Re: Stato vetroso e transizione vetrosa

From: Soviet_Mario <Soviet_at_MIR.CCCP>
Date: Mon, 02 Feb 2009 15:32:57 GMT

Lurkos ha scritto:
> Ho qualche dubbio sulla natura del vetro (non necessariamente siliceo) e
> sulla transizione vetrosa, in particolare dal punto di vista molecolare
> e delle propriet� meccaniche.
> Wikipedia mi ha fornito qualche informazione in pi�, ma i dubbi
> purtroppo sono ancora presenti.
> In particolare:
> 1) cos'� un vetro? necessariamente un solido amorfo o pu� essere anche
> cristallino? (ho sentito pareri discordanti da questo punto di vista)

su questo non ho mai sentito pareri discordanti, e mi pare
che la definizione di stato vetroso sia distinta e non
sovrapponibile nemmeno in parte a quella di solido
cristallino, essendo il primo random e il secondo ordinato.
Poi va da s� che definiti gli estremi limite, esiste tutta
una serie di gradazioni intermedie nei materiali reali.
Allora i cristalli tipicamente contengono difetti reticolari
(e sono pi� plastici dei cosiddetti monocristalli perfetti),
e alcuni materiali vetrosi hanno regioni con un certo grado
di cristallinit� che ne modifica le propriet� meccaniche.
Quindi bisogna capire se si parla di definizioni o di
descrivere materiali reali.

> 2) cosa succede durante la transizione vetrosa?

non so dirtelo in modo soddisfaciente, mi spiace

> perch� gli effetti del
> sottoraffreddamento ("congelamento" dei legami mi sembra di aver capito)
> permangono anche quando la temperatura viene alzata?

Hai presente l'isteresi magnetica e l'effetto memoria ? Beh,
nei vetri accade qualcosa di simile con la viscosit� del
materiale. Le trasformazioni, causate dal riscaldamento,
spesso sono in ritardo (magari perch� cineticamente lente) e
il materiale permane in stato di non equilibrio (e sino alla
fusione ricorda la storia pregressa a meno di non
stabilizzarsi per tempi molto lunghi)

Quanto al congelamento dei legami, la dicitura mi dice poco.
Diciamo che le molecole sono magari intrecciate come una
matassa di spaghetti, e che senza notevoli aiuti energetici
(disponibili solo a alte temperature) non trovano la strada
di disincastrarsi

> 3) da cosa sono dovute le tipiche caratteristiche di durezza e
> fragilit�?

All'inibizione "cinetica" degli scorrimenti plastici
(ammettendo di voler varcare il limite delle deformazioni
elastiche che non richiedono i suddetti).

L'alta temperatura indebolisce molto, allunga (e aiuta a
rompere del tutto) i deboli legami intermolecolari (spesso
non deboli in senso cumulativo cmq, per molecole grandi).
Molecole molto calde, uhm, come dire, � come avessero
attorno a s� una pellicola di spazio vuoto di interdizione,
dovuta alle vibrazioni e alle deformazioni, molto maggiore
delle molecole "fredde". Per questa ragione riescono a
scorrere pi� facilmente contro le altre, sono meno "sticky",
lubrificate dall'agitazioen termica, indi il materiale � pi�
propenso a scorrimenti plastici (e anche quelli elastici
operano per un campo molto pi� vasto)

Sotto la TG le molecole sono come autotreni in un ingorgo,
se li forzi a spostarsi, si strappano ma non riescono a
disincastrarsi

> e, visto che ci sono,
> 4) nel caso opposto, ossia al raggiungimento della temperatura di
> rammollimento, cosa succede dal punto di vista chimico

questo � impossibile dirlo. Di base, se uno vuole studiare
solo le propriet� meccaniche del materiale, presume che
chimicamente non succeda nulla. Questo � vero per materiali
abb. stabili, e per deformazioni non eccessive e non
ripetute per numero enorme di volte (effetto "fatica").

Se subentrano cambiamenti chimici veri e propri, allora le
considerazioni fatte si complicano. Ad es. anche solo delle
sporadiche rotture delle catene polimeriche, causano una
diminuzione del peso molecolare medio, e una minore
resistenza per i cicli futuri di deformazione.

