Re: Nelle lande del tempo <mY%Ru.25753$Th2.980@tornado.fastwebnet.it>
Loris Dalla Rosa
> "Omega"
>
>> Cito da un libro autorevole:
>>
>> «... nella teoria classica accettiamo l'assunto che futuro e
>> passato sono separati da un intervallo temporale infinitamente
>> breve che noi possiamo chiamare il momento presente.»
>
> ...
> Vediamo cosa dice [Heisenberg] poco prima del passo in questione,
> dopo aver accennato ai mutamenti intervenuti dopo l'eliminazione del
> concetto di "etere" (Per comodita' di commento spezzo in 4 punti la
> citazione, che invece e' continua):
>
> -------------- 1) <<Ma il cambiamento decisivo si verificava nella
> struttura dello spazio e del tempo. E' molto difficile descrivere
> questo cambiamento nei termini del linguaggio comune, senza far uso
> della matematica, giacche' le parole comuni «spazio» e «tempo» si
> riferiscono ad una struttura dello spazio e del tempo che e' in
> realta' un'idealizzazione ed una supersemplificazione della struttura
> reale.>>
Difficile ma non impossibile se l'Autore crede in ciò che ha scritto nel
penultimo e nell'ultimo capitolo a proposito di linguaggio.
Aggiungo che non cambiava proprio niente nella struttura dello spazio e
del tempo, ma cambiava *l'interpretazione* dello spazio e del tempo con
l'adozione del significato di 'evento' come di punto individuato da
quattro coordinate. Una volta trasformato il tempo in dimensione
geometrica, era chiaro lo stravolgimento dell'interpretazione. Ma questo
non significa che spazio e tempo del senso comune siano cambiati: e non
cambieranno finché i sensi dei viventi non cambieranno: il gatto per
saltare e catturare il topo non si riferisce al ... cronotopo, ma ai
significati di spazio e di tempo che si porta nei suoi riferimenti
biologici (o nei suoi 'a priori' se preferisci): e, se non sbaglia il
salto, allora i suoi riferimenti sono corretti. Fino a prova contraria.
> 2) <<Ma dobbiamo tuttavia tentare di descrivere la nuova struttura e
> possiamo forse farlo nel modo seguente: Quando noi usiamo il termine
> «passato» noi comprendiamo tutti quegli eventi che noi potremmo
> conoscere almeno in via di principio, dei quali avremmo potuto
> sentire parlare almeno in via di principio. In modo analogo
> comprendiamo col termine «futuro» tutti quegli eventi che noi
> potremmo influenzare almeno in via di principio, che noi potremmo
> tentare di cambiare o di ostacolare, almeno in via di principio.
Sta dicendo che gli eventi "passati" non ci sono se non in quanto
conosciuti ("potremmo conoscere ... in via di principio"). Non dice che
ci sono nel presente. Lo stesso vale per gli eventi futuri.
Insomma sta dicendo che né gli uni né gli altri ci sono. Ma di nuovo il
senso comune questo lo sa benissimo: nessuno va a cena dal trisnonno, a
meno che costui non sia il mozartiano convitato di pietra :))
> 3) <<Non e' facile per uno che non sia fisico vedere perche' questa
> definizione dei termini «passato» e «futuro» dovrebbe essere quella
> piu' conveniente. Ma e' facile constatare che essa corrisponde con
> molta precisione all'uso che facciamo comunemente dei termini.
Esattamente. Persino Omega lo ha capito :))
<< Se
> usiamo i termini in questo modo, risulta da molti esperimenti che il
> contenuto del «futuro» o del «passato» non dipende dallo stato di
> moto o da altre proprieta' dell'osservatore. Questo e' vero sia nella
> meccanica newtoniana che nella teoria della relativita' di
> Einstein.>>
Questo sembrerebbe detto da Monsieur de La Palisse: ciò che non esiste
(passato e futuro) non può essere influenzato ecc.
Ma è così lapalissianO? Non direi: trattandosi, in base alle definizioni
appena date, di dimensioni solo psichiche, non dipenderanno forse dallo
stato di moto, ma sicuramente dipendono dalle proprietà dell'osservatore
(e queste non sono delle costanti ma hanno andamenti contingenti entro
un certo range di potenzialità, quindi in fondo anche lo stato di moto ...)
> 4) <<Ma la differenza e' questa: nella teoria classica accettiamo
> l'assunto che futuro e passato sono separati da un intervallo
> temporale infinitamente breve che noi possiamo chiamare il momento
> presente.
Questo è il punto che ho cominciato a commentare.
<< Nella teoria della relativita' apprendiamo che la
> situazione e' diversa: futuro e passato sono separati da un
> intervallo finito di tempo la lunghezza del quale dipende dalla
> distanza dall'osservatore. Qualsiasi azione puo' propagarsi soltanto
> ad una velocita' minore od uguale alla velocita' della luce. Percio'
> un osservatore in un dato istante non puo' ne' conoscete ne'
> influenzare eventi distand che abbiano luogo tra due tempi
> caratteristici. Uno di questi tempi e' l'istante in cui un segnale
> luminoso viene emesso dal punto in cui avviene l'evento per
> raggiungere l'osservatore al momento dell'osservazione. L'altro tempo
> e' l'istante in cui un segnale luminoso, fornito dall'osservatore
> all'istante dell'osservazione raggiunge il punto dell'evento.
> L'intero intervallo temporale finito fra questi due istanti puo'
> considerarsi come il «tempo presente» per l'osservatore all'istante
> dell'osservazione. Qualsiasi evento realizzantesi tra i due tempi
> caratteristici puo' esser detto «simultaneo» all'atto
> dell'osservazione.>>
Questo punto lo ho commentato in un post successivo che spedisco oggi.
E non finirà lì :))
>(Heisenberg, "Fisica e filosofia", il
> Saggiatore, MI 2013, pagg. 137-138) ------------
>
> Penso di aver ben contestualizzato la citazione proposta da Omega e
> osservo quanto segue. Sia al punto 1) che al punto 3) H. si premura
> di sottolineare la difficolta' di trattare quella che chiama
> "struttura reale" dello spazio e del tempo, in termini che siano
> accessibili anche a chi non sia un fisico. Direi (parlando per me)
> che *qui*, in questo dialogo tra addetti e non addetti ai lavori, sta
> una questione preliminare circa la validita' *logica* di cio' che
> Heisenberg fa seguire (ma, piu' in generale, la validita' di tutto il
> saggio divulgativo di H.).
Qui ti fermo come ho fermato tutti gli altri: ti sembra che un saggio
così pieno di problematiche irrisolte e neppure spiegate nei termini
usati si possa definire 'divulgativo'? Ho già riportato espresssioni e
addirittura passi che i destinatari di un "saggio divulgativo"
difficilmente avrebbero potuto capire: e non parlo della massaia di
Voghera, ma avevo fatto uno dei tanti esempi possibili di persone
coltivate ma non in grado di comprendere certi termini e certe
proposizioni (es. un chirurgo plastico, che pure non è ignorante ma che
sfido a dire che cosa significa 'onda di probabilità' o 'onda di materia').
> Si puo' benissimo sostenere che "questo
> modo di esprimersi e' infelice!", come dici tu, Pangloss, parlando da
> fisico.
Da fisico di oggi. E con opinioni sue sulla fisica (non ho trovato qui
dentro una definizione che stesse minimamente in piedi e che non fosse
personale, e non parliamo dei dizionari).
Ho già detto che questo saggio di H. ha fini diversi dalle formulette
canoniche e dalla divulgazione, e il fatto che ne sto analizzando qui
dei passi è proprio alla ricerca di questa motivazione profonda, che non
è "fisica". E che è "filosofica" con tante di quelle forzature personali
(vedi cosa dice di Cartesio e di Kant) che fa intuire un'ideologia come
movente di fondo.
> Pero' andrei piu' a fondo, per vedere se si tratta di una
> "infelicita' espressiva" (infelice anche questa mia
> espressione...:-)) o di una vera e propria carenza di logica
> nell'argomentazione di Heisenberg. Tale logica va giudicata, secondo
> me, da due prospettive diverse: 1. Come logica in se', cioe' astratta
> dalla sua efficacia circa il tentativo di rendere accessibile al
> profano cio' che e' materia specifica del fisico;
Ripeto che escluderei questo intento.
Vorrei sapere quanti "profani" hanno letto questo libro, e soprattutto
se vi hanno imparato qualcosa di fisica (non dico di filosofia).
> 2. Come logica, al
> contrario, applicata al tentativo di cui ho appena detto. Io lascerei
> al fisico esprimersi sul punto 2., chiedendogli se, secondo lui, la
> definizione di "passato" e "futuro", data da H. in 2), sia davvero
> "quella piu' conveniente".
