dTau^2+(dX/c)^2].
La relazione dt>dTau *non può* essere provata sperimentalmente perché
siamo noi a porla per definizione secondo il nostro libero arbitrio.

> Io questo, nell' esperimento di Picasso sopra citato non lo ritrovo.

questo esperimento è diverso dal "misurare" la vita del mesone che
arriva dai raggi cosmici perché qui dt=t_fin-t_in è una effettiva misura
perché t_in e t_fin sono istanti segnati da uno stesso orologio (per
essere più preciso dovrei vedere i dettagli dell'esperimento), ma, come
dicevo, preferirei sorvolare. Dico solo che la verifica della (**) in un
esperimento del genere ha ovviamente significato fisico (cioè questo è
un esperimento, non è un ritrovare un dt che ho precedentemente definito
io mediante un mix di misure che vado poi a ripetere per avere una
presunta conferma sperimentale della relazione che ho precedentemente
assunto). Il significato fisico è che vale la clock hypothesis in quelle
condizioni e che, in quelle condizioni, varrebbe il secondo postulato
ipotizzando un orologio a luce, in moto col muone, che misura, fra
creazione e decadimento, lo stesso intervallo di tempo che viene
misurato dall'"orologio interno" del muone (che non sappiamo cosa sia,
ma quell'esperimento ci dice che questo "orologio interno" continua
anche a quelle condizioni a essere sincrono a un eventuale orologio a
luce che seguisse il suo moto)

>> Ma il fisico dell'800 non sapeva che a fine secolo il tempo sarebbe
>> disceso dall'olimpo dell'a priori e Poincaré e Einstein avrebbero
>> svelato la sua illusione, avrebbero cioè svelato che dt è una nostra
>> definizione, non è una misura.
>
> Di nuovo, vedo nella tua posizione un utilizzo del senno di poi, per cui
> il fisico dell' 800 o doveva essere un Poincaré oppure avrebbe dovuto
> sapere in antici[po cosa sarebbe successo con la relatività.

Io non riesco proprio a capire come tu possa vederci il senno di poi.
Il fisico dell'800 crede, si illude (parole di Poincaré) di misurare il
tempo di vita in K del mesone che arriva dai raggi cosmici (c'è chi si
illude di ciò ancora oggi peraltro). Einstein e Poincaré, nel far
discendere il tempo dall'olimpo dell'a priori, ci insegnano a
distinguere le misure dalle illusioni.
Gli astronomi pre-Copernico credevano, si illudevano, di misurare il
moto dei pianeti erranti sulla volta celeste. Copernico cambia
radicalmente le carte in tavola. Non per questo gli astronomi che
c'erano prima di lui avrebbero dovuto sapere in anticipo cosa avrebbe
detto Copernico.

-- 
Bruno Cocciaro
--- Li portammo sull'orlo del baratro e ordinammo loro di volare.
--- Resistevano. Volate, dicemmo. Continuavano a opporre resistenza.
--- Li spingemmo oltre il bordo. E volarono. (Anonimo, attribuito a G. 
Apollinaire)
-- 
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