Altre volte, per deformazioni rilevanti di certi materiali
adatti (es. polietilene, nylon, poliesteri tessili, PET), si
verificano anche imponenti modificazioni strutturali,
durante la strizione (es. certe plastiche che laddove le
pieghi diventano opacizzate irreversibilmente). L'azione
delle forze esterne stimola una sorta di cristallizzazione
parziale locale dove le tensioni si accumulano.

Ma � un argomento troppo lungo (e un po' OT forse) per un post

> e molecolare? una
> via via rottura dei legami "forti" (es. covalenti)

questo pu� capitare. Una parte dell'effetto fatica e dei
vari stress strutturali pu� ben essere imputata anche a
questa progressiva degradazione molecolare. Altre volte sono
agenti esterni (pensa alla luce UV e alle radiazioni) a
indurre fenomeni di crosslinking che infragiliscono molto il
materiale non protetto contro gli UV stessi.

> ed il successivo

perch� successivo ? Non � che i due processi siano
subordinati. I legami secondari possono formarsi comunque e
a prescindere.

> formarsi di legami pi� deboli (es. van der Waals) che permettono di
> piani "cristallini"?

non ho capito a livello sintattico. Che significa <<formarsi
di legami che permettono di piani "cristallini>> ?

> 5) la vetrificazione dei rifiuti intrappola sostanze pericolose in una
> matriche vetrosa;

ma di cosa stiamo parlando ? Cio�, il contesto ora qual'� ?
Mi pare di intuire che qui l'interesse sia il trattamento
delle scorie radioattive ?

Se si, ammetto la mia ignoranza sul tipo di vetrificazione
usata.
Ciononostante permettimi di fare l'ipotesi, seppure
aleatoria, che tale fusione con vetrificanti non comporti
soltanto la dispersione fisica di particelle entro una
matrice. Penserei invece che abbiano scelto i vetrificanti
in modo da reagire chimicamente con le scorie (presumo in
gran parte ossidi metallici) e formare composti stabili,
magari vetrosi essi stessi o solubili nel vetrificante in
modo da formare soluzioni solide. Certo � possibile anche
disperdere solidi inerti e insolubili entro matrici vetrose.

Cmq avranno certo scelto vetrificanti ad hoc, di cui sia
noto che il tempo di dilavamento e cessione del contenuto
sia adeguato ai tempi di confinamento richiesti.

> cosa si usa in genere per questo scopo ?

sorry, non lo so, non ho mai cercato in merito.
Per i vetri comuni tipici agenti vetrificanti sono silice e
anidride borica (anche l'anidride fosforica ha capacit� del
genere, ma � pi� solubile in acqua), capaci di sciogliere
molti ossidi metallici.
Per le scorie a carattere acido ci potrebbero essere
additivi fondenti come i carbonati e gli ossidi basici
(anche di metalli pesanti), ma siccome gran parte delle
terre rare (lantanidi e attinidi) alle valenze ordinarie
sono essenzialmente di natura basica, nuovamente mi
sembrerebbe pi� probabile il ricorso a vetrificanti di
natura acida (come appunto silice, titania, anidride borica etc)

Altra idea mia forse ingenua e forse rischiosa : se si
includesse nella matrice anche abbondanza di ossidi di
metalli pesanti (tipo PbO, BaO), la radioattivit� emessa in
superficie dal provino potrebbe essere ridotta ... In realt�
non so se sia uan cosa utile, per varie ragioni, tipo : 1)
si potrebbero generare radionuclidi peggiori di quelli
confinati, ad es. oppure 2) se la carica � elevata e
l'emissione intensa, l'assorbimento all'interno della
matrice potrebbe magari produrre eccessivi danni radiolitici
del provino, fessurazioni etc. Insomma, per dire che non mi
intendo specificamente dell'argomento per quanto sia
interessante.

> � necessario
> un sistema di "quenching"?

Mah ... se fosse disponibile, a cosa servirebbe poi il
confinamento ?

ciao
Soviet_Mario
Received on Mon Feb 02 2009 - 16:32:57 CET

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