Re: Due domande sul determinismo di Laplace
"Omega" <omega_at_NOyahoo.it> ha scritto nel messaggio
news:unWGu.19533$Th2.7093_at_tornado.fastwebnet.it...
> Loris Dalla Rosa
>> "Persio"
>>> Loris Dalla Rosa
> Qui ora accenno alla questione dei paradossi.
> Più che il paradosso di Russell mi vien fatto di ricordare la questione
> del punto fisso (molto cara a J. L. Borges: Del rigore della Scienza in
> Storia universale dell'infamia), ricordato anche da Odifreddi nel suo
> libro - Un matematico legge Borges. Più precisamente, a parte i teoremi
> del punto fisso noti anche ai fisici quantistici, quindi qui dentro a
> tutti (i teoremi di Banach, di Brower, di Poincaré ecc.), mi pare che sia
> la mappa di Royce a essere più vicina al problema-universo di Laplace come
> comunemente inteso, ossia il problema della ricorsione all'infinito. La
> mappa di Royce, come ricordi di sicuro, è la mappa dell'Inghilterra
> tracciata in un luogo dell'Inghiltera (un punto sulla mappa): tale mappa
> deve contenere anche quel punto, entro il quale c'è la mappa
> dell'Inghilterra e così via all'infinito.
> Lo stesso potrebbe essere se l'"intelligenza" di Laplace fosse considerata
> localizzata, in Inghilterra o a Scanzorosciate o a Canicattì non importa.
> Ma non mi risulta che Laplace abbia posto una simile limitazione.
Infatti, alla questione non inerisce alcun problema di localizzazione ed e'
questo il motivo per cui ho evitato di trattarla ricorrendo alla mappa di
Royce, che solo in apparenza sembrerebbe piu' appropriata al caso e che
potrebbe tirare in ballo, inopinatamente, il teorema del punto fisso di
Banach-Caccioppoli. L' "intelligenza" ipotizzata da Laplace non ha a che
fare con spazi metrici e mappature, se non, volendo, per un primo e
provvisorio approccio (maggiormente intuitivo) all'antinomia pura che ne
deriva e che e' quella di Russell, alla quale non e' certo applicabile il
teorema del punto fisso.
> Non ha posto neppure la limitazione dell'affascinante libro inesistente
> citato da Borges [la mappa 1 a 1 dell'impero - (Suárez Miranda, Viajes de
> varones prudentes, libro IV, cap. XIV, Lérida, 1658) - libro appunto
> inesistente.]
>
> No, quell'"intelligenza" è l'"impero" stesso, vale a dire l'universo, con
> tutti gli enti di ogni specie esistenti in esso con la loro libertà o
> autonomia esistenziale.
> Cioè l'"intelligenza" non ha "dentro" di sé la mappa dell'universo, e
> neppure è essa stessa una mappa alla Suárez Miranda, ma è proprio
> l'universo.
Ecco, la mappa borgesiana in scala 1:1 dell'impero. Una mappa impossibile,
perche' coincide con il territorio (o il territorio coincide con la mappa).
La questione diviene meramente nominalistica. Ma non e' questo che intendeva
Laplace, che non ne faceva una questione nominalistica.
> Dunque la prova della validità dell'ipotesi di Laplace è che *nella
> realtà* l'"intelligenza universo" tiene conto immancabilmente e
> ineccepibilmente del passato, essendolo stato, e del presente essendolo, e
> su tale conoscenza (che è il suo essere stato ciò che è stato e essere ciò
> che è) costruisce il futuro in assoluta ineccepibilità, non trascurando
> neppure ciò che è ineffabile come la realtà degli enti in quanto autonomi
> e liberi (persino volenti) nel presente.(*)
Mmmm..., penso che non dovresti attribuire a Laplace quella che e' una tua
pseudo-soluzione. Dico "pseudo-soluzione", perche' parlare di "intelligenza
universo" significa attribuire, del tutto gratuitamente, all'universo
facolta' tipicamente umane. In realta' con tale espressione esprimi solo una
tua opinione: che l'universo e' razionale (e anche di questo si potrebbe
dubitare); ma, se e' razionale, di *quale* razionalita' si tratta? La
"razionalita'" dell'universo e' quella deterministica di Laplace? O e'
quella della funzione d'onda di Schroedinger? E' quella del big-bang o
quella della nebulosa primitiva Kant-Laplace?...
> Laplace non era uno sprovveduto - basti pensare anche solo alla sua
> trasformata, un pilastro matematico delle tecniche più attuali - per
> ritenere che non abbia fatto riflessioni di questo genere, immaginando
> rappresentazioni e mappe che sono logicamente paradossali in modo troppo
> evidente. (Da notare che la sua trasformata ha proprio la natura di un
> cambiamento di dominio, di una "contrazione" con trasformazione delle
> operazioni stesse, e quindi è nel medesimo territorio logico del problema
> delle mappe. Perciò non credo all'ingenuità di un meccanicismo banale in
> Laplace.)
Caro Omega, non mi riterrai cosi' sprovveduto da considerare Laplace uno
sprovveduto?:-)
Non nego certo i suoi contributi circa la meccanica celeste ne', in
particolare, quelli allo sviluppo della teoria della probabilita'. Guarda
caso, la citazione da cui siamo partiti (e alla quale sarebbe bene
attenersi) e' tratta dal "Saggio filosofico sulle probabilita'" del 1814. In
esso tratta di problemi relativi all'applicazione del calcolo probabilistico
(appunto) nello studio dei fenomeni naturali. Il ricorso a tali criteri
probabilistici era in netto contrasto con la concezione rigidamente
deterministica dominante ai suoi tempi. E' per questo che, a un certo punto,
per risolvere il contrasto se ne vien fuori con quelle affermazioni
riportate nella citazione. Spesso succede che i filosofi vengono accusati di
mettere il becco in questioni scientifiche di cui non sono competenti; ecco
un esempio al contrario: di uno scienziato che sconfino' in questioni
filosofiche da cui faceva bene a tenersi alla larga.
Un saluto,
Loris
Received on Sun Feb 02 2014 - 02:21:05 CET
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