Re: Fisica delle fratture del vetro
Enrico SMARGIASSI ha scritto:
> Aleph wrote:
>
>> Cosa succede a livello microscopico alle molecole del vetro lungo i due
>> lati di una linea di frattura?
>
> Non sono particolarmente ferrato, ma provo a dirti quello che so.
Io ho abbozzato una discussione in un Post di qualche giorno
fa, ma non � stata ancora autorizzata dal moderatore, anche
se non so bene la ragione.
Provo a ri-incollarla di nuovo, assumendo che siano sorti
problemi tecnici.
Testo originale :
premesso che non so niente di fisica delle fratture, ma poi
esponi anche qualche dubbio molecolare che sembra tirare in
ballo anche considerazioni chimiche ...
> Cosa succede a livello microscopico alle molecole del
vetro lungo i due
> lati di una linea di frattura?
Credo nulla di intrinsecamente diverso dalla frattura di
altre molecole. Rimangono, almeno per un certo tempo,
frammenti molecolari non stabili in grado di catturare varie
molecole dalla fase gassosa (tipicamente ossigeno e vapore
acqueo).
Ora la tua domanda mi � piaciuta perch� mi ha fatto rendere
conto che a volte, per pigrizia mentale involontaria, si
crede implicitamente di sapere cose che invece non si sanno.
Accontentati quindi delle riflessioni su questo.
Nelle plastiche (almeno quelle non siliconiche, materiali
con catene non eccessivamente non polari), la rottura dei
legami, quando pure avviene (spesso le molecole si
svincolano senza spezzarsi, tranne che nelle plastiche
thermoset come la f�rmica e la melammina ad es. o le epox,
che essendo reticolate in 3D si spezzano sempre anche a
scala di molecola), � invariabilmente OMOLITICA.
Cio� i legami si spezzano senza lasciare cariche elettriche,
ma radicali liberi. Se si opera a T bassa, ed alto vuoto,
questi radicali possono persistere a lungo tempo, salvo
quando le catene siano molto mobili e come serpilli si
rivoltino su s� stesse e si azzannino da s� per sistemarsi
(fenomeno facilitato sopra la T.G.). Si dice che alla
frattura possano persistere catene "LIVING", in quanto
capaci di ricominciare la polimerizzazione radicalica se
addizionate di monomeri opportuni.
Viceversa all'aria c'� sempre ossigeno con cui reagire,
spesso formando crosslink, se i monconi sono o possono
arrivare a distanze opportune. Anche il vapore acqueo
"quencha", un po' meno facilmente, le estremit� radicaliche.
Ma questo riguarda la plastica.
Invece il vetro � un materiale diverso in pi� d'un senso.
1) La sua ossatura � sensibilmente pi� polare, in quanto il
legame Si-O che � quello "portante" � appunto parecchio polare.
2) la costante dielettrica del materiale � maggiore.
In base a questo io non so, e non mi sento pi� di
scommettere sulla modalit� di frattura dei singoli legami.
In particolare non mi sento di escludere l'eterolisi con
formazione di frammenti cationici (silicio) e anionici
(ossido terminali).
Una situazione di questo genere porterebbe a frammenti
praticamente inerti alla presenza di aria, ma estremamente
reattivi alla presenza di umidit� (e in certa misura anche
di CO2 (specie gli "ossido").
L'eventuale omolisi invece porterebbe, RITENGO (sto facendo
una scommessa) ad estremit� LIVING di tipo radicalico
"ossile" : R-O*. Questi si possono quenchare soltanto per
contatto con materiali riducenti (scarsi nell'aria).
Credo sia difficile stimare le cinetiche di quenching dei
frammenti terminali LIVING, in generale per la complicatezza
di tutte le cinetiche di superficie, secondariamente perch�
nei casi ordinari non si sa esattamente cosa e quanti
reattivi siano apportati dall'ambiente.
Diversamente dalla plastica, credo che i punti reattivi del
vetro non possano sistemarsi senza apporti esogeni, per la
mobilit� troppo bassa e il grado di reticolazione elevato
del materiale.
Punterei al 51 % per una rottura eterolitica (ma
statisticamente distribuita in modo che nessuna faccia di un
vetro sviluppi potenziali elettrostatici apprezzabili,
neppure localmente), ed al quenching per via dell'umidit�
atmosferica.
Sarebbe interessantissimo spezzare in diretta un frammento
di vetro entro sistemi reattivi che possano essere innescati
per via anionica o cationica, oppure radicalica, per
verificare se si innesca qualcosa. Non avevo mai pensato di
farlo prima, in effetti.
> Il vetro dal punto di vista fisico � considerato, sotto
taluni aspetti,
> come un fluido ad alta viscosit�
Si, in quanto non ha n� l'ordine cristallino n� le grandezze
tipiche dei solidi (le costanti di temperatura delle
transizioni di fase).
Tuttavia attenzione : questa analogia non � vera in tutti i
sensi. Diversamente da un VERO liquido, dove le molecole
sono individuali e indipendenti, e per scorrere possono
rompere soltanto deboli legami intermolecolari, il vetro �
un polimero 3D, e per scorrere deve spezzare e riformare
veri e propri legami forti (che li si voglia vedere come
covalenti o ionici � questione di gusti e modelli, ma sono
cmq legami semplici tra i pi� forti e stabili). Ecco perch�
la sua viscosit� varia cos� tanto con T e, a T basse, pu�
considerarsi infinita.
> , ma quali sono i "legami" e le forze
> intermolecolari che lo tengono insieme (Forze di Van der
Waals?) ?
No, � questo il punto. Il vetro � una unica macromolecola
3D, profondamente reticolato, anche se meno della silice
pura, e i legami sono forti legami -Si-O- (ogni silicio �
tetracoordinato).
> Perch� non � possibile eliminare le fratture premendone
le due parti l'una
> contro l'altra
beh questo � un problema generale che prescinde dal vetro, e
se ne parl� di recente sul NG free che con nuovo server non
seguo pi�.
Ci sono vari problemi, che cito PROVANDO a valutarne
l'importanza (su questo per� non ho certezze)..
1) la precisione di allineamento nel far ricombaciare i
pezzi, che dovrebbe essere con precisione picometrica
2) la necessit� di poter escludere cambi conformazionali a
piccolissima scala dei frammenti stessi (es. diffusione di
ioni locali etc etc.) Bastano piccolissimi spostamenti. Le
molecole rese instabili cercano di aggiustarsi come possono,
ovviamente, non rimangono in stato di alta energia se
possono fare diversamente.
3) l'altezza delle barriera di energia di attivazione. Imho
non necessariamente il riavvicinamento dei monconi vedrebbe
un profilo energetico costantemente dedecrescente.
Potrebbero anche esserci fasi "repulsive" prima di poter
riformare i legami, dipendendi dalla topografia del
frammento (non provo a disegnare schemi, ma prova a
immaginare una rottura a denti di sega, dove tutti i siti
cationici restino nella gola dei denti, e tutti quelli
anionici in punta ... nella fase di riavvicinamento
esisterebbe un istante in cui le punte dei denti dovrebbero
affiancarsi, in uno stato essenzialmente repulsivo che
comporterebbe energia di attivazione. Solo superato quello
ogni punta troverebbe una gola ed uno stato legante attrattivo.
4) il quenching (aria, vapore, CO2 e quant'altro). Vabb�,
questo si pu� eliminare riaccostando i frammenti dopo un
decimo di secondo.
Cmq ribadisco che non so con certezza se il vetro si rompa
in modo omolitico o eterolitico (o persino un mix dei due).
Cmq il discorso energia di attivazione, in maniera meno
facile da spiegare, pu� manifestarsi anche per radicali
neutri (� connesso col fatto che generalmente un radicale
libero adotta geometrie di coordinazione non coincidenti con
lo stato legato, e ogni riassestamento strutturale richiede
quasi sempre energia anticipata rispetto ai guadagni
posteriori).
Scusa gli errori di ortografia, ho scritto di getto e non ho
molto tempo (anzi NIENTE) per rileggere
Spero cmq in altri pareri
Ciao
Soviet
P.S. pu� interessarti, anzi forse lo sai, che si possono
saldare lamiere mediante "esplosione", ossia applicando
tremende pressioni impulsive !
> , mentre � possibile farlo (sia pure parzialmente)
> fondendolo localmente e facendolo raffreddare?
>
> Sono interessato in particolare ai fenomeni che avvengono
a livello
> microscopico (bilanci energetici, produzione di calore,
vibrazioni, etc.).
> Saluti,
> Aleph
>
Received on Sat Mar 28 2009 - 16:11:26 CET
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