Il fisico ti parlerà di spazio-tempo, di cronotopo ecc., ma è evidente
che in realtà si tratta di modelli psichici, non di modelli fisici.
> Ho invece qualcosa da dire sul punto 1.,
> che e' l'ottica sotto cui vedo, Omega, quello che tu consideri un
> paradosso. Un "paradosso" che puoi far derivare anche senza tirare in
> ballo complicate argomentazioni di matematica superiore; ma
> semplicemente dall'affermazione di H. per cui spazio e tempo,
> nell'uso comune, sono <<un'idealizzazione ed una supersemplificazione
> della struttura reale>>:
Anche questo aspetto, nel suo intento presunto "divulgativo", H. non lo
spiega affatto. Si è solo reso conto che esiste il problema di
un'interpretazione dello spazio e del tempo al di là dell'uso che
*tutti* in concreto ne fanno, fisici o no. Ripeto: *tutti*.
E Heisenberg sta dicendo che le cose non stanno così, ma sono molto più
complesse. Come?
> e' in tale idealizzazione che puoi derivare
> il "paradosso", ereditabile poi da qualsiasi struttura piu'
> complicata, purche' faccia uso del concetto di "intervallo". Continuo
> a usare "paradosso" tra virgolette e ti spiego subito il perche',
> andando al punto con un'unica osservazione.
Quando fosse detto per bene quale è la "struttura reale", allora si
potrebbe giudicare se è paradosso oppure no. Ma non viene detto. Si
parla di relatività e quindi del modello dello spazio-tempo, ma come ho
detto questo non è un modello della realtà, perché *nella realtà* il
passato non esiste (lo stesso il futuro), altrimenti sarebbe misurabile.
Invece è misurabile proprio e solo grazie alla memoria (di ogni tipo).
>> Da un punto di vista fisico, tuttavia necessariamente connesso
>> alla semantica della proposizione (il suo essere relativa),
>> quell'espressione pur molto ambigua afferma che si tratta comunque
>> di 'intervallo', e un intervallo , per quanto breve, ha per
>> definizione un inizio e una fine. E questo è un problema logico non
>> da poco, perché se ci mettiamo in un punto qualunque
>> dell'intervallo, magari escludendo gli estremi per non complicarci
>> la vita, allora rispetto a tale punto (che è temporale per
>> definizione appartenendo all'intervallo temporale) l'inizio è
>> passato e la fine è futuro, quindi l'intera proposizione assume la
>> qualità logica del paradosso, con tanto di ricorsione infinita
>> qualora invece di un punto considerassimo come riferimento un
>> sottointervallo dell'intervallo. (Il paradosso si completa
>> osservando che se l'intervallo temporale è il presente, allora che
>> cos'è un punto o un sottointervallo al suo interno?)
>
> Il "paradosso" si nullifica con un "contro-paradosso": se
> l'intervallo A...B, intervallo *quanto si voglia* breve e definito
> convenzionalmente come "presente" che separa "passato" e "futuro",
> contiene il paradosso di un suo qualsiasi sotto-intervallo (p.e.
> A...C, dove A<C<B), contiene anche il contro-paradosso di due
> intervalli (p.e. A'...A, dove A'<A, e B...B', dove B<B'), che
> convenzionalmente definiscono il "presente" come l'elemento
> intermedio individuato dal "passato" e dal "futuro".
A' e B' definiscono un sovra-intervallo, e quindi non si fa che ripetere
specularmente il paradosso se si definisce come "presente" l'intervallo
A'-B'. Ma H. stesso complica la faccenda in uno dei passi che hai
citato, e che non commenterò qui.
> Il paradosso, in
> definitiva, e' solo apparente e ci si puo' chiedere perche' sembri
> prodursi se applicato al tempo e non, invece, se applicato allo
> spazio. Prova, se vuoi, a interpretare gli intervalli di cui sopra
> come intervalli spaziali, invece che temporali, e a rimpiazzare
> "passato" con "minore" e "futuro" con "maggiore". Come mai, su queste
> condizioni, il paradosso non si produce? Un saluto, Loris
Non si produce perché lo spazio è reale. Quindi la geometria per lo
spazio ha un senso ben solido. Non certo per il tempo.
Saluti
Omega
Received on Fri Mar 07 2014 - 10:11:05 CET